Survival horror alla luce del sole: Resident Evil 5
L’invasione degli zombie non è finita. Non sono bastati Dead Rising e il più recente pezzo da novanta Left 4 Dead a far passare la voglia di riempire di piombo orde senza fine di cadaveri ambulanti: e chi se non il re dei survival horror poteva farsi avanti per accontentare i giocatori della console di casa Microsoft?
di Jonathan Russo pubblicato il 12 Febbraio 2009 nel canale VideogamesMicrosoftResident Evil
Gameplay
Per farla breve, il gameplay di questo Resident Evil è sostanzialmente lo stesso di quello del 4, ma l’anno corrente è il 2009 e non più il 2005. Torna la visuale da dietro le spalle, ma dopo essere già stata sdoganata nel corso degli anni da giochi come Gears of War. Torna la sensazione opprimente che ogni pallottola conti quando si mira alla testa di uno dei dieci zombie sullo schermo, ma oggi come oggi la necessità di essere perfettamente immobili per sparare sembra un po’ una limitazione.
La stessa limitazione diventa assolutamente evidente quando si usa il coltello, ovvero l’arma corpo a corpo di base di cui sia Chris che Sheva sono dotati: per poter usare il coltello, esattamente come per le armi da fuoco, è necessario rimanere immobili. Il che richiede anche un occhio clinico da professionista per capire se il nemico è a distanza abbastanza ravvicinata da essere colpito con un fendente… più di una volta capita di trovarsi circondati da un gruppo di zombie, estrarre il coltello e menare colpi all’aria, mentre i nemici pian piano ci accerchiano (visto che per attaccare bisogna essere immobili).
Non è ancora tutto: è completamente assente, nel gioco, qualunque forma di “gesto atletico” volto a disimpegnarsi rapidamente da situazioni pericolose. Insomma, niente “saltino” alla Gears of War, niente strafe rapido per liberarsi da un nemico e correre verso la salvezza (o verso un nemico più vulnerabile). Nelle situazioni più concitate, questa mancanza diventa davvero evidente e spesso causa morti orribili e immeritate.
Ultimo difetto: torna il sistema di inventario “a griglia”, una piccola finestra con uno spazio limitato a cui accedere per cambiare armi, usare medikit (le famose piantine combinabili di Resident Evil) e così via: è un sistema sinceramente piuttosto scomodo, poco adatto alla necessità di cambiare rapidamente arma da fuoco nel mezzo di un combattimento concitato contro un boss di fine livello o in spazi ristretti contro una moltitudine di nemici. Perlomeno nella demo stupisce la mancanza di hotkeys a cui bindare armi e medikit, i tasti direzionali su Xbox 360 andrebbero benissimo… auspicabilmente sarà un dettaglio introdotto prima della release.
Del resto, vale la pena ribadire che probabilmente i fan della saga si sentiranno a loro agio con i comandi e con l’impostazione del gameplay: è indiscutibile che trovarsi immobili a mirare alla testa di uno zombie, sapendo che altri sei si stanno avvicinando da ogni direzione e che ogni pallottola e ogni secondo può fare la differenza, contribuisce ad aumentare il clima di tensione e ansia che è da sempre il marchio di fabbrica del titolo Capcom. È anche vero che pur avendo svoltato verso l’action con il quarto capitolo, Resident Evil resta un gioco ben diverso dagli sparatutto, anche quelli con cui condivide l’impostazione visuale come Gears of War. E’ però innegabile che nel corso degli anni questo genere abbia trovato nuovi spunti di gameplay che anche il titolo Capcom potrebbe a suo modo cercare di implementare.
L’impossibilità di muoversi e attaccare, di mettersi sotto copertura, di scattare rapidamente via per non essere accerchiati sono tutte cose che i giocatori danno quasi per scontate. La loro mancanza influisce sull’esperienza di gioco, specialmente perché fin troppo spesso capita di morire non tanto a causa della difficoltà in sé quanto a causa del sistema grezzo di controllo del personaggio. A lungo andare, l’impressione è che buona parte dei combattimenti più ostici si riduca a correre il più possibile lontano dagli zombie per poi avere tutto il tempo di prendere la mira e ucciderli uno a uno mentre si avvicinano.
Certo qualche alternativa c’è: ad esempio, caso tipico per i boss, dopo aver colpito più volte un nemico Chris e Sheva avranno la possibilità di infierire con un colpo particolarmente potente, come un violentissimo pugno in faccia o un calcio volante. Si tratta di attacchi a “timer”, nel senso che è possibile attivarli premendo il tasto X solo nella breve finestra di tempo in cui il nemico è stordito dai precedenti colpi ricevuti. In giro per le mappe di gioco, inoltre, è possibile sfruttare i classici barili di kerosene o altre sostanze volatili per dare il la ad esplosioni pirotecniche di fiamme e pezzi di zombie.
L’introduzione della modalità coop, infine, permette ai due giocatori (o al giocatore e all’IA, in single player) un certo margine di collaborazione in alcuni punti specifici dei vari livelli. Ad esempio è possibile che Chris aiuti Sheva a salire sul tetto di un edificio, in modo che lei possa fornire copertura dall’alto mentre lui prosegue lungo la strada. In un altro caso, Chris aiuta Sheva a saltare da un tetto a un altro, e proprio quando i due si separano l’edificio di Sheva comincia a essere invaso dagli zombie, mettendo lei in una situazione difficile e costringendo lui a fornire tutta la potenza di fuoco di cui dispone per salvare la compagna. In generale, si tratta anche qui di elementi più o meno già visti (come nel già citato Gears of War, in particolare nel 2, dove spesso i giocatori dovevano seguire strade parallele ma con la possibilità di aiutarsi a vicenda), ma comunque assolutamente godibili specialmente giocando insieme a un amico.