Dead Rising 2: massacro di zombie anche multiplayer
Recensione della versione XBox 360 di Dead Rising 2, l'action sul massacro di zombie che adesso introduce anche la componente multiplayer.
di Jonathan Russo pubblicato il 08 Novembre 2010 nel canale VideogamesXboxMicrosoft
McGyver contro gli zombie
La novità più importante di Dead Rising 2 però sta nella differenza tra Chuck Greene e il vecchio personaggio, Frank West. Frank era un fotoreporter, e in DR1 c’era la possibilità di fare fotografie agli zombie, a volte scattando immagini davvero particolari. Questa meccanica però è scomparsa insieme a Frank, sostituita da qualcosa che ha un impatto molto più diretto sul gioco e sul gameplay: Chuck è una sorta di “McGyver”, bravissimo nei lavori manuali e capace di prendere due oggetti comuni e trasformarli in un’arma pensata per devastare gli zombie nei metodi più cruenti. Per farlo basterà semplicemente avere i due oggetti e trovare un tavolo da lavoro… il resto sta alla fantasia del giocatore (e dei programmatori). Avete a disposizione una scatola di chiodi e una mazza da baseball? Chuck sarà ben lieto di combinarli insieme per farne una mazza chiodata.
Avete un’ascia da pompiere e un martello da demolitore? Chuck riuscirà a metterli insieme per farne un… beh, un martellone con delle lame sui lati. Alcune combinazioni sono davvero peculiari: il trailer del gioco mostrava ad esempio la possibilità di creare l’ormai celeberrimo “secchio coi trapani”, da far indossare a mo’ di elmetto agli zombie. Ma le possibilità sono davvero tante: la sedia a rotelle con la batteria per creare una sedia elettrica, la pistola ad acqua con la benzina per il lanciafiamme… c’è persino la spada laser! Insomma la Capcom ha preso un elemento già particolarmente positivo di DR1, l’enorme arsenale più o meno ortodosso, ed è riuscita a renderlo ancora più interessante dando la possibilità di creare armi originali e divertenti.
Usare queste armi “combo” ha tra l’altro dirette implicazioni di gameplay, non solo perché sarà più facile uccidere zombie e boss usando quelle al posto delle armi ‘convenzionali’, ma anche perché comporta molti più punti esperienza, permettendo a Chuck di crescere più rapidamente di livello.
Proprio come nel primo gioco, dal livello dipendono i punti ferita, la forza, le mosse speciali e soprattutto gli slot dell’inventario di Chuck: il primissimo approccio col gioco è di solito quello più frustrante, perché avendo un personaggio molto limitato e capace di portare con sé pochissimi oggetti è facile ritrovarsi sommersi dagli zombie e costretti a fare affidamento ad armi di fortuna (bidoni della spazzatura, panchine di legno… ci sono persino i falli di gomma).E’ inoltre possibile in qualunque momento ricominciare il gioco, sia di propria iniziativa sia dopo essere morti o dopo aver fallito la missione principale, esportando Chuck e ricominciando quindi col il protagonista al livello a cui era arrivato prima.
A questo proposito è probabilmente lecito chiedersi, specie per chi non ha giocato al primo capitolo, quale sia il livello di difficoltà in un gioco che ti dà la possibilità di usare un’ascia combinata con un martello gigante per uccidere dei nemici lenti, barcollanti e non particolarmente intelligenti. Non è una domanda scontata, ma spero sia sufficiente rispondere che la Capcom è riuscita (per la seconda volta del resto) a trasmettere alla perfezione sia il senso di pericolo sia il senso di grottesca ridicolaggine degli zombie come antagonisti narrativi.
Di per sé, gli zombie in Dead Rising non fanno niente più che ciondolare in giro e cercare di afferrare il protagonista (o eventualmente i sopravvissuti). Tuttavia, anche con un arsenale senza fine a disposizione (e tenendo conto che comunque le armi in Dead Rising tendono a consumarsi molto velocemente, facendo correre il rischio a Chuck di trovarsi a mani nude), gli zombie sono davvero, davvero tanti. Questo è un merito principalmente del motore di gioco, che gestisce senza problemi una mole spaventosa di personaggi su schermo. Certo non c’è un’IA particolarmente elaborata dietro il comportamento degli zombie… ma di certo nessuno si aspettava zombie dallo spiccato senso tattico.
Insomma basta un attimo di distrazione, o di sfortuna, e il rischio di finire tra le braccia marcescenti di un non morto è sempre in agguato; come se non bastasse seguendo la storia principale Chuck avrà comunque tempi contingentati, e quando l’orologio comincia a segnare l’ora X per la prossima missione, doversi districare tra le centinaia di cadaveri ambulanti può risultare tanto snervante (in senso positivo) da portare il giocatore a uno sbaglio, una disattenzione, un passo falso, e insomma ecco di nuovo lo zombie infame che ti dà un morso. Non parliamo poi dei sopravvissuti, a cui bisogna prestare un occhio mentre li si scorta verso il rifugio, e dovendo badare anche a loro il rischio di trovarsi circondati aumenta ancor di più.
A proposito dei sopravvissuti, a un primo impatto sembra che la loro intelligenza artificiale sia migliorata rispetto al primo gioco: i casi in cui l’npc di turno si blocca in mezzo all’orda di zombie anziché correre verso il protagonista sono drasticamente diminuiti, e in generale i sopravvissuti tendono a badare molto più alla propria salute, e anche a difendersi meglio dai morti viventi. Come nel primo gioco, in alcuni casi è possibile prendere in braccio certi npc (ad esempio quelli feriti e non in grado di camminare), oppure dar loro una delle nostre armi in modo che possano difendersi. Un problema che invece è rimasto ed è stata fonte di notevoli incomprensioni tra il “mio” Chuck Greene e gli altri npc è il fatto che risulta fin troppo facile colpire accidentalmente i survivors quando si è circondati dagli zombie, ed è praticamente impossibile evitarlo se a essere circondato è il sopravvissuto. Il problema è che non solo in questo modo gli si tolgono punti ferita , ma c’è il rischio concreto che gli vengano anche i cinque minuti e, stufo di prendere legnate, diventi ostile e cerchi di ucciderci, costringendoci a farlo secco.
Un’altra cosa che lascia un po’ l’amaro in bocca è che come nel primo gioco, pur essendo i survivors quasi sempre molto “simpatici” nella loro caratterizzazione (piccolo esempio: la showgirl vestita da sirena che bisogna portare in salvo in braccio, perché sotto il costume non indossa la biancheria e si rifiuta di togliersi la coda e camminare nuda), lo sono però solo a un livello molto superficiale, perché una volta portati in salvo restano presenti nel rifugio solo come “manichini” senza alcuna linea di dialogo, possibilità di scambiare due chiacchiere o che altro. Insomma è molto divertente andare nel Casinò e salvare la spogliarellista ubriaca rimasta chiusa nello stanzino della lap dance, o portare in salvo la donna di mezza età che si lamenta di essere stata abbandonata dal marito vigliacco, però è un peccato non poter poi scambiare qualche altra battuta con questi personaggi, una volta portati al sicuro tra le mura del rifugio.
Infine, un’ultima menzione la meritano gli psicopatici, ovvero i boss che ci troveremo a combattere dentro e fuori la storia principale. Sono tutti estremamente grotteschi e basati, come nel primo gioco, su picchi di follia della propria personalità (il cuoco che cerca di preparare il pasto perfetto a base di carne umana, l’illusionista che cerca di replicare il trucco della donna segata in due…), e pur non essendo particolarmente difficili rappresentano in linea di massima una degna sfida, anche se spesso i problemi principali nel combatterli sono causati dal sistema di controllo di Chuck non proprio fluidissimo. Solitamente basta imparare come e quando schivare gli attacchi e avere nell’inventario un’arma efficace per risolvere senza problemi i combattimenti.