The Order 1886: una gioia per gli occhi

The Order 1886: una gioia per gli occhi

Curiosando sui social, nelle giornate a ridosso dell’uscita di The Order, mi sono reso conto di come, tra gli addetti ai lavori, fosse montata prepotente corrente denigratoria nei confronti della realizzazione di Ready at Dawn. In molti gridavano alla cocente delusione. Come reazione, colpito da tanto accanimento (abbastanza inusuale nel Bel Paese videoludico), mi sono ben guardato dal leggere recensioni o pareri, preferendo buttarmi a capofitto nella Londra ‘alternativa’ di The Order.

di pubblicato il nel canale Videogames
SonyPlaystation
 

Azione continua, fuoco di copertura e ritmi elevati

Le diffuse critiche circa la lunghezza di The Order e circa i troppi tempi morti presenti nel gioco, a mio parere, sono decisamente ingenerose. La durata dell’avventura è superiore alla maggior parte degli shooter moderni e può vantare il pregio di non conoscere alcuna vera interruzione e, soprattuto, di non ricorrere a nessun espediente per allungarsi in modo pretestuoso (niente esplorazioni fini a sé stesse, nessun back-tracking). In più, il tutto si sviluppa ad alti ritmi e con una varietà di situazioni e di sfide da affrontare.

Strutturalmente, The Order si configura come uno shooter in terza persona che fa del gioco di coperture il proprio cardine. Un po’ come Gears of War, per intenderci.

In questo senso, The Order funziona ma non esalta. Gli scontri si susseguono con buon cadenza, ma non sono realistici visto che in troppe occasioni si limitano a proporre un’insensata fiumana di nemici all’assalto della postazione più o meno difesa dal giocatore. Poco realismo, insomma. E un po’ poca strategia.

Meglio quando è il giocatore ad avanzare verso una destinazione: sfruttando l’ambientazione come riparo e l’articolazione dello scenario per decidere come condurre l’attacco, il divertimento è maggiore.

L’IA non brilla per inventiva o coordinazione, però è solida: giocando al massimo livello di difficoltà (scelta che raccomando con decisione), avremo rivali coriacei che seppur privi di una pianificazione nei movimenti particolarmente accorta, riescono a non risultare solo bersagli inutili e facili. Tra una fase di fuoco e l’altra, avremo scene di narrazione in-game, alternate a quick time event che ci consentiranno di compiere azioni spettacolari per consentirci di proseguire nella nostra avanzata. Il sistema è ben studiato perché, tolte alcune scene narrative di vera ‘passività’, consente all’utente di avere sempre qualcosa da fare. Per quanto riguarda i QTE - di cui sono da sempre un convinto sostenitore - hanno, nel caso di The Order, la pecca di essere sempre un po’ troppo facili.

Quello che manca in maniera più colpevole, nei livelli di gioco, è un motivo per spingerci all’esplorazione dei bellissimi ambienti creati da Ready at Dawn. Al di là di qualche documento (scritto o fotografico) e di qualche registrazione (assurdamente non ascoltabile all’esterno dei menu dell’inventario: Bioshock non ha insegnato nulla?) non troveremo nessun segreto, nessun bonus, nessuna gratificazione. Peccato, perché gironzolare con costrutto per i bei livelli di gioco, sarebbe stato decisamente meglio.

Discorso a parte meritano gli scontri con i Lycan. Ne esistono di due tipi, quelli corpo a corpo contro esemplari particolarmente forti e quelli a fuoco, contro esemplari ‘inferiori’.

I primi sono interessanti: costituiti da un mix di QTE (purtroppo sempre troppo semplici) e affondi all’arma bianca. I secondo sono probabilmente la cosa più brutta di The Order. I Lycan attaccano sempre in ambienti chiusi e pieni di ostacoli (spesso magazzini). Essi si muovono tristemente su binari, lanciandosi su Galahad e ritornando sotto copertura seguendo sempre gli stessi tracciati. Davvero uno sconfortante anacronismo che, una volta compreso, renderà gli scontri con i mutaforma facili e deludenti.

 
^