Sette volte Call of Duty: ecco Black Ops
Abbiamo provato le versioni XBox 360 e PC di Call of Duty Black Ops. Articolo e videoarticolo sono stati curati da redattori differenti, per cui le conclusioni divergono in alcuni punti.
di Stefano Carnevali, Rosario Grasso pubblicato il 23 Novembre 2010 nel canale VideogamesXboxCall of DutyMicrosoft
Contro la Russia, con furore
Il periodo in cui Treyarch ha scelto di ambientare la storia ‘single player’ di Black Ops, è interessante, coraggioso e originale: siamo negli anni della Guerra fredda, un setting raramente esplorato da uno sparatutto bellico. Ci infileremo pertanto in una serie di conflitti ‘minori’ che, dagli anni ’60 in poi, Usa e Urss hanno combattuto attraverso ‘terze parti’, senza mai dare vita a un vero e proprio scontro tra super potenze.
Altro elemento di novità regalato da Black Ops è quello della prospettiva in cui vivremo questa ‘guerra’. Infatti, le grandi operazioni belliche storicamente combattute durante la Guerra fredda (ad esempio l’attacco statunitense a Cuba o la guerra del Vietnam) ci vedranno ‘protagonisti trasversali’: non vestiremo, insomma, i panni delle forze armate tradizionali, ma di membri delle truppe d’Elite del SOG (Studies and Observation Groups). Si tratta di una sorta di ‘super squadra speciale’ americana che ha il compito di azzerare le macchinazioni segrete dell’Impero sovietico e i ‘super soldati’ addestrati da Mosca. Di fatto, ‘approfitteremo’ degli sconvolgimenti generati dagli scontri in corso per portare a termine i nostri obiettivi.
Facendoci impersonare queste forze speciali, Treyarch cambia la prospettiva tipica degli ultimi COD, i quali cercavano di farci vedere la guerra attraverso gli occhi di soldati ‘semplici’. Questa decisione porta a una duplice conseguenza: da un lato avremo una giustificazione più plausibile per gli eventi spettacolari ed eroici che vivremo (dopotutto siamo soldati super addestrati ed equipaggiati con il top degli armamenti sviluppati dagli Usa), dall’altro affronteremo missioni maggiormente rischiose e particolari.
Personalmente, mi piace molto il coinvolgimento emozionale che regalano i giochi in cui si impersonano soldati ‘normali’. Però, conscio del taglio hollywoodiano ed eroico tipico di COD, non posso che valutare positivamente la decisione di Treyarch: se dobbiamo vivere dei combattimenti estremamente spettacolari più che drammatici, se dobbiamo impersonare soldati capaci di rovesciare la sorte di intere guerre da soli, meglio partire dal presupposto di essere truppe d’elite.
Per quando riguarda la trama, si può tranquillamente affermare che Black Ops racconta una delle migliori storie viste nello scarno settore narrativo degli shooter. Tutto comincerà con il nostro principale alter ego virtuale – Alex Mason – prigioniero, torturato e interrogato. Le risposte che l’agente speciale fornirà al suo misterioso carnefice origineranno i flashback che costituiscono le missioni di gioco e che, progressivamente, andranno a chiarire i fumosi contorni della vicenda. Il tutto – pur non facendo gridare al miracolo in termini di originalità – funziona bene: mantiene alta l’adrenalina e la curiosità, regalando anche qualche piacevole colpo di scena. Molto gratificanti, nel corso dell’avventura, sono gli incroci con fatti reali e personaggi celebri, che danno un tocco di maggiore credibilità alla storyline.
Il gioco vero e proprio poco si discosta da quanto la serie di Call of Duty ci ha abituato a mettere su disco. Infatti affronteremo continue fasi di run & gun, inframmezzate da qualche diversivo (sessioni molto molto semplici di guida di veicoli, sessioni di fuoco da postazioni fisse, sessioni di infiltramento stealth – che restano sempre la parte più emozionante del gioco -).
Come al solito, tutto il cuore di COD è costituito da una serie di combattimenti resi estremamente spettacolari dal ripetersi di eventi improvvisi e devastanti. Eventi ovviamente scriptati. Negli scontri a fuoco non si nota nessuna apprezzabile novità (niente uso dinamico di coperture, niente movimenti tattici, niente coordinamento o gestione dei compagni, niente percorsi alternativi): di fatto sarete costretti a proseguire secondo l’itinerario stabilito per voi dal gioco, falciando soldati nemici, senza avvalervi di nessuna apprezzabile interazione coi compagni (l’IA dei nostri alleati è davvero bassa. Un notevole passo indietro rispetto a quanto offre l’ultimo Medal of Honor, per esempio), in attesa del prossimo colpo di scena scriptato o della prossima sessione di combattimento.
Anche il comportamento dei nemici, pur non arrivando all'ottusità dei Talebani visti in Medal of Honor, non fa certo gridare al miracolo. Perchè COD non si riduca a un'innocua gita armi in mano, andrà comunque giocato a livelli di difficoltà molto alti. E, purtroppo, anche in questo caso non saremo messi in difficoltà da un atteggiamento più abile dei nemici: semplicemente sarà la nostra resistenza ai danni a crollare clamorosamente.
Insomma: COD - Black Ops, in single player, conferma quanto la saga ha sempre offerto (spettacolarità, adrenalina, frenesia, realizzazione tecnica rimarcabile), aggiunge una trama degna di nota, ma non lima nessuno dei difetti storici della serie (brevità, linearitá rigidissima, IA di contorno poco evolute, realismo e tatticismo assenti).