Battlefield Hardline: strategia, velocità, trama. Ma è davvero Battlefield?

Battlefield Hardline: strategia, velocità, trama. Ma è davvero Battlefield?

Il gioco sviluppato da Visceral Games ci è sembrato poco attinente alla tradizione di Battlefield, per le molte differenze che intercorrono sia sul versante single-player che sul fronte multigiocatore. Il tema militare è stato messo da parte per trattare tematiche che richiamano i telefilm polizieschi, facendo leva su dei personaggi con una loro personalità e un approccio inedito anche sul piano del gameplay. Online rimangono alcuni dubbi sull’adattabilità di questa struttura al background ormai consolidato della serie.

di pubblicato il nel canale Videogames
Electronic ArtsBattlefield
 

Hardline, un gioco firmato Visceral Games

Per la prima volta nella storia della serie, un capitolo di Battlefield non viene sviluppato direttamente da DICE ma da un’altra compagnia affiliata a Electronic Arts. L’idea di Battlefield Hardline è scaturita da un confronto informale avvenuto tra Steve Papoustis, general manager e vice presidente di Visceral Games – nonché produttore esecutivo di Hardline – e il CEO di DICE, Karl Magnus Troedsson.

La stima reciproca per i lavori svolti in passato e l’interesse di entrambi gli sviluppatori alla creazione di un capitolo di Battlefield incentrato su tematiche diverse da quelle prettamente militari, ha fatto sì che i due studi iniziassero a pianificare il lavoro per perseguire questo scopo nel modo migliore possibile. Un obiettivo che, aggiungiamo noi, si è rivelato al contempo interessante ma pericoloso, per svariati motivi che tratteremo nel corso di questo articolo.

Innanzitutto Visceral aveva la necessità di apprendere il funzionamento del Frostbite engine, motore su cui fino a quel momento il team non aveva mai lavorato. Pertanto vennero predisposti una serie di step preliminari, il primo dei quali fu rappresentato dalla preparazione dell’espansione End Game, ultimo pacchetto di contenuti scaricabili che venne reso disponibile ai tempi di Battlefield 3.

Il tempo necessario a implementare il nuovo materiale e l’esigenza di prendere confidenza con la tecnologia hanno spinto Electronic Arts a posticipare ulteriormente la release alla finestra primaverile, alimentando i dubbi che già aleggiavano sul progetto e la diffidenza degli appassionati nei confronti delle novità che erano state preannunciate. In questi mesi uno dei principali “mantra” di EA e Visceral Games, per quanto riguardava Hardline, è stato “strategia, velocità, trama”. Tre caratteristiche che avrebbero dovuto costituire le colonne portanti del progetto e ne avrebbero giustificato l’esistenza, sul versante single-player ma ancor di più su quello multiplayer, offrendo così una veste inedita ad una serie che invece viene da molti tacciata di eccessivo conservatorismo, già da qualche anno.

Se l’efficace narrazione del primo Bad Company rappresentava l’eccezione che conferma la regola, Hardline a nostro parere merita una trattazione a parte, per il semplice fatto che si tratta di qualcosa che è davvero poco affine all’immaginario caratteristico del franchise di Battlefield, e non soltanto per questioni legate al setting e alla collocazione di storia e personaggi, ma anche per specifiche scelte di gameplay, che abbracciano sia la campagna che la modalità online.

L’esigenza di velocità ha inoltre spinto lo studio ad implementare numerose sezioni a bordo di veicoli, fino a tre volte più rapidi rispetto ai mezzi militari solitamente disponibili in Battlefield. Questa necessità ha avuto delle ovvie conseguenze anche sul level design, con l’ideazione di alcune mappe sufficientemente lunghe da poter fornire spazi adeguati per cercare di dare la dovuta sensazione di adrenalina, vivere inseguimenti al fulmicotone e sopravvivere a sparatorie all’interno dell’abitacolo.

Le idee non sono mancate, eppure la loro realizzazione ha gettato alcune luci e lasciato svariate ombre. Vediamo di capire meglio cosa ha funzionato e cosa, invece, avrebbe meritato ulteriore lavoro e affinamento da parte dello studio di Redwood.

 
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