Recensione Return to Monkey Island: pronti a tornare negli anni '90?

Recensione Return to Monkey Island: pronti a tornare negli anni '90?

Return to Monkey Island è un titolo significativo da diversi punti di vista. Segna il ritorno di un genere, quello delle avventure punta e clicca, che grande successo riscosse negli anni '90. E celebra il successo di un tipo di comicità, e un modo di raccontare, che dimostra di non essere superato, anche a cavallo di generazioni con gusti e attitudini molto diversi tra di loro

di pubblicato il nel canale Videogames
Monkey Island
 

Quando mi chiedono qual è a parer mio il miglior videogioco di tutti i tempi, rispondo puntualmente Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. È una risposta che do su una base di affezione verso il titolo, che è arrivato nella fase adolescienziale della mia vita, quando le cose, soprattutto in ambito videoludico, rimangono impresse per sempre. Stabilire qual è il miglior videogioco di sempre è operazione ben più complessa, perché dipende dalle differenze generazionali che ricadono inevitabilmente sulle preferenze nell'intrattenimento, ma quella risposta su Monkey Island 2 ha comunque un suo valore.

Negli anni '90 le avveture punta e clicca, e principalmente quelle prodotte da LucasArts, spopolavano. Con la grafica più dettagliata possibile per le risorse di calcolo a disposizione in quel periodo, superavano i limiti tecnologici con storie coinvolgenti, enigmi interessanti e spesso fuori dalle righe, e con un tipo di comicità, irriverente ma mai "sporca", che ti lasciava qualcosa dentro. Era divertente per quanto era "genuina".

Mi chiamo Guybrush Threepwood e sono un temibile pirata!
Tre autori erano dietro il progetto del primo Monkey Island, quel The Secret of Monkey Island che arrivò nel 1990: Dave Grossman, Tim Schafer e Ron Gilbert. Quest'ultimo aveva già fatto parte della prima fase del successo delle avventure punta e clicca di LucasArts, con l'altrettanto memorabile Maniac Mansion. I tre, successivamente, tornarono a dirigere i lavori nel caso di Monkey Island 2, che avrebbe raggiunto i negozi un anno dopo. Quando arrivò il terzo capitolo, The Curse of Monkey Island, nel 1997, invece, le strade tra gli autori storici di Monkey Island e LucasArts si erano già divise, e anche il quarto capitolo, Fuga da Monkey Island, nel 2000 arrivò senza la benedizione degli autori originali.

Il quinto capitolo della serie, Tales of Monkey Island (2009), è anche l'unico a non essere stato prodotto da LucasArts (è di Telltale Games), ma è quello che vede il ritorno della coppia Grossman e Gilbert al timone. Quest'ultimo, in realtà, non accreditato ufficialmente, seppure si tratti del principale responsabile della storia di quello che va considerato a tutti gli effetti come un importante capitolo di Monkey Island. Venne rilasciato a episodi, secondo una precisa strategia di distribuzione considerata da Telltale la più adatta a quel periodo. Return to Monkey Island rappresenta un ritorno al passato e alla storia originale di Grossman/Gilbert, riprendendo la narrazione proprio dalla fine di Monkey Island 2, con Guybrush sulle tracce del famigerato tesoro di Big Whoop, allo stesso tempo senza escludere tutti gli altri capitoli che abbiamo citato, che anzi considera parte del "Canone" di Monkey Island.

Siamo così al cospetto di un titolo molto autoreferenziale, con citazioni continue dai primi due capitoli della serie, e senza disdegnare gli altri tre, al punto che è difficile da godere fino in fondo senza aver giocato i precedenti Monkey Island. È talmente tanto collegato con il passato da sembrare quasi un remake in diversi punti, soprattutto nella prima parte dell'avventura.

Tutto quello che ho è questo pollo di gomma con una carrucola in mezzo.
Ci limitiamo a dire che si riaggancia direttamente alla fine di Monkey Island 2 senza rivelare altro sulla storia, tanto spiazzante, coinvolgente e dolcemente triste da meritare di non essere anticipata in nessuno dei suoi passaggi. Return to Monkey Island riflette sugli anni della gioventù che non ci sono più, quelli dei primi amori e delle sfide giovanili, della conquista della donna della vita. E, ora, sugli anni che passano, quelli dei primi peli bianchi che fanno capolino sulle nostre barbe e tra i nostri capelli. Nonostante le premesse, non c'è niente di scontato in Return to Monkey Island, perché è capace di far riflettere oltre che di far sbellicare dalle risate. Così come non è scontato il suo stile visivo, realizzato da Rex Crowle.

Come noto, ha fatto discutere molto a gioco non ancora rilasciato. In realtà, dopo aver completato Return to Monkey Island (richiede circa 10 ore) possiamo dire che lo stile visivo voluto da Gilbert e soci ben si addice con la nuova storia e con questi personaggi. Ricrea opportunamente i personaggi classici di Monkey Island e si iscrive molto bene nel solco tracciato da questa produzione: rivedere da una prospettiva differente un classico senza fine. Tutto sommato, la grafica di Return to Monkey Island costituisce un valore aggiunto e uno degli aspetti più riusciti del titolo.

Credo che la maggior parte dei detrattori di questo stile visivo si siano ricreduti già dopo pochi minuti di gioco. Quando il meraviglioso theme di Michael Land comincia a scaldare il cuore anche dei più insesibili e ci fa sentire subito dentro Monkey Island. È come ritornare in un luogo dove hai passato le vacanze da bambino, oppure in un tempo quando, da piccolo, hai visitato il tuo primo parco a tema con il tuo amato/odiato fratello, ritrovando tanti vecchi amici.

Guarda dietro di te! Una scimmia a tre teste!
Non è possibile fare un excursus della storia di Monkey Island senza citare l'ultimo titolo di Ron Gilbert prima di Return to Monkey Island, l'indimenticabile Thimbleweed Park. Ne parliamo non solo perché è citato in Return to Monkey Island, ma soprattutto perché rappresenta un passo in avanti rispetto alle avventure punta e clicca dal punto di vista della struttura di gioco e della complessità degli enigmi stessi. Con mappe più grandi, enigmi più complessi che prevedono l'interazione di diversi personaggi e una longevità maggiore, Thimbleweed Park ha rappresentato un'evoluzione del genere, nonostante la grafica volutamente retrò per omaggiare in qualche modo il passato di Gilbert e soci.

Inevitabilmente Return to Monkey Island deve confrontarsi con tutto questo. Anzi, personalmente pensavo che sarebbe stato una sorta di Thimbleweed Park in salsa Monkey Island. In realtà le cose non stanno proprio così: il nuovo capitolo di Monkey Island rimane un gioco molto più semplice, che si concentra soprattutto sulla storia e sulla sua verve comica, dove il giocatore non incontra mai un vero e proprio ostacolo nell'andare avanti. Questo non gli impedisce di attingere ad alcuni elementi di gioco della precedente avventura punta e clicca di Gilbert.

A cominciare dalla struttura a obiettivi. Mentre nella prima parte dell'avventura gli obiettivi si annidano quasi solo per far preoccupare scherzosamente il giocatore, che comunque affronterà le sfide secondo l'ordine consueto, nella seconda parte Return to Monkey Island si apre maggiormente alla complessità. Ora ci sono varie isole da esplorare, con enigmi che si intrecciano da un'isola all'altra e diversi obiettivi da portare avanti contemporaneamente, in un quadro in cui tutto diventa molto più articolato. Appunto, ricorda la complessità di Thimbleweed Park, seppure tutto questo non vada avanti per molto. Rispetto al quale Return to Monkey Island richiede circa la metà del tempo per essere portato a termine, e non è mai a largo respiro come l'avventura precedente, la quale, proprio come Return to Monkey Island, è sviluppata sotto etichetta Terrible Toybox.

Posso trattenere il respiro per dieci minuti.
Il nuovo Monkey Island, dunque, rimane sempre molto più scorrevole, con enigmi anche più logici rispetto al passato e con due accortezze in particolare pensate appositamente per evitare che il giocatore rimanga bloccato, e che magari debba ricorrere alla classica "soluzione su internet" per andare avanti. La modalità facile ritorna dai precedenti Monkey Island e consente di affrontare un'avventura quasi completamente priva di enigmi, che si concentra primariamente sulla storia. Nella modalità tradizionale, invece, c'è sempre il libro degli indizi, che ci fornirà per tutti i punti dell'avventura spunti sufficienti a evitare di rimanere fermi troppo a lungo.

Gli enigmi di Return to Monkey Island sono generalmente più lineari rispetto a quelli di Thimbleweed Park e delle precedenti avventure LucasArts. Non c'è nessun pollo di gomma con una carrucola in mezzo, per intenderci, anche se tutto diventa più complesso all'aumentare progressivo delle location e degli oggetti. Fare il giro delle location, esaminare ogni parte degli scenari, chiedere tutto ai vari personaggi e controllare periodicamente gli oggetti nell'inventario quasi sempre consente di andare avanti e proseguire nella storia.

Ma il pregio di questo gioco risiede da un'altra parte. Nella capacità di strappare una risata ricordando gli anni della nostra gioventù e in quella di non essere mai prevedibile, dalla sua grafica ai suoi personaggi, fino alla sua storia. Guybrush, che ora è sposato con Elaine, ossessivamente proseguirà nella sua ricerca del Segreto di Monkey Island, e per farlo dovrà confrontarsi ancora una volta con LeChuck, la sua nemesi ma non solo. Un'avventura che rimane godibile anche per coloro che non conoscono i vecchi Monkey Island, ma che dà a questi ultimi molto di più. Basta chiedere a Cobb di parlare di Loom per capire di cosa stiamo parlando, quando non per niente otterrete l'achievement di Steam chiamato "Fan service".

Ho preferito passare ad un business dove i clienti insoddisfatti non tornino a lamentarsi.
Il Segreto di Monkey Island è sempre stato nascosto lì da qualche parte, sotto gli occhi di tutti. E adesso può essere rivelato. Non è solo la storia di Return to Monkey Island, ma anche la storia di un genere di gioco, la storia di un gruppo di autori con le proprie vite personali, la storia di tutti i giocatori con qualche anno in più sulle spalle. È solo apparentemente priva di significato, perché è la storia di tutto quello che ci è capitato in questi 30 anni, quando tra una vicenda e l'altra del nostro vissuto personale abbiamo riso in compagnia del "temibile pirata" o ci siamo fatti una risata ripensando a quei momenti.

Return to Monkey Island è un'avventura completamente bidimensionale, graficamente estremamente semplice tanto da poter girare su PC anche scarsamente dotati sul piano dell'hardware o suoi computer portatili. Richiede pochissime risorse di calcolo, è agile e fluido in tutti i momenti. L'audio è realizzato tramite la piattaforma FMOD di Firelight Technologies e anche da questo punto di vista preserva l'autorefernzialità che comunque circonda l'intera produzione.

Anche il sistema di interfacciamento è molto semplice, contestuale rispetto agli enigmi che Guybrush (unico personaggio giocabile) si trova ad affrontare. Non c'è più la tipica interfaccia SCUMM, che portava i giocatori a far interagire verbi con oggetti sullo sfondo, all'interno di un'impostazione molto più leggibile, anche per quanto riguarda la gestione dell'inventario. Inoltre, non sarà più possibile combinare tra loro oggetti in maniera errata, con la tipica risposta di Guybrush "Non sembra funzionare", perché il cursore si accenderà solo se la combinazione è giusta. Ma rimane la natura da punta e clicca tipica delle avventure di una volta, con il giocatore che deve spostare il puntatore su tutta la schermata per scovare gli oggetti nascosti. Così come le tipiche opzioni di dialogo, esilaranti come sono sempre state in Monkey Island. Più di una volta durante lo svolgimento sono capaci di strappare una grassa, e "genuina" come ho detto prima, risata.

Return to Monkey Island è uno di quei giochi brevi che ti capita di rigiocare, più e più volte. Un'avventura spensierata che ti riporta agli anni della gioventù, in un modo non consueto. Ti strappa emozionalmente dal mondo di oggi, meno colorito e più piatto per chi non è più giovanissimo, e ti riporta a emozioni che non provavi più da diverso tempo. Dove ridi e piangi allo stesso tempo, dove alcuni personaggi sono cambiati per via del tempo che passa, ma nel profondo sono rimasti gli stessi. Chi conosce Monkey Island sa di cosa stiamo parlando, chi non lo conosce no, e farà molta fatica a capirlo. È quel qualcosa che rende Monkey Island unico, e che lo renderà per sempre tale.

PRO

  • Il ritorno di un grande classico del passato
  • Comicità, storia e personaggi unici
  • Grafica e colonna sonora di assoluto impatto
  • Finalmente scoprirete il Segreto di Monkey Island!

CONTRO

  • Non è complesso come Thimbleweed Park
  • Molto autoreferenziale, a tratti sfiora il remake
42 Commenti
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giuliop28 Settembre 2022, 17:21 #1
Viene da chiedersi se abbiamo giocato lo stesso gioco... non fosse altro per il fatto che l'ultimo "Pro" è palesemente falso.
pengfei28 Settembre 2022, 17:23 #2
Quindi non viene svelato il segreto di monkey island? Volevo chiedere quale fosse
giuliop28 Settembre 2022, 17:30 #3
Originariamente inviato da: pengfei
Quindi non viene svelato il segreto di monkey island? Volevo chiedere quale fosse


Non vorrei spoilerare troppo (anche se dire "Finalmente scoprirete il segreto" sarebbe già di per sé un bello spoiler), ma per restare al livello di "viene svelato", no;

[spoiler]alla fine c'è solo una sbrodolata pseudo filosofic-esistenziale.[/spoiler]
trapanator28 Settembre 2022, 17:45 #4
Dopo questo Monkey Island attendo con ansia un eventuale Back To The future IV...
dakota277228 Settembre 2022, 21:52 #5
Scusate, mi son perso qualcosa, ma uscirà per ps4?
Korn29 Settembre 2022, 08:39 #6
sono l'unico a non sopportare lo stile grafico? per me il top è rappresentato dai primi storici due.
Gundam.7529 Settembre 2022, 09:14 #7
Io, segreto di monkey island a parte, non ho gradito il finale. Non voglio spoilerare, ma il finale l'ho trovato deludente. Dopo tutta la fatica per arrivare alla fine, non devi fare praticamente nulla.
Magari col nuovo capitolo finalmente scopriremo il vero segreto di monkey island
Dexther29 Settembre 2022, 09:15 #8
Che ricordi...
Pomeriggi interi passati con i compagni di classe fra Broken Sword (I e II) e Monkey Island, con le inevitabili fazioni del "è meglio l'uno", "è meglio l'altro".
demonsmaycry8429 Settembre 2022, 10:33 #9
io non riesco a sopportarlo per i personaggi. mi piace molto le ambientazioni i dialoghi ci posso stare è tutto monkey anche se davvero mi è sembrato troppo un copia ed incolla...un pò di nuovo non mi avrebbe fatto schifo..comunque fa sempre piacere rivedere il nostro pirata preferito
Gringo [ITF]29 Settembre 2022, 11:58 #10
sono l'unico a non sopportare lo stile grafico?


NON LO DIRE, LA GOGNA MEDIATICA.... E LA MACCHINA DEL FANGO TI ARRIVERANNO ADOSSO !

Il titolo è da Sei Stelle su 5 e 120 su cento, sei tu che sei VECCHIO BOOMER ED OBSOLETO....


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