Videogiochi, quale impatto sul cervello?
Abbiamo coinvolto tre psicologi professionisti in un'indagine a proposito dell'impatto che i videogiochi hanno sul cervello dell'essere umano. Passando in rassegna gli studi che sono stati fatti fino a oggi, cerchiamo di capire i benefici, ma ovviamente andiamo alla ricerca anche dei fattori controproducenti, andando ad indagare il problema della dipendenza. C'è una differenza tra titoli emotivi e competitivi? È una delle domande che abbiamo posto a Giuseppe Riva, Docente di Psicologia della Comunicazione dell'Università Cattolica di Milano; a Luca Mazzucchelli, Vice Presidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia; e a Mauro Lucchetta, Psicologo Clinico dello Sport e delle Nuove Tecnologie.
di Rosario Grasso pubblicato il 12 Febbraio 2016 nel canale VideogamesDipendenza
Insomma, leggendo l'articolo fin qui, al netto delle considerazioni sui margini di errore dipendenti dalla metodologia e delle considerazioni sulla durata dei benefici che faremo nelle conclusioni, i videogiochi migliorano in maniera sensibile le abilità cognitive e percettive. Si potrebbe dire che i videogiochi ci rendono "una specie di Iron Man", ma quello che non abbiamo fatto fin qui è parlare di dipendenza, che ovviamente è l'altra faccia, purtroppo decisamente dolorosa, dell'esposizione prolungata al media videoludico.
A tal proposito abbiamo sottoposto al Prof. Riva il tema del coinvolgimento in abbinamento alla realtà virtuale. Un gioco come Fallout 4, ad esempio, consente di vivere in un mondo post-apocalittico accuratamente ricostruito con un livello di immedesimazione sostanzialmente senza precedenti nel mondo dei videogiochi. Il giocatore si trova a esplorare tantissime località differenti, può stringere relazioni con altri personaggi gestiti dall'intelligenza artificiale, flirtare con le ragazze, sovvertire l'ordinamento politico di alcuni insediamenti. Considerando che servono circa 400 ore per vedere tutto e che si può anche personalizzare il mondo, mi viene il seguente dubbio: che cosa succederà quando tutto questo (non manca molto) sarà disponibile anche in realtà virtuale?
Ecco la sua risposta: "Sulla realtà virtuale, è chiaro che avere un Fallout in VR, ma anche un Facebook in VR, aumenta i rischi. Per questo l’Associazione Americana di Psichiatria ha aggiunto nel proprio manuale diagnostico (DSM 5) il disturbo di dipendenza da giochi online (Internet Gaming Disorder). L’inclusione di questa dipendenza all'interno del manuale sui disturbi psichiatrici più usato al mondo ha delle implicazioni sociali molto importanti: rendere questa problematica di attualità e pubblico dominio incoraggia chi ne soffre a chiedere aiuto a uno specialista così da ridurre le ospedalizzazioni e i potenziali problemi non solo inerenti la salute ma anche legali (vedi per esempio l'ambito lavorativo)".
Nel DSM 5 l’Internet Gaming disorder è definito come l'uso ricorrente e persistente di internet per giocare, spesso insieme ad altri giocatori, che porta a un disagio clinicamente significativo identificato da una serie di sintomi presentati nell'arco di 12 mesi:
- la persona pensa continuamente all’attività di gioco precedente o anticipa le successive partite e il gioco online diventa l’attività quotidiana predominante,
- nel suo comportamento si assiste alla comparsa di ritiro (manifestato attraverso irritabilità, ansia o tristezza) quando gli o le viene tolta la possibilità di giocare,
- compare un bisogno crescente di spendere quantità maggiori di tempo impegnato a giocare,
- la persona ha affrontato tentativi infruttuosi di controllare l’attività di gioco, ha perso interesse in tutte le sue attività e gli hobby eccetto il gioco online, utilizza continuativamente internet e i giochi nonostante la consapevolezza dei problemi psicosociali ad essi legati,
- la persona ha ingannato membri della famiglia, amici e terapeuti o medici relativamente alla quantità di tempo spesa su internet,
- utilizza il gioco online per evitare sentimenti, pensieri o umori negativi
- ha messo a repentaglio una relazione significativa, il suo lavoro o la sua carriera scolastica a causa dell’utilizzo di internet per giocare online.
Riguardo alla dipendenza dai giochi online, e nello specifico dagli MMORPG, c'è una letteratura simile a quella che abbiamo visto riguardo all'incremento delle abilità cognitive e percettive consentei dai titoli AVG, che viene riassunta molto bene qui.
Per quanto attiene la profilazione del giocatore di MMORPG inizialmente si è fatto riferimento modello dei Quattro Tipi di Bartle del 1996, il quale teorizzava quattro tipi di giocatore: ricercatore del successo, socializzatore, esploratore e killer. Questa è, appunto, considerata una base di partenza, su cui si sono nel corso degli anni aggiunte ulteriori considerazioni comprendenti anche i comportamenti e, in particolar modo, i comportamenti aggressivi. Abbiamo, quindi, il General Aggression Model (GAM) di Anderson del 2004 e soprattutto Williams, Yee e Caplan, famoso studio condotto nel 2006 sul MMORPG EverQuest 2. Da quest'ultimo è derivato il modello di Yee che evidenzia questi fattori di motivazione fondamentali:
- Avanzamento (desiderio di ottenere potere, progredire rapidamente e guadagnare simboli che conferiscano un certo status)
- Meccanica (interesse nell’analizzare il sistema di gioco e le regole sottostanti al fine ottimizzare le performance del proprio personaggio)
- Competizione (desiderio di sfidare e competere con gli altri giocatori)
- Socializzazione (interesse nell’aiutare e nel parlare con gli altri giocatori)
- Relazione (desiderio di costruire rapporti significativi e a lungo termine con gli altri giocatori)
- Lavoro di squadra (provare soddisfazione dal sentimento di appartenenza ad un gruppo)
- Immersione composta da Scoperta (andare alla ricerca di informazioni che la maggior parte dei giocatori non conosce), Gioco di Ruolo (piacere nel costruire un personaggio con una storia e interagire con altri giocatori che hanno lo stesso desiderio per improvvisare delle avventure) e infine Personalizzazione (interesse nel personalizzare l’apparenza del proprio personaggio)
In questo ragionamento vanno ovviamente inseriti altri elementi, al di là dei fattori di motivazione. Per esempio l'aspetto dell'Ansia Sociale, individuato da McKenna e Bargh, dove l'Ansia Sociale viene definita come la paura dell'individuo che lo porta a evitare le situazioni sociali che possano comportare l'essere osservati o giudicati. Costruire relazioni online, per questi soggetti, significa tamponare momentaneamente questa ansia. Si è cercato quindi di determinare qual è il ruolo degli MMORPG nella formazione delle interazioni sociali, ovvero come incoraggiano gli utenti a formare dei gruppi sulla base della sensazione di appartenenza a una causa, una razza, una gilda o una classe; oppure sulla base del fatto che alcune sfide sono troppo complicate per poter essere affrontate da soli (co-op).
Un altro aspetto che porta i giocatori online a considerare le relazioni virtuali surrogato di quelle reali è la possibilità di poter rimanere anonimi e quindi non poter essere giudicati sulla base del proprio aspetto fisico. Un altro aspetto cruciale riguarda l'identificazione del giocatore con il proprio personaggio, assimilata a quella che si forma con una persona assente nello studio Wolfendale (citato in Smahel et al., 2008). I dati della ricerca condotta da Smahel e colleghi sono abbastanza chiari a riguardo:
- il 26% di partecipanti ha concordato sul fatto che le abilità e le caratteristiche dei loro avatar sono simili a quelle da loro possedute anche se più potenti
- il 17% ha affermato che il loro avatar compensa le proprie abilità e capacità
- il 14% sostiene che l’avatar e il giocatore siano la stessa persona
- il 18% afferma di possedere le stesse abilità del proprio avatar
- il 65% si dichiara fiero e orgoglioso del proprio personaggio
In dettaglio Griffiths (Griffiths, 2005) spiega le 6 componenti che costituiscono il processo biopsicosociale che porta alla dipendenza:
- a livello comportamentale la persona è totalmente assorbita dal gioco
- il gioco è un modo per fuggire da una realtà che non piace e permette di provare emozioni piacevoli finanche l'euforia
- la persona ha bisogno di prolungare il tempo passato a giocare per sentire gli effetti positivi su di sè (emozioni piacevoli)
- la persona si sente ansiosa, depressa, irritabile se non può giocare
- emerge un significativo ritiro sociale: lavoro, amicizie, hobbies
- nonostante la persona capisca la gravità della sua situazione e smetta per un po’ di giocare, non riesce a stare senza e ricomincia
Fattori di rischio
- tratti di personalità (nevroticismo, ostilità, aggressività, tendenza a ricercare sempre sensazioni nuove)
- alta motivazione al gioco
- caratteristiche strutturali del gioco e possibili ricompense
- significato che la persona attribuisce al gioco: utilizzo del gioco come compensazione per i fallimenti nella vita reale
- significato che la cultura di appartenenza dà al gioco
- tendenza all'evitamento
- interesse per le sfide
- utilizzo del gioco come funzione "narcotica"
Fattori protettivi
- coscenziosità
- estroversione