Monolith torna a far paura: ecco F.E.A.R. 2

Monolith torna a far paura: ecco F.E.A.R. 2

La software house di Blood, Shogo, Aliens vs Predator 2 e No One Lives Forever ha presentato F.E.A.R. 2: Project Origin, il seguito di uno degli shooter di maggior successo degli ultimi anni. slow motion e tensione alle stelle sono ancora i cardini della serie. All'interno un'intervista a Dave Matthews, art leader principale di Monolith Productions.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Gameplay

Per quanto ci siano innegabilmente diverse innovazioni in FEAR 2, il gioco punta principalmente sugli elementi che hanno consegnato il successo al predecessore, ovvero tensione e spettacolari sequenze di combattimento in slow motion. A corredo di questo zoccolo duro molto è cambiato, soprattutto per ciò che concerne la varietà e la struttura dei livelli di gioco, principale difetto del primo FEAR, ma il giocatore che ha apprezzato il predecessore per gli elementi che abbiamo appena citato non rimarrà spiazzato da questo seguito.

Dicevamo che il principale difetto di FEAR era legato alla struttura dei livelli di gioco, eccessivamente ripetitivi, dotati di colori troppo poco vivaci, e schematici nella struttura. Monolith ha lavorato molto su questo aspetto, impostando praticamente il restyling del motore grafico sulla necessità di rendere il gioco più vario. Dalla versione dimostrativa che abbiamo avuto modo di vedere si notano evidenti passi in avanti: FEAR 2 recepisce le introduzioni degli ultimi sparatutto, proponendo al giocatore situazioni sempre nuove con ambienti di gioco coinvolgenti e capaci di fornire sfide sempre diverse.

D'altra parte, qualcosa è rimasto immutato nelle proporzioni degli stessi livelli di gioco e nelle geometrie che riguardano le fattezze degli oggetti. Insomma, giocando a FEAR, sia nel primo come in questo secondo capitolo, si nota che c'è qualcosa alla base che non cambia, e che ti porta ad agire nello stesso modo. Quindi ribadiamo che se da una parte è vero che molti elementi di contorno sono cambiati, dall'altra lo zoccolo duro di FEAR è rimasto immutato.

Un elemento che i ragazzi di Monolith hanno migliorato e che avvicina ancora di più FEAR 2 agli ultimi shooter riguarda l'interazione con gli ambienti di gioco. Adesso si vedono le mani dell'alter ego toccare gli oggetti per spostarli o per farsi forza e scavalcarli. La fisica di gioco è curata come nel predecessore, perché moltissimi oggetti, il cui numero dipende dai livelli di gioco, reagiscono ai colpi del giocatore. Inoltre, quasi tutti gli oggetti dipendono dalle leggi della fisica: quindi potrebbe capitare di attraversare un corridoio in cui Alma scatena le sue forze e fa muovere tutti gli sportelli degli armadietti. In questi frangenti la sensazione di essere lì è molto alta, e il coinvolgimento di tutti gli oggetti dello scenario contribuisce ad accrescere questa sensazione.

Non si può parlare di FEAR senza scomodare lo slow motion, la vera anima del gameplay del predecessore. Nei livelli che ci sono stati mostrati alla presentazione, lo slow motion non era molto presente, ma in realtà Dave Matthews, art leader principale di Monolith, ci ha spiegato che andando avanti nel gioco lo slow motion diverrà sempre più importante, fino a riacquisire la centralità nel gameplay che aveva nel primo FEAR. Le meccaniche, da questo punto di vista, non cambiano di un centimetro rispetto al predecessore: rallentare il tempo è fondamentale per fare fuori contemporanemaente più avversari. L'azione risulta rallentata, la visuale è distorta e, come sempre, noteremo lo spostamento d'aria causato dai proiettili e quindi la loro traiettoria fino al corpo del nemico di turno.

Intelligenza artificiale. Siamo nuovamente su livelli di eccellenza, come capitato anche con il predecessore. I soldati sfruttano l'ambiente di gioco per coprirsi dalle nostre pallottole e intuiscono la via migliore per raggiungerci saltando su oggetti o spostandoli. Possono anche crearsi delle coperture, e questa è una novità, agendo sugli oggetti dello scenario: ad esempio, possono tirare verso di sé un tavolo e mettersi dietro per proteggersi. Anche lo stesso giocatore può interagire con questi oggetti per crearsi delle barriere.

Inoltre, i nemici gestiti dall'intelligenza artificiale sono coscienti dei cambiamenti agli ambienti e reagiscono di conseguenza. La novità è che adesso collaborano tra di loro con maggiore efficacia, mettendo a punto delle vere e proprie strategie di attacco e di difesa. Questo accade anche sul versante del giocatore, visto che adesso deve collaborare anche lui con personaggi gestiti dall'intelligenza artificiale. I nostri compagni di avventura sanno organizzarsi, capiscono come difendersi l'un l'altro dandosi vicendevole sostegno e sanno come aiutarci.

In una delle sequenze di gioco mostrate alla presentazione, si guidava un grosso mech e si combatteva in uno dei nuovi spazi aperti, precisamente nei vicoli di una città moderna. Il mech è divertente da pilotare e devastante nelle sue armi, il cui fuoco incide sui livelli di gioco, distruggendoli e deformandoli in alcune parti. Tutto sommato, però, queste sezioni di gioco non rendono lo stesso feeling dei combattimenti con lo slow motion, in cui si evidenzia, invece, l'intelligenza artificiale di FEAR, la precisione nella ricostruzione delle armi e la frenesia dell'azione.

FEAR 2 mette paura come faceva il predecessore. Alcune parti dei livelli di gioco sono state pensate proprio in questo senso: il giocatore ha una visibilità limitata e quando vede si accorge di essere attorniato da pozzanghere di sangue, oltre che sentire tutta una serie di rumori e di urla strazianti. Quella che abbiamo rapidamente descritto è solamente una delle tante circostanze in cui la tensione è su altissimi livelli.

 
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