Le luci e le ombre di Alan Wake

Le luci e le ombre di Alan Wake

Remedy e Microsoft hanno finalmente deciso di mostrare alla stampa specializzata Alan Wake, il thriller psicologico prodotto -in esclusiva per Xbox 360- dal team finlandese, che sarà nei negozi a partire dal 21 maggio.

di pubblicato il nel canale Videogames
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Setting

Evitando di addentrarsi in modo troppo approfondito nelle vicende che coinvolgeranno da qui in poi Alan, Alice e gli abitanti di Bright Falls, è giusto fare un primo bilancio per quanto riguarda setting, storia e narrazione.

Anzitutto la location. Remedy ha consapevolmente scelto il Nord Ovest degli Usa, per ambientare il proprio thriller. Si tratta di una terra meravigliosa, ancora scarsamente penetrata dall'urbanizzazione. Lì l'uomo vive ancora grazie alla natura e immerso in essa. Lì le persone si organizzano in piccole comunità –solitamente sorte attorno a qualche risorsa naturale particolarmente utile- che sanno essere estremamente aperte e ospitali, ma anche compatte e monolitiche quando le cose non vanno per il verso giusto. D'un tratto, vista la lontananza della città, i grandi spazi possono farsi ostili e isolati e le persone ospitali e rustiche, possono tramutarsi in ostili e strane. Non a caso, il Pacific Northwest è lo scenario di numerosi film horror e serie Tv inquietanti (su tutti Twin Peaks, che Remedy ammette di aver avuto come grande fonte di ispirazione).

Avendo trascorso lo scorso autunno in Oregon, posso tranquillamente affermare che il lavoro di Remedy sul setting va al di là di ogni più rosea aspettativa: per quello che si è potuto fin qui vedere, il team finlandese è riuscito a catturare molto bene l’aria che si respira nelle regioni occidentali degli Stati Uniti. I colori, le strade, le costruzioni, i veicoli, i rumori, gli scorci e le persone: tutto è assolutamente credibile, provare per credere. Questa precisione aiuta tantissimo a rendere le vicende di Alan ancora più credibili. E per questo disturbanti. E, parlando per il sottoscritto, il setting prescelto ha pochi rivali –quanto a fascino e spettacolarità- nel mondo.

La storia mescola abilmente tributi, citazioni e cliché tipici degli horror, con idee nuove e accattivanti. Lo scrittore che ha perso l'ispirazione, il paesino del country-side nord occidentale, i personaggi stereotipati che lo popolano (e per questo immediatamente conosciuti e credibili), la scomparsa che colpirà Alan dopo pochi minuti di gioco, le visioni, le entità maligne simil-poltergeist con cui si avrà a che fare… Tutti elementi presi in prestito, ma abilmente rimescolati e che paiono funzionare a dovere. In Alan Wake troviamo Twin Peaks, X-Files, Stephen King ma anche Silent Hill (Henry Mason, main character del primo capitolo dell’horror di Konami, era uno scrittore che, dopo un incidente stradale, si addentrava nella nebbia della cittadina del country-side statunitense in cerca della figlioletta scomparsa: vicenda molto molto simile a quella di Alan), Alone in the dark e il mai troppo celebrato Eternal Darkness.

Questo citazionismo non stanca né annoia. Supportati da interessanti caratteristiche peculiari (come il ruolo della moglie e dell’agente di Alan, il progressivo ritrovamento delle pagine di un libro di Alan ma non ancora scritto da Alan, che sembra raccontare con precisione assoluta quanto lo scrittore sta vivendo, l’alternanza sconclusionata e spiazzante di realtà e sogno e di luce e buio…), questi déjà vu prendono gli elementi migliori dei capolavori del genere thriller/horror, rendendo la storia di Alan Wake da vivere.

Qualche perplessità in più per quanto riguarda lo stile di narrazione. Se da un lato, nelle due ore scarse di gioco, abbiamo potuto apprezzare una regia seria, consapevole e a tratti spettacolare che –con i giusti tagli di camera e il tempismo corretto- sapeva alternare il giocato al visto, coinvolgendoci nell'inquietante tragedia di Mr. Wake, regalando anche delle cut scene solide, non altrettanto si può dire del sistema di gestione dei dialoghi in-game. L'interazione con i personaggi non giocanti, infatti, è sempre passiva e automatica: Alan stazionando in prossimità degli altri personaggi li attiva automaticamente e così li può ascoltare.

In pratica, il giocatore non ha voce in capitolo nei dialoghi. E raramente e limitatissimamente è chiamato a compiere delle scelte conseguenti ai dialoghi. Per esempio, dopo aver ottenuto le chiavi della baita, ci sarebbe piaciuto approfondire la conoscenza della nostra prima fan a Bright Falls, la cameriera del diner. Ma, anche soffermandosi nei pressi della biondina, non si ottenevano altro che frasette circostanziali, del tutto inappropriate per chi ha l'occasione di conoscere il proprio idolo indiscusso, con l'incombenza della nostra Alice che, dall'auto, ci chiamava. Addirittura, dopo qualche istante, è lo stesso Alan a segnalarci di voler lasciare il locale. Certo: è Remedy ad avere le redini, a raccontare la storia. Ma è altrettanto certo che qualche divertissement addizionale e qualche piccolo bivio marginale non ci avrebbe guastato né l’esperienza di gioco, né la storia.

 
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