Quanti giocatori arrivano alla fine di un videogame?

Quanti giocatori arrivano alla fine di un videogame?

Silvia aggiorna la sua rubrica su Gamemag con un tema che sta a cuore a molti videogiocatori. Oltremanica, infatti, un interrogativo sta facendo impazzire studiosi e giornalisti: quanti giocatori finiscono davvero un videogame?

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Questione di intelligenza?

Nicholas Lovell, per esempio, uno dei più rinomati giornalisti londinesi con la passione per i videogame (e… le barche a vela), in suo articolo parla del fatto che in media un videogioco ad episodi, del tipo di Final Fantasy, per intenderci, perde la metà dei suoi giocatori ad ogni nuova uscita, sottolineando che in questo campo i giochi free-to-play la fanno, come al solito, da padrone, dal momento che, di fatto, non arrivano mai ad una fine.

Lovell viene parzialmente smentito dai suoi lettori che mettono in evidenza alcuni dei problemi fondamentali dell'industria dei videogiochi:

a) Se si può giocare a un gioco-ad-episodi in beta… il giocatore lo farà di certo e non andrà a compare la versione finale, perché saprà già come finisce la storia;
b) Se si tratta di un gioco ad episodi a sé stante, i giocatori faranno il tutto esaurito nei negozi per conoscere la nuova storia che si nasconde dietro al nuovo episodio.
c) Si può sempre patchare un gioco a pagamento per sfruttare i vecchi giocatori aficionados.
d) Quando si compra un gioco con i suoi sequel e/o episodi, il giocatore non paga per una storia senza fine, ma per un'esperienza di gioco senza fine.
e) Quando si lancia un game-episode gli introiti non vengono tanto dai giocatori che hanno giocato agli episodi precedenti, ma dal merchandising connesso al nuovo episodio.

Bruce Philips, ricercatore presso i Microsoft Game Studios, invece, cerca di porre l'accento sulle ragioni che spingono i giocatori a smettere di giocare e quali attrattive si possano fornire loro per spingerli a fare la scelta contraria.

Philips sostiene che la giusta misura stia nel mezzo, ossia è vero che la maggior parte dei videogiochi sono per definizione complicati, ma tutti sanno che non è divertente né perdere continuamente, né vincere facile. Un videogioco per avere successo, deve perciò possedere un mix equilibrato tra questi due aspetti.

Sembra che le strategie non convenzionali utilizzate da Microsoft per catturare l'attenzione dei giocatori siano:

1. La manipolazione della difficoltà del gioco attraverso l'uso di tutorial;
2. Aggiustamenti dinamici della difficoltà;
3. Ompostazioni di difficoltà scelte dall'utente;
4. Sistemi di feedback;
5. Comandi user-friendly;
6. Suggerimenti in game.

Un altro aspetto interessante è che quando un giocatore non ne vuole più sapere del gioco, non si limita ad appendere il controller al chiodo, ma lo racconta ad amici e parenti, o peggio, lo scrive su Facebook! E questa non è certo buona pubblicità per le case produttrici.

Dato sconcertante è che il 30% dei giocatori Xbox LA nel 2008 non è mai arrivato alla fine dei giochi che ha acquistato.

Philips suggerisce che ci siano almeno due strategie da applicare per sovvertire queste percentuali:

  • meglio rapportarsi con i giocatori e con i loro feedback;
  • meglio definire gli obiettivi da assegnare al giocatore

Pare, infatti, che un fattore importante nella risposta di un giocatore al fallimento sia la sua percezione del motivo per cui il fallimento si è prodotto. Coloro che ritengono che il fallimento sia il risultato di fattori immutabili, come le capacità innate o l'intelligenza, sono anche coloro che abbandoneranno più facilmente un gioco.

In sostanza, bisogna convincere il giocatore che il fallimento dipende da fattori variabili che possono essere modificati per tentativi e cambi di strategia. In altre parole: è tutto nella testa del giocatore!

Psicologia inversa, quindi: si fa credere al giocatore di essere un grande stratega stupido e il giocatore vedrà la sfida di mostrare la sua intelligenza come uno stimolo per continuare a giocare e applicare le sue incredibili doti di stratega!

 
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