Recensione BioShock Infinite: cultura al cuore

Recensione BioShock Infinite: cultura al cuore

Eccovi finalmente la nostra recensione di BioShock Infinite, un titolo destinato a cambiare per sempre la storia dei videogiochi. Prima di lasciarvi alla lettura, vi preghiamo di notare che le immagini sparse per l'articolo sono quelle fornite dal produttore, mentre nella gallery e nella pagina 'Gli aspetti tecnici' trovate una serie di shot che abbiamo catturato dalla versione PC di BioShock Infinite impostata al massimo livello di dettaglio grafico.

di , Rosario Grasso pubblicato il nel canale Videogames
 

Il lato oscuro di Columbia

In un contesto di vera esaltazione, c’è comunque spazio per sottolineare qualcosa che – nella pur eccezionale opera di Levine – ha funzionato un po’ meno.

La citata sensazione di essere alle prese con un gioco ‘da corsa’, se da un lato lascia intendere che l’azione sarà sempre frenetica e adrenalinica, dall’altro presenta il problema di una certa superficialità che inficia la tantissima carne al fuoco di Infinite.

Gli spunti narrativi, ambientali e ludici sono davvero tantissimi. Ma non sempre, non tutti vengono esplorati con la profondità necessaria. Rispetto a BS, per esempio, si nota immediatamente la minore profondità del cast di supporto. Comstock è certamente ben analizzato, ma non a fondo e a lungo come Ryan, Atlas o Fontaine di Rapture. La Fitzroy subisce addirittura un trattamento ancora più deludente. A Rapture si interagiva a lungo e in profondità con i png. A Columbia molto meno. E manca tutto il ‘sistema’ Tennebaum-sorelline-Big Daddy, con la loro presenza e incidenza sulla città. Certo, ci sono Elizabeth e Songbird. Ma, come detto, il possente volatile arriverà in scena col contagocce. E con un impatto ridotto sugli altri png. La stessa Elizabeth – ma questa volta dal punto di vista ludico – non ha mantenuto tutte le promesse fatte. Come visto, è un’IA attiva e credibile. Ma lungi dall’essere autonoma e autodeterminante.

L’intero sistema di crescita e di amministrazione risorse, come spiegato, è decisamente superficiale e non consente mai di avvertire una vera – e galvanizzante – sensazione di progresso. Gli stessi Vigor sono tanti e vari. Ma, a conti fatti, si rivelano in buona parte ‘marginali’: alcuni li userete davvero di rado.

La profonda analisi sociale-politica-morale di Columbia (e degli Usa), infine, a metà gioco viene bruscamente accantonata. Certo, entrano in gioco altre – potentitissime – tematiche. Ma lo sbalzo è forte, poco armonico e a lungo poco convincente.

Sembra, insomma, che Levine & co. abbiano messo così tanta carne al fuoco da non poter amministrarla fino in fondo e davvero con completezza. Capibile. Ma peccato.

 
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