Recensione Assassin's Creed Unity: la Rivoluzione conservatrice

Recensione Assassin's Creed Unity: la Rivoluzione conservatrice

Il lancio di questo ennesimo capitolo della saga di Assassin’s Creed è stato particolarmente travagliato, soprattutto per le reiterate problematiche di natura tecnica. Nei panni di Arno Dorian veniamo catapultati nella delicata epoca rivoluzionaria, in una Parigi minuziosamente ricreata. Le fasi stealth sono state riviste rispetto a Black Flag, così come il sistema di combattimento, sebbene l’impressione generale trasmessa dal gioco ci sia sembrata fin troppo simile alle esperienze già vissute in passato.

di pubblicato il nel canale Videogames
Assassin's Creed
 

Arno, Elise e la Rivoluzione Francese sullo sfondo

Lo scorso anno, durante la campagna di Black Flag, ci era stata svelata Abstergo Entertainment, società satellite della Abstergo Industries che aveva come scopo quello di ricostruire dai ricordi degli antenati una serie di prodotti destinati al mercato dell’intrattenimento. Il progetto aveva incontrato l’opposizione di alcuni hacker, noti come Collettivo Erudito, che avevano l’obiettivo di svelare la verità celata alle spalle di Abstergo. In Unity la potente società massonica prosegue nella propria attività e consente al pubblico di toccare con mano i ricordi dei propri predecessori.

All’inizio del gioco si rivive un fugace ricordo nei panni di un Templare al servizio di Jacques de Molay, Gran Maestro dell’ordine che grazie all’inganno venne imprigionato e messo al rogo nel 1314, destabilizzando la guerra secolare con gli Assassini. Il misterioso protagonista dell’epoca presente viene svegliato da una donna, che gli parla attraverso lo schermo dell’Animus e gli rivela i discutibili piani della società di matrice templare. Gli chiede quindi di supportare la causa degli Assassini, eseguendo delle attività di ricerca e ripercorrendo fasi rilevanti della vita di Arno Dorian, un giovane francese il cui padre è stato misteriosamente assassinato in giovane età e la cui storia è intrisa di troppe domande e un forte desiderio di rivalsa.

A ben vedere, questa evoluzione del personaggio principale è un punto comune ad altri protagonisti della saga, da Connor Kenway ad Ezio Auditore, anche se l’esponente francese dell’Ordine sembra avere maggiori punti in comune con quest’ultimo. Questa somiglianza è anche uno dei principali problemi che si porta dietro il protagonista nel corso della sua storia, non tanto per le analogie quanto per l’impossibilità di collocarsi ai medesimi livelli carismatici del protagonista di Assassin’s Creed II, Brotherhood e Revelations. Sì perché Arno ricorda Ezio nell’espressività, nella convinzione e abnegazione per la ricostruzione di una verità celata, nel sottile sarcasmo della sua dialettica. Eppure manca sempre qualcosa per poterlo collocare a buon diritto a fianco del suo predecessore rinascimentale. O forse è proprio quel sapore di già visto e già sentito a non renderlo egualmente appetibile.

Ma la storia del giovane Dorian è anche strettamente intrecciata, a doppio filo, alle vicende di una donna, conosciuta per la prima volta proprio nel giorno in cui il padre di Arno venne assassinato. Elise de la Serre è l’altro personaggio fondamentale di Unity, buona parte delle vicende narrate ruotano intorno alla sua figura e all’assassinio del padre Francois De la Serre, anch’egli al centro di un intrigo segreto, di una matassa che dovrà essere svelata passo dopo passo dal giocatore.

Nei mesi scorsi Ubisoft è stata accusata di misoginia, a causa di una inedita modalità cooperativa che in Unity non avrebbe permesso di impersonare personaggi di sesso femminile. Come aveva spiegato la casa francese, l’introduzione di personaggi donna avrebbe aumentato la quantità di risorse richieste per lo sviluppo, soprattutto in termini di animazioni e realizzazione dei costumi. Erano ovviamente state messe da parte questioni ideologiche, adducendo soltanto motivazioni di carattere strettamente tecnico. Dopo aver giocato a fondo la campagna, le accuse avanzate agli sviluppatori ci sono risultate a maggior ragione singolari. Sì perché Unity è Elise, quasi più di Arno. Sebbene non sia personaggio giocante è lei il filo conduttore dell’intera vicenda e, sotto il profilo della riconoscibilità e del carisma, riesce ad essere più convincente del suo compagno d’avventure, proprio perché non è possibile avere un metro di paragone con altri personaggi precedenti. L’unico tentativo è quello di Aveline, protagonista di Assassin’s Creed: Liberation, che tuttavia se ne discosta sia per l’aspetto che per una delineazione psicologica non particolarmente pronunciata.

La questione legata al carisma del protagonista passa però in secondo piano nel momento in cui si vanno ad analizzare la qualità dell’intreccio narrativo e dei fatti che si susseguono. E ancora una volta la pietra di paragone non può che essere costituita dai titoli incentrati sulla vita di Ezio, sia per motivi contenutistici che per l’impostazione dello scenario. In varie sequenze i fatti vengono descritti in modo confuso, mancano i dovuti riferimenti, capita di dover andare a cercare nel menù dettagli sui personaggi appena visti sulla scena per cercare di cogliere quei particolari che sembrano essere sfuggiti ma che in realtà non sono affatto presenti. Per quanto attiene al setting, sebbene Parigi abbia un fascino innegabile non si può nascondere un passo indietro della saga rispetto a Black Flag e il ritorno a un’esperienza sandbox che a tratti ci è sembrata davvero troppo simile a quella già vissuta, anni or sono, sia in Brotherhood che in Revelations.

Una novità assoluta di questo capitolo, anche dal punto di vista narrativo, è invece costituita dalle Fratture temporali. Di tanto in tanto la stabilità dell’Animus verrà alterata e il protagonista si vedrà trasportato improvvisamente dalla rivoluzione francese ad epoche più recenti, come la Parigi della Belle Epòque oppure del ventesimo secolo. Questo tipo di eventi si interfaccia con la trama e darà modo di ottenere anche ulteriori dettagli sugli interlocutori che si intravedono di tanto in tanto nel corso della campagna, identificati con singolari nomi in codice di stampo religioso. L’idea è carina ma l’interazione nel corso di queste sequenze avrebbe potuto e dovuto essere un po’ più approfondita per poterle considerare degne di nota nell’economia complessiva del gioco.

 
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