The Edge of Fate è Destiny 2.5. E questo è un problema

The Edge of Fate è Destiny 2.5. E questo è un problema

Bungie riesce a costruire una delle campagne più coinvolgenti della serie e introduce cambiamenti profondi al sistema di gioco, tra nuove stat e tier dell’equipaggiamento. Ma con risorse limitate e scelte discutibili, il vero salto evolutivo resta solo un’occasione mancata

di pubblicato il nel canale Videogames
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Questa non è una recensione, e neanche un quadro di Magritte. Abbiamo giocato a The Edge of Fate (I Confini del Destino in italiano), la nuova espansione di Destiny 2, che segna un netto taglio con il passato e apre l’anno della profezia. Non è una recensione perché, oltre a essercene a dozzine online, riteniamo più utile fare delle considerazioni sullo stato attuale del gioco, in un momento molto delicato per il franchise e, più in generale, per tutto il settore dei videogiochi. Non è un quadro di Magritte perché cercheremo di dare degli elementi di valutazione per quanto possibile oggettivi, che permettano a chiunque legga di farsi la propria idea sul presente e sul futuro di Destiny 2.

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Chi scrive ha 1200 ore su Destiny 2, 360 su Destiny 1, avendo iniziato a giocare dalla Beta di D1. Non sono un top player, quando avevo più tempo da dedicare al gioco ho fatto parte di un clan attivo che faceva regolarmente i raid, ma negli ultimi anni ho giocato primariamente da solo con “random” trovati con fireteam finder. È una premessa che già racconta qualcosa del mondo di Destiny, un gioco live service, IL gioco live service, che dal 2014 con D1 e dal 2017 con D2 ha, a tutti gli effetti, definito il concetto stesso di live service e creato un universo fantascientifico “credibile”, per quanto il lore, negli anni, sia stato pieno di contraddizioni ed è, oggettivamente, molto complesso da interpretare. È più facile guardare i video di Byf, un content creator dedicato al lore di Destiny, che seguire la storia giocando.

Un nuovo inizio, ma con il motore del passato

Destiny è un gioco complesso, non solo nelle dinamiche, ma anche solo per decidere cosa fare quando si supera la schermata iniziale. Lo è sempre stato e negli anni è diventato sempre più difficile entrare nel mondo di Destiny per un nuovo giocatore. È un gioco “antico”, passatemi il termine, e non solo perché continua a sfruttare lo stesso motore del 2017 (ed è un mezzo miracolo che quel motore si sia evoluto per supportare nuove piattaforme e dinamiche di gioco), in un mondo che spinge verso una semplificazione di tutto. È antico perché serve tempo e abnegazione per ottenere dei risultati, serve “studiare” per comprendere le dinamiche delle varie attività, serve impegno, che sempre di più viene visto come contradditorio a svolgere un’attività ludica. In questa sua complessità però sta molto del fascino di Destiny: quante alternative ci sono oggi, nel 2025, per un looter shooter in prima persona live service, con dungeon e raid per il PVE e diverse modalità PVP? L’unico gioco che per longevità, profondità e varietà, senza di fatto il PVP, è Warframe, nessun altro gioco ha solo provato a entrare in competizione con Destiny.

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Se si accetta questa complessità, Destiny ripaga con quello che è ancora oggi riconosciuto come il miglior gunplay in assoluto, con una serie variegata di attività, con un contesto narrativo affascinante e con due attività praticamente uniche: raid e dungeon, i veri elementi distintivi del franchise ideato da Bungie più di 10 anni fa. Non solo ci sono molteplici attività, l’altro elemento distintivo di Destiny è che ognuno può giocarlo a modo suo. Basta guardare ai content creator che seguono il gioco, che variano da quelli concentrati esclusivamente sul PVP a chi produce build a ritmo quasi quotidiano.

Lo scorso anno, nel realizzare la recensione di The Final Shape ho vissuto una delle esperienze ludiche (non solo videoludiche) più appaganti della mia vita. Bungie era riuscita a chiudere in maniera quasi perfetta un arco narrativo durato 10 anni e mettere insieme i top player, che avevano chiuso il raid il primo giorno, con un’attività cooperativa, Excision, da 12 persone accessibile a tutti, che si è aperta esattamente nel momento in cui il raid è stato portato a termine per la prima volta. Stavo giocando, casualmente, in quel momento e tutti i player collegati hanno ricevuto una notifica per entrare nell’attività finale, dove con il contributo di tutti veniva messa la parola fine al Testimone. Un momento epico, che ha permesso a tutti i giocatori, non solo quella piccola percentuale che partecipa ai raid, di contribuire alla fine dell’arco narrativo.

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In questi dieci anni le vicende di Destiny e di Bungie hanno avuto molti alti e bassi, con lo studio che, dopo aver contribuito al successo di Microsoft nel mondo dei videogame con Halo, è prima stato acquisito da Activision, poi è diventato indipendente per finire con l’acquisizione di Sony nel 2022 per 3,6 miliardi di dollari. L’obiettivo di Sony era quello di sfruttare le competenze di Bungie nel settore dei live service per lanciare altri franchise e replicare il modello, fino a quel momento di successo, di Destiny. Le cose non sono andate proprio nel miglior modo possibile. Nonostante il successo in termini numerici e di critica di The Final Shape, i risultati finanziari di Bungie dopo l’acquisizione sono stati al di sotto delle aspettative, ci sono stati sostanziali tagli al personale e a tutti i progetti secondari. Oggi Bungie sta lavorando, con un gruppo di lavoro decisamente ridimensionato, solo a due progetti: Destiny e Marathon. Marathon sta avendo dei problemi enormi, ne potete leggere qui, ma soprattutto la stessa esistenza del progetto, legata agli scarsi risultati finanziari e la crisi generalizzata del settore, ha avuto una conseguenza quasi esistenziale su Destiny, perché non ha permesso a Bungie di iniziare a sviluppare Destiny 3, ma al contrario iniziare un nuovo modello di sviluppo di Destiny 2. Così ci ritroviamo fra le mani l’anno della profezia e l’abbandono del modello basato sulle stagioni. 

La Saga del Destino e l’illusione del cambiamento

Con The Edge of Fate inizia ufficialmente la Saga del Destino, il nuovo arco narrativo di Destiny 2 che raccoglie l’eredità della lunga guerra tra Luce e Oscurità. Conclusa la saga iniziata nel 2014, Bungie apre ora un capitolo inedito e carico di mistero, dove al centro ci sono i Nove: entità enigmatiche che da sempre osservano e talvolta influenzano il corso degli eventi. La loro presenza si fa ora concreta e determinante, guidando i Guardiani verso Kepler-10b, una nuova destinazione sospesa tra dimensioni e volontà cosmiche. La Saga del Destino si preannuncia più astratta, filosofica e imprevedibile, con interrogativi profondi sulla natura del libero arbitrio e del ruolo stesso del Guardiano nell’universo. Ogni espansione e aggiornamento del nuovo anno – da The Edge of Fate a Renegades, passando per Ash & Iron e Shadow & Order – contribuirà a sviluppare questo nuovo filone narrativo. Bungie abbandona la linearità della guerra tra forze opposte per esplorare le sfumature dell’intenzionalità, del destino e della manipolazione. Un cambio di passo radicale, che ridisegna le regole dell’universo di Destiny.

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Con l’inizio dell’Anno della Profezia, Bungie introduce un nuovo modello di distribuzione dei contenuti che supera definitivamente la struttura stagionale adottata negli ultimi anni. Al posto delle classiche quattro stagioni annuali, Destiny 2 ora si articola in due espansioni principali, The Edge of Fate (luglio 2025) e Renegades (dicembre 2025), ciascuna accompagnata da un major update gratuito a metà ciclo: Ash & Iron a settembre e Shadow & Order a marzo. Secondo Bungie, questa nuova cadenza mira a offrire una narrazione più coesa e una gestione dei contenuti più sostenibile, ma nei fatti rappresenta anche un modo per ottimizzare l’impiego delle risorse, in linea con il ridimensionamento dello studio avvenuto negli ultimi mesi. Le espansioni includono nuove destinazioni, attività, armi e raid o dungeon, mentre i major update introducono modifiche al sandbox, nuove sfide, eventi e modificatori stagionali. Ogni fase dell’anno è affiancata da un Rewards Pass, che offre elementi cosmetici ed equipaggiamenti esclusivi. Il risultato è un sistema più contenuto, pensato per mantenere viva l’attenzione della community con aggiornamenti regolari, ma meno oneroso dal punto di vista dello sviluppo.

L’Anno della Profezia segna anche una svolta radicale per la sandbox di Destiny 2, con una revisione completa del sistema statistico e delle meccaniche di progressione. Tutte le statistiche del personaggio sono state ripensate, non solo nei valori ma anche nella loro funzione: Mobilità, ad esempio, è stata sostituita da Weapon, e ogni parametro ha ora un impatto più diretto e trasparente sulle performance in gioco. Il tetto massimo delle statistiche è stato portato da 100 a 200, abbandonando la logica dei breakpoint ogni 10 punti a favore di un modello più continuo, in cui ogni singolo punto contribuisce all’efficacia complessiva.

Un Destiny 2.5 tra innovazioni reali e compromessi strutturali

Il sistema di Potere è stato completamente ripensato e azzerato: con The Edge of Fate, tutti i Guardiani ripartono da 10, segnando una cesura netta rispetto al passato. Il nuovo riferimento stabile è 200, valore che una volta raggiunto rappresenterà la base permanente per tutte le espansioni future. Tutto ciò che va oltre questa soglia è considerato Potere stagionale, valido solo all’interno del ciclo narrativo in corso. Con ogni nuova espansione, come Renegades, il Potere verrà riportato a 200, creando una nuova progressione stagionale. In The Edge of Fate, il cap massimo è fissato a 450, ma per affrontare le attività più impegnative – come le versioni avanzate delle Fireteam Ops o il raid – sarà comunque necessario salire ben oltre il valore base. La nuova struttura mantiene quindi la progressione come elemento centrale, ma la distingue chiaramente tra Potere permanente e Potere stagionale.

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Il nuovo sistema a tier introduce una classificazione progressiva per armi e armature, ridefinendo il valore e la profondità dell’equipaggiamento. Per le armi, salire di tier significa ottenere vantaggi sostanziali: i livelli più alti sbloccano più colonne di perk, consentendo una maggiore personalizzazione dello stile di gioco, e soprattutto offrono l’accesso a perk potenziati (enhanced), che garantiscono bonus superiori rispetto alle versioni standard. Un fucile di livello elevato, ad esempio, potrà avere due perk selezionabili per slot e opzioni potenziate come Enhanced Rampage o Enhanced Outlaw, rendendolo significativamente più efficace in attività ad alto livello.

Per quanto riguarda le armature, il tier determina in modo diretto la quantità di statistiche disponibili su ciascun pezzo. A livelli più alti, ogni armatura fornisce un numero maggiore di punti da assegnare alle varie stat, ampliando così le possibilità di ottimizzazione delle build. Un’armatura di tier basso può offrire tra i 40 e i 50 punti complessivi, mentre quelle di tier elevato superano facilmente i 70–80 punti, rendendo più accessibile il raggiungimento di valori alti nelle statistiche chiave, ora estese fino al nuovo limite di 200. Questo sistema valorizza non solo l’estetica o la rarità dell’equipaggiamento, ma anche la sua qualità intrinseca, introducendo una logica di grinding più chiara e meritocratica.

Kepler-10b è la nuova destinazione introdotta con The Edge of Fate, un pianeta alieno frammentato e surreale, plasmato dall’influenza dei Nove. L’ambientazione si distingue per il design fortemente verticale, la presenza di architetture instabili e l’uso esteso di portali che collegano aree distorte nello spazio e nel tempo. Oltre alle missioni della campagna principale, Kepler ospita diverse attività esplorative, tra cui eventi pubblici, missioni secondarie e segreti ambientali che premiano l’osservazione e la sperimentazione. Una delle novità più rilevanti è l’introduzione delle abilità di destinazione, come la capacità di trasformarsi in una sfera energetica per attraversare ostacoli, attivare meccanismi o raggiungere zone altrimenti inaccessibili. Su questo punto, la community si è divisa: c’è chi apprezza l’integrazione ambientale e la varietà che queste abilità introducono, e chi invece le considera ripetitive, forzate e poco incisive.

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Il Portale rappresenta l’elemento centrale della nuova esperienza di gioco introdotta con The Edge of Fate, pensato da Bungie come punto di accesso unificato per le attività stagionali, le playlist principali e gli eventi speciali. Attraverso il Portale, i giocatori possono selezionare in modo immediato e contestuale le sfide disponibili, con un’interfaccia che evidenzia obiettivi, ricompense e livello di difficoltà. Questo nuovo hub non solo semplifica la navigazione, ma riflette anche l’evoluzione strutturale del gioco verso contenuti più focalizzati e dinamici. Allo stesso tempo, Bungie ha riconosciuto che la mappa tradizionale delle destinazioni è stata messa in secondo piano, e ha già dichiarato l’intenzione di migliorarla nelle prossime espansioni per restituirle maggiore rilevanza e funzionalità. Il risultato è un sistema in transizione, in cui il Portale assume un ruolo prioritario nella gestione dell’esperienza quotidiana, mentre la mappa tornerà progressivamente a integrarsi in modo più coerente nel flusso del gioco.

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The Edge of Fate segna un ritorno ispirato per Destiny 2, capace di offrire alcuni tra i momenti narrativi più riusciti dell’intera saga e l'introduzione di un nuovo personaggio, Lodi, davvero ben caratterizzato. La storia principale delle missioni si distingue per intensità e coerenza, con nuovi personaggi ben scritti, dialoghi efficaci e un’atmosfera suggestiva che – per toni, ambientazioni e struttura – richiama a tratti la serie Loki. Anche il nuovo sistema del Portale funziona: rende più immediata l’organizzazione delle attività, consente una buona personalizzazione tramite modificatori, e permette di puntare in modo mirato a ricompense di Potere elevato. Pur non avendolo ancora testato, il raid è già stato accolto molto positivamente dalla community, e viene considerato uno dei migliori mai realizzati da Bungie.

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Tuttavia, non mancano le criticità. Il lancio è stato afflitto da numerosi bug, alcuni dei quali già riconosciuti ufficialmente dallo studio, con fix in fase di rilascio. Inoltre, una volta raggiunto il livello base di Potere 200, la progressione diventa lenta e ripetitiva: per scalare verso il cap stagionale e ottenere equipaggiamento di tier 5, è necessario investire decine di ore in attività già note, con un grind che rischia di diventare frustrante. Per molti, la soglia delle 100 che servono solo per iniziare a farmare armi e armature tier 5 sarà una barriera difficile da superare.

Marathon, Sony e le occasioni perdut

Giocando The Edge of Fate si resta con l’amaro in bocca. Bungie non è più lo studio di dieci anni fa, ma ha dimostrato di avere ancora al suo interno il talento per scrivere un arco narrativo solido e coinvolgente, e la lucidità per ripensare meccaniche fondamentali del gioco, come il nuovo sistema di statistiche e i tier di armi ed equipaggiamento. In sostanza, è stato pubblicato un Destiny 2.5 a tutti gli effetti. Ed è proprio questo il problema: con risorse limitate, Bungie è riuscita a costruire qualcosa di significativo, e questo rende ancora più evidente l’assurdità delle scelte strategiche operate dal top management — e da Sony — che hanno dirottato attenzione e investimenti su un progetto fragile come Marathon. Un titolo che, tra ritardi, ristrutturazioni e scandali, sta minando la sopravvivenza dello studio stesso. Bungie avrebbe dovuto puntare tutto su Destiny, sull’unico universo che in dieci anni è riuscita davvero a rendere vivo. The Edge of Fate poteva — e doveva — essere il primo capitolo di Destiny 3, con un motore grafico rinnovato e tutte le risorse concentrate in un progetto capace di rilanciare Bungie e tenere insieme la community per un altro decennio. Invece ci troviamo con un’espansione ben realizzata ma inevitabilmente limitata, che su Steam non ha superato i 100.000 utenti al day one. The Final Shape, appena un anno fa, ne aveva raccolti oltre 300.000. Io, che sono ancora innamorato di Destiny, continuerò a giocare, sperando che Bungie abbia fatto bene i conti... 

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