Videogiochi, quale impatto sul cervello?
Abbiamo coinvolto tre psicologi professionisti in un'indagine a proposito dell'impatto che i videogiochi hanno sul cervello dell'essere umano. Passando in rassegna gli studi che sono stati fatti fino a oggi, cerchiamo di capire i benefici, ma ovviamente andiamo alla ricerca anche dei fattori controproducenti, andando ad indagare il problema della dipendenza. C'è una differenza tra titoli emotivi e competitivi? È una delle domande che abbiamo posto a Giuseppe Riva, Docente di Psicologia della Comunicazione dell'Università Cattolica di Milano; a Luca Mazzucchelli, Vice Presidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia; e a Mauro Lucchetta, Psicologo Clinico dello Sport e delle Nuove Tecnologie.
di Rosario Grasso pubblicato il 12 Febbraio 2016 nel canale VideogamesConclusioni
"Non è impossibile, io a casa sparavo ai topi-raghi dal mio T16 e li colpivo. E sono poco più grandi di due metri!", diceva Luke Skywalker in Star Wars Episodio IV Una Nuova Speranza. Molti attribuiscono a George Lucas l'invenzione del concetto di videogioco o, più semplicemente, di sparatutto per aver usato quella frase. Sicuramente si avvicina molto al concetto di FPS, o di AVG usando il termine più volte ripreso in questo articolo. Insomma, che i videogiochi comportino miglioramenti nelle abilità cognitive e percettive anche nella realtà è cosa popolarmente assodata al di là degli studi scientifici.
Se dopo la prima parte di questo articolo il videogiocatore ne veniva fuori come una sorta di Iron Man dotato di abilità avanzatissime, non si può considerare completa un'analisi del genere se non si affronta il problema della dipendenza. Da una parte i videogiochi consentono di migliorare diversi tipi di abilità percettive e attentive come abbiamo diffusamente visto nel corso dell'articolo, dall'altra rischiano di causare dipendenza o, più concretamente, problemi muscolari, obesità, crisi epilettiche, problemi attentivi e nelle funzioni esecutive, e molto altro. Devono quindi essere usati senza esagerazioni e soprattutto all'interno del contesto mentale opportuno.
Gli studi che abbiamo passato in rassegna nel corso dell'articolo si concentrano soprattutto sui cosiddetti AVG, ovvero gli Action VideoGames. Ma sarebbe molto interessante andare a capire che differenze ci sono in termini di stimolazione delle regioni neurali tra videogiochi d'azione concitati e videogiochi emotivi. Non ci sono studi dettagliati in questo senso, ma sappiamo che l'aggressività, così come la paura, in condizioni normali vanno ad attivare l'amigdala. E ci sembra di poter dire che è lecito attendersi che un qualche tipo di corrispondenza possa esistere tra aggressività reale e aggressività esperita tramite un videogioco.
A livello mesencefalico il sistema dopaminergico invece è strettamente correlato nei processi di gratificazione e negli stati motivazionali. Abbiamo visto nel corso dell'articolo come la gratificazione e la ricompensa siano due fattori cruciali che spingono i giocatori a cercare di migliorarsi e di superare gli altri, quindi sono anche alla base dell'insorgere della dipendenza con certi tipi di titoli online. Infine, è la parte destra del cervello che si attiva maggiormente in risposta alle emozioni.
Quello che mi piacerebbe capire, anche se appunto gli studi non sono completi in tal senso anche perché prevedono l'utilizzo di costose tecniche di Neuroimaging, è come l'esposizione ai videogiochi modifichi strutturalmente il cervello. Insomma, i videogiochi rischiano di modificarci fisicamente nel corso del tempo? E l'entità di queste modifiche dipende dal tipo di gioco? Se competitivo o emotivo?
Quel che è certo per ora è tutto quanto abbiamo rinvenuto nella prima parte dell'articolo a proposito di miglioramento delle abilità percettive, cognitive e attentive. Gli studi convergono su molti fattori, anche se permangono certi contrasti sporadici negli esiti, e generalmente chi gioca abitualmente ai videogiochi, così come i soggetti sottoposti a training anche di poche ore, fa registrare risultati più competitivi nei test di controllo, con effetti di trasferimento in certi casi estremamente evidenti.
Detto questo, rimangono ancora molte questioni aperte. Ad esempio, in riferimento alla durata nel tempo degli effetti di trasferimento. Quasi nessuno degli studi sui videogiochi ha infatti testato se gli effetti di trasferimento sono rimasti dopo che i test di laboratorio erano stati conclusi. Poi bisognerebbe valutare l'intensità dell'effetto di trasferimento su base individuale: ovvero, quanto incidono parametri come l'età o le abilità cognitive di base? Dei soggetti già reattivi sono più veloci a migliorare le loro abilità cognitive attraverso i videogiochi? E come influisce l'età in questo processo? E come il sesso, lo stile di vita, la salute cardiovascolare e l'esercizio fisico? Nessuno degli studi trattati ha infatti esaminato come queste differenze individuali influenzano gli effetti di trasferimento.
Inoltre, gli studi si sono quasi sempre concentrati su attività di laboratorio, senza andare quasi mai ad analizzare come i videogiochi possano concretamente influenzare le attività reali della vita quotidiana. Così come si assume che molte attività quotidiane hanno requisiti comuni ai videogiochi, si assume che i videogiochi possano portare a miglioramenti nelle attività della vita quotidiana. Ma, come detto, pochi studi si sono concentrati su questo aspetto.
Ci sono studi che hanno confermato come i videogiochi migliorino le competenze nella chirurgia laparoscopica (Rosser e altri, 2007), mentre un breve periodo di formazione di 10 ore ai videogiochi ha portato a un miglioramento delle prestazioni di volo in un gruppo di piloti cadetti (Gopher e altri, 1994). Potenzialmente i videogiochi possono portare a benefici in vari tipi di applicazioni reali e in particolar modo in tutte quelle attività che richiedono spiccate competenze visive e percettive.
Insomma il dibattito è aperto e, semplificando molto, possiamo dire di essere solamente all'inizio della ricerca, la quale nei prossimi anni porterà sicuramente a molte altre "sorprese". Se le certezze non sono ancora moltissime, quello che non può essere contraddetto è che la correlazione tra gaming e alcune abilità cognitive è già fortemente evidente.
20 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoCredo che come per ogni cosa il troppo faccia male, ma ritengo meritevoli di maggiore attenzione gli aspetti negativi che possono comportare soprattutto in virtù del diffuso impatto che i vg stanno avendo nell'attuale società e della dipendenza che in molte persone comportano..vuoi per isolamento, vuoi per problemi nella vita reale.
Ecco cosa comporta un uso eccessivo dei videogame, ma come insegna (o dovrebbe insegnare) la mamma, un uso moderato di qualsiasi cosa non fa male.
Dire che i videogame migliorano riflessi e colpo d'occhio, non so, bisogna vedere quale miglioramento comporta e quanto dura questo miglioramento (e i test condotti non mi son sembrati scientifici al 100%). Inoltre ho sempre pensato che l'uso dei videogame comporti uno sfruttamento intensivo della propria testa (vista, udito, concentrazione) e che quindi tenda a essere faticoso e deleterio col tempo.
Per la serie "friggersi il cervello".
condivido in pieno e l'ho sempre constatato; dopo una sessione da 3_4 ore (ai tempi erano pure 9_10) ad un game intenso, mi sento tipo un pelo allucinato,ma ho i sensi affilati e non mi scappa una mosca!; è il mio allenamento psichico preferito da sempre; poi però ho bisogno di una bella corsetta, e così anche il fisico è a posto
Pensa, questi hanno fatto per la prima volta da non so quanto tempo un ottimo articolo, per giunta bello lungo e approfondito... poi arrivi tu e risolvi tutto con i videogiochi fanno malissimo. Fantastico.
La quintessenza del qualunquismo
Letto tutto l'articolo o solo il titolo?
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