Recensione Dark Souls 3: unico per livello di difficoltà

Recensione Dark Souls 3: unico per livello di difficoltà

Questa settimana esce il nuovo capitolo della serie di action rpg famosa per il suo livello di difficoltà. Dark Souls 3 è la prima iterazione dell’ormai celebre saga di From Software sviluppata dopo che la serie si è biforcata in una seconda direzione con Bloodborne, il titolo realizzato in prima persona da Hidetaka Miyazaki in parallelo alla lavorazione di Dark Souls 2.

di pubblicato il nel canale Videogames
Bandai Namco
 

Esplorazione

Anche parlando di esplorazione non si può non partire da un confronto con Dark Souls 2. Dico subito che sono sempre stato un fan del sistema di esplorazione del secondo capitolo, solo di recente mi sono accorto di essere uno dei pochi. È vero che tutto DS2 soffriva di una gestione un po’ scialba e confusionaria dei contenuti, ma l’aspetto più vasto e meno lineare rispetto a DS1 mi aveva affascinato e catturato.

DS3 ha tutt’altro approccio. La “mappa” del gioco è quella che definirei non proprio benignamente una serie di fermate del treno, si parte dal punto A e si arriva al punto E, passando per B, C e D. C’è poco altro. Ogni singola zona è divisa in aree minori, ci si può teletrasportare immediatamente usando i bonfire in un sistema che a prima vista ricorda molto il funzionamento di Demon’s Souls. Il level design di ogni area non è brutto, ma risulta inevitabilmente ripetitivo. C’è il solito castello – anzi, ce ne sono due, c’è la solita palude, il solito borgo dei non morti e così via. C’è anche una nuova, bellissima zona a tema invernale che credo abbia trovato qualche ispirazione da Bloodborne.

Non pretendo che ci sia poi chissà quale varietà riguardo alle zone da esplorare, del resto è normale che i posti da visitare bene o male rientrino in determinate categorie. Il design dei nemici è perlopiù originale abbastanza da tenere sempre viva l’attenzione. Avrei però preferito un’impostazione più “aperta” del mondo. Il modo in cui si passa da una zona all’altra in Dark Souls 3 risulta davvero piuttosto limitante e corre persino il rischio di venire a noia – capita certamente nelle prime ore di gioco con la solita tiritera del borgo dei non morti che sembra non finire mai più.

Le cose migliorano tra la metà e la fine del gioco, ma il senso di esplorazione per quanto mi riguarda rimane comunque molto limitato, si ha la sensazione di poter cercare segreti e scorciatoie in un ben delimitato recinto, ma non più quel costante timore di allontanarsi troppo dal sentiero principale e rischiare di finire in una zona troppo difficile, troppo isolata, troppo inaccessibile. Perdere questo elemento di timore e meraviglia è un vero peccato, ed è un altro dei motivi per cui ho vissuto Dark Souls 3 più come una carrellata di cose da fare e mostri da uccidere, che come l’avventura ricca di misteri e scoperte che erano stati Dark Souls 1, 2 e 3.

 
^