Fable III: usurpazione o Regno glorioso?
Con Fable III Peter Molyneux, mantenendo finalmente le promesse fatte anche con i precedenti capitoli, intende creare un mondo in cui ogni azione fatta dal giocatore, anche la più elementare, porta a delle conseguenze. Include l'intervista a Josh Atkins, lead designer di Fable III.
di Stefano Carnevali pubblicato il 08 Ottobre 2010 nel canale VideogamesIntroduzione
In un’uggiosa mattinata di inizio ottobre, ci siamo recati nella sede milanese di Microsoft per incontrare Josh Atkins, lead designer di Lionhead. In pratica un uomo che svolge una delle professioni più complicate, ma al tempo stesso gratificanti, dell’intera industria del videogioco. Infatti, Atkins è l’uomo deputato a dare forma concreta alle intuizioni di Peter Molyneaux. Compito improbo –visto l’estro del game designer britannico-, ma per certo esaltante.
Atkins, oltre alle sue storie da raccontare a proposito della convivenza con Molyneaux, era orgoglioso di aggiornarci sulla lavorazione di Fable III, l’ultimo capitolo della grande saga di action-rpg di Lionhead. Manca davvero poco al lancio del gioco (l’esclusiva Xbox, infatti, sarà sugli scaffali a fine ottobre. Per la versione pc ci sarà ancora da attendere, ma Atkins ci ha assicurato che la conversione sta procedendo rapida e senza intoppi), per cui la versione del gioco che abbiamo potuto ammirare si può considerare pressoché definitiva. Certo, però, un test di una mezza giornata su un titolo come Fable III risulta terribilmente limitato, vista la struttura profonda e ‘lenta’ del gioco in questione.
In ogni caso, siamo ben lieti di provare a fare il punto della situazione su quello che lo stesso Atkins ha definito «Il più grande Fable di sempre».
Un nuovo ritorno
Sono passati sessant’anni dagli eventi narrati in Fable II, per cui faremo ritorno in un’Albion che, pur non apparendo stravolta, avrà subito cambiamenti significativi. Il clima ‘british’ che si respira nella saga di Fable ritornerà più forte che mai, ma questa volta lasceremo da parte le atmosfere ‘fatate’ del medioevo e quelle vitali del tardo rinascimento coloniale. In Fable III, infatti, l’industrializzazione e il vapore hanno ormai preso piede nella terra d’Albion, per cui saremo alle prese con una feroce rivoluzione industriale che avrà forti ripercussioni sulla natura, sulle città, sulla situazione politica e sulle persone. E anche sulla magia.
La sensazione, immediatamente avvertibile nelle grandi città di Albion, piuttosto che negli insediamenti rurali, è quella di vivere in un mondo maggiormente cupo e malato; e non soltanto per via delle esalazioni prodotte dalle prime ciminiere industriali, che hanno fatto la loro comparsa nei distretti industriali.
L’industrializzazione ha inciso pesantemente sul paesaggio, ma anche sulla società: la diseguaglianza è cresciuta, lo sfruttamento delle classi inferiori è un fenomeno sempre più incisivo, le possibilità di riscattare la propria esistenza sempre meno plausibili. L’Albion in cui ci muoveremo è un abile mix di elementi –iconografici e ambientali– presi dall’Inghilterra del vapore, dall’Inghilterra vittoriana. Abilmente condita di clichè ‘Dickensiani’.
L’oppressione è la sensazione che domina la società umana e non va certo meglio alle creature ‘sovrannaturali’: con l’avanzamento della razionalità, della scienza e delle macchine, per loro c’è stato sempre meno spazio. Esse vivono nascoste e segregate, maggiormente separate dagli uomini. E comprensibilmente più ostili.
Su questa situazione ambientale evidentemente deteriorata, si innesta la figura del Sovrano di Albion. Re Logan è il ‘perfetto’ tiranno di un mondo in rapida evoluzione e rapida corruzione. Logan appare come un despota, preoccupato del proprio potere e interessato solo a mantenere le distanze tra le classi sociale quanto più ampie possibili. Albion non è più il mondo della magia e degli eroi del primo Fable (ambientato quasi 600 anni prima), ma non è nemmeno la terra della riscossa e delle possibilità di Fable II. La nuova Albion corre a rapidi passi verso l’industrializzazione, con le possibilità e le contraddizioni tipiche di una civiltà di fabbrica. Non sono la magia e gli eroi a poter indirizzare la storia: i nuovi protagonisti sono la politica e i Sovrani.