Chronicles, Assassin's Creed non in 3D ma in 2,5D
Abbiamo avuto modo di completare il secondo dei tre episodi di Assassin’s Creed Chronicles e il nuovo appuntamento ci ha condotti in India, nel pieno della dominazione inglese di metà ottocento. Rispetto a China abbiamo riscontrato alcuni tiepidi passi in avanti, ma rimangono anche vari problemi irrisolti.
di Davide Spotti pubblicato il 27 Gennaio 2016 nel canale VideogamesUbisoftAssassin's Creed
Arbaaz e il diamante Koh-i-Noor
A metà ottocento Assassini e Templari sono molto attivi anche in territorio indiano. La lotta viene portata avanti su più fronti ma ha sempre un unico e comune denominatore: la ricerca e l’utilizzo dei potenti manufatti dei Precursori. Arbaaz Mir ha recuperato il diamante Koh-i-Noor dal palazzo del maharaja, sottraendolo alle cure e al controllo della fazione templare. Il mentore del giovane assassino è convinto che la pietra possa essere un nuovo Frutto dell’Eden ed è interessato ad evitare che rimanga in mani sbagliate.
Il momento è delicato, l’uccisione del maharaja Ranjit Singh ad opera di Francis Cotton ha gettato la regione nel disordine, gli inglesi stanno cercando di approfittare della situazione per accrescere la loro influenza nell’area, mentre i templari sembrano intenzionati ad infiltrarsi nella Compagnia delle Indie Orientali per trarne vantaggi strategici. Arbaaz dal canto suo desidera introdursi segretamente nel Palazzo d’estate di Amristsar, incurante della minaccia templare, per provare a sedurre la bella principessa Pyara.
Gli eventi narrati rappresentano poco più di un pretesto e non sono necessari per approfondire con nuovi particolari la storia che lega tutti i capitoli della serie, della quale peraltro abbiamo smarrito il filo conduttore almeno da Revelations in avanti. Di fatto Assassin’s Creed Chronicles si pone in linea di continuità con l’approccio più recente scelto da Ubisoft Montreal per i capitoli principali, non richiedendo che il giocatore abbia terminato le altre storie o possieda una conoscenza precisa delle fazioni e degli eventi più macroscopici.
Esattamente come nel predecessore, anche AC India si sviluppa attraverso scenari lineari a due dimensioni. A dire la verità si tratta di un approccio 2.5D, nel senso che in alcuni frangenti è possibile muoversi da un piano all’altro delle mappe, talvolta verso la linea dell’orizzonte e in altri casi avvicinando Arbaaz al giocatore. Questa impostazione ha reso il sistema di controllo un po’ approssimativo, specialmente nel momento in cui ci si deve muovere lungo cornicioni posti perpendicolarmente alla visuale di gioco. Restiamo convinti che, sotto questo aspetto, l’introduzione di una fittizia profondità di campo avrebbe dovuto essere ottimizzata con maggior dovizia. Anche la reattività dei comandi avrebbe potuto essere migliorata, rendendo più dinamiche le scelte operate dal giocatore durante le fasi di fuga o di combattimento. Pensiamo soprattutto agli attacchi corpo a corpo, all’impiego del rampino e alla rapida discesa da scale e sporgenze che, nei momenti in cui è richiesta velocità d’esecuzione, possono rivelarsi poco fluide.