Bungie: da Halo a Destiny, 30 anni di rivoluzione videoludica a colpi di FPS (e non solo)
Tre decenni di innovazioni che hanno portato alla creazione di alcuni dei più grandi franchise della storia videoludica, non senza qualche passo falso. Celebriamo i 30 anni di Bungie ripercorrendo la storia dello studio che ha dato i natali a Halo e Destiny, partendo dai primi successi fino ad arrivare al coronamento del suo sogno, quello di un mondo connesso e condiviso.
di Pasquale Fusco pubblicato il 20 Dicembre 2021 nel canale VideogamesDestinyHalo
Riassumere la storia di Bungie non è un compito semplice, neanche lontanamente. Del resto parliamo dello studio di sviluppo che, tre decadi fa, si è lasciato ispirare dalle opere di id Software per affacciarsi con curiosità al mondo dei first-person shooter, arrivando al punto da rivoluzionare uno dei generi più popolari di sempre. Rivoluzione che è effettivamente arrivata nei primi anni 2000 con Halo: Combat Evolved, capostipite dell'iconico franchise fantascientifico.
La saga di Master Chief è senza dubbio la magnum opus della software house, ma Bungie aveva ambizioni ancora più alte. Lo studio voleva scavalcare i confini dello sviluppo videoludico ed ampliare i suoi orizzonti, così come quelli dei giocatori stessi, ai quali avrebbe proposto una nuova e coraggiosa visione del videogioco: non più un semplice passatempo, bensì un mezzo attraverso cui esplorare, insieme, nuovi universi e storie inedite. Un obiettivo che Bungie raggiungerà solo dopo la rottura con Microsoft, sua mecenate e storica alleata.
Ai tempi dei primi 'esperimenti' effettuati con Minotaur e Marathon, il talentuoso team guidato da Alex Seropian e Jason Jones stava già sondando l'idea di un mondo online persistente in cui i giocatori avrebbero potuto unire le forze e affrontare minacce di proporzioni inaudite. Dopo qualche anno e una nuova partnership Bungie ha finalmente potuto concretizzare il suo sogno. Destiny è la massima espressione creativa della software house di Bellevue, una squadra che, sul fronte artistico e non solo, ha avuto molto da insegnare agli studi più quotati dell'industria.
Celebriamo dunque il 30esimo anniversario del team americano e addentriamoci nella sua affascinante storia, partendo naturalmente dalle sue origini, dove troviamo il primo vagito di quell'universo condiviso che oggi ospita i Guardiani della saga di Luce e Oscurità.
Le origini: Minotaur e Marathon
Bungie Products Corporation nasce nella primavera del 1991 in quel di Chicago, Illinois. L'allora 22enne Alex Seropian aveva già sviluppato il suo primo videogioco, Gnop!, anagramma che fa riferimento a un clone del ben più noto Pong sviluppato per Apple Macintosh.
Poco prima di fondare il suo studio di sviluppo, Alex Seropian aveva conseguito una laurea in matematica presso l'Università di Chicago. Qui, tra i corridoi della confraternita Phi Delta Theta, il fondatore di Bungie incontrò il suo futuro braccio destro, tale Jason Jones, altro programmatore specializzato nello sviluppo sui sistemi Apple. Come Seropian, anche Jones era un appassionato di videogiochi e in quegli anni stava lavorando al porting per Macintosh del suo primissimo titolo, un gioco di ruolo chiamato Minotaur che girava su Apple II.
Proprio come quello tra Jobs e Wozniak, l'incontro tra Seropian e Jones assumerà una grande importanza storica, almeno per coloro che guardano con interesse al medium videoludico. Dopotutto, i punti di contatto tra Bungie e il colosso di Cupertino non sono pochi: i primi progetti della software house nacquero su Apple II e Macintosh ed entrambe le aziende condividevano la medesima filosofia, basata sulla volontà di rompere gli schemi e perseguire l'innovazione, ad ogni costo. Così, mentre Apple rivoluzionava il mondo dell'informatica, Bungie puntava al sovvertimento dei modelli tradizionali del game development.
Alex Seropian rilasciò Gnop! gratuitamente sotto la neonata etichetta di Bungie: era, di fatto, il primo videogioco prodotto dalla software house. In seguito alla pubblicazione dello shooter Operations: Desert Storm (il primo titolo redditizio della compagnia), il team poté finalmente dedicarsi allo sviluppo di Minotaur e, dunque, al completamento del progetto inaugurato da Jason Jones. Il gioco di ruolo rilasciato nel 1992 con il nome di Minotaur: The Labyrinths of Crete presentava caratteristiche uniche nel suo genere, prima fra tutte una modalità multiplayer che permetteva agli utenti di giocare online sfruttando i protocolli AppleTalk e Point-to-Point. A differenza degli altri GdR dell'epoca, l'avventura single player era infatti un mero riempitivo e il vero focus di Minotaur era interamente rivolto al comparto multigiocatore.
La visione creativa di Jones e le competenze manageriali di Seropian permisero a Minotaur di riscuotere un modesto successo presso il pubblico, ma la scalata di Bungie era appena iniziata. Affascinato dal successo di id Software e del loro Wolfenstein 3D, Jason Jones realizzò un motore grafico tridimensionale, quello che sarebbe diventato il cuore pulsante delle successive produzioni di Bungie. Tra queste, nei piani del team, c'era un porting 3D del già menzionato Minotaur, ma sia Jones che Seropian si accorsero che il loro GdR non era adatto al nuovo engine ed era necessario sperimentare un altro genere, quello degli sparatutto in soggettiva.
Nel 1993, Bungie pubblicò il suo quarto titolo, quello che verrà poi riconosciuto come il primo grande successo commerciale della compagnia: Pathway into Darkness. Rilasciato per Mac OS, si trattava di un innovativo ibrido tra FPS e action/adventure, il quale offriva una storia intrigante e la possibilità di plasmare il finale del gioco in base alle scelte effettuate nel corso della campagna. L'accoglienza da parte di critica e pubblico fu esaltante, il che consentì a Bungie di abbandonare il suo claustrofobico monolocale per stabilirsi in un vero studio.
Nel nuovo 'quartier generale' di Chicago, Alex Seropian assunse il suo primo impiegato a tempo pieno (Doug Zartman) e avviò la fase di produzione per il sequel di Pathway into Darkness. Progetto che, alla fine, si evolse in una nuova proprietà intellettuale, uno sparatutto futuristico che avrebbe introdotto meccaniche di gioco inedite e, per la prima volta, la possibilità di muoversi lungo l'asse verticale utilizzando il mouse. Al di là dei prodigi tecnici, Marathon proponeva un comparto narrativo sfaccettato, legato in maniera indissolubile a un gameplay coinvolgente e dinamico. Nell'anno di DOOM (1994), Marathon conquistò immediatamente l'attenzione del pubblico con decine di migliaia di preordini: era diventata la nuova hit di Bungie.
Marathon 2: Durandal (1995) introduceva grandi novità per la serie e per l'intero genere sparatutto, come la modalità cooperativa, feature che Bungie riproporrà nei suoi futuri titoli. Complice l'inaspettato successo del first-person shooter, per la compagnia di Seropian era arrivato il momento di affacciarsi al mondo di Windows, al costo di 'tradire' i suoi fedeli utenti Mac: Durandal fu la prima release dello studio per Windows 95, seguita dal terzo capitolo della serie (Marathon Infinity) nel 1997. Nello stesso anno, la compagnia si allontanò temporaneamente dai suoi amati sparatutto per realizzare un gioco strategico, Myth: The Fallen Lordes, altro discreto successo commerciale e il primo a ricevere un lancio multipiattaforma (Mac e Windows).
Il successo: Halo
Grazie alle vendite di Myth, la compagnia guidata da Alex Seropian poté inaugurare la sua prima succursale, Bungie West. Lo studio con sede a San Jose realizzò il suo primo e unico gioco, un action game intitolato Oni, che purtroppo si rivelò un autentico flop. Il fallimento di Oni, unito ad alcuni problemi gestionali, portò alla precoce chiusura di Bungie West e ad un frettoloso cambio di piani: la compagnia doveva rimboccarsi le maniche e fiondarsi su un altro progetto tripla-A, qualcosa che potesse replicare il successo di Marathon.
Formula che vince non si cambia: il nuovo titolo di Bungie sarebbe stato uno sparatutto in prima persona caratterizzato da un'ambientazione fantascientifica e, proprio come Marathon, avrebbe dato vita a un inedito universo narrativo. Questo progetto permetterà a Seropian di incrociare nuovamente il cammino di Steve Jobs, con il quale fu organizzato un piccolo meeting a porte chiuse per discutere dei prossimi piani di Bungie. Ecco dunque che, sul palco del Macworld Expo 1999, la software house presentò Halo: Combat Evolved, l'FPS che avrebbe ridefinito il genere di riferimento - così come l'intera industria videoludica.
Nonostante i buoni rapporti con Jobs, nel futuro di Bungie non c'era spazio per Apple. Fu un altro il gigante tecnologico che decise di abbracciare la filosofia di Bungie mettendo sul piatto un bel gruzzoletto. Parliamo di Microsoft, che nel 2000 annunciò l'acquisizione di Bungie e l'ingresso della software house nella propria divisione gaming.
Forte del supporto di Bill Gates e Steve Ballmer, Bungie vide aprirsi tante nuove possibilità: in primis, l'opportunità di lavorare sulla prima (e potentissima) console di Microsoft, Xbox, dove Halo: Combat Evolved sarebbe diventata la killer application con cui far guerra a PlayStation. La software house poté inoltre stilare dei piani a lungo termine per il suo grande franchise, inaugurando così la longeva storia di Master Chief. Dopo il lancio esplosivo di Combat Evolved, nel novembre del 2004 arrivò Halo 2, uno dei primi veri blockbuster del mercato gaming: al lancio totalizzò la bellezza di 125 milioni di dollari, un record senza precedenti.
In questi anni, tuttavia, una riorganizzazione interna scuoteva il team di Bungie. Nel 2002 Alex Seropian si prese una pausa dalla stressante routine del game development per dedicarsi alla famiglia. Due anni dopo, il fondatore di Bungie lasciò la compagnia per fondare una nuova software house, Wideload Games. Nel frattempo, Jason Jones si discostava dalla programmazione per abbracciare un ruolo manageriale, supervisionando i lavori sui primi due episodi di Halo in veste di project lead. Jones fa ancora oggi parte dell'azienda.
Con Halo 2 si tornò ai primi esperimenti effettuati con il multiplayer online, formula che venne dunque riproposta con il sequel di Combat Evolved. Qui avvenne la rivoluzione: grazie all'infrastruttura di Xbox Live, Halo 2 poteva offrire un inedito sistema di matchmaking basato sull'utilizzo delle lobby e delle playlist. I giocatori non dovevano far altro che selezionare la modalità di gioco e attendere l'ingresso automatico in partita. Un meccanismo tanto semplice (nell'utilizzo) quanto innovativo per i videogiochi di quell'epoca, il che spinse molti sviluppatori ad adottare la stessa formula di Halo 2 per i loro sparatutto competitivi.
Il primato di Halo 2 fu superato dal solo Halo 3, il capitolo che avrebbe concluso la trilogia di Master Chief e che, almeno nei piani di Bungie, avrebbe permesso alla software house di dedicarsi a nuovi progetti in cui infondere la sua incontenibile creatività. Così non è stato, perché il contratto con Microsoft prevedeva la realizzazione di altri due giochi della serie Halo, progetti che impedirono a Bungie di annunciare (nel 2008) la sua nuova proprietà intellettuale.
Prima del divorzio da Microsoft, il team di Jason Jones inaugurò la produzione di un prequel di Halo 3, intitolato inizialmente Halo 3: Recon. Il gioco fu completato in soli 14 mesi e cambiò nome in Halo 3: ODST. Lo sviluppo frettoloso destò non poche preoccupazioni tra gli amanti del franchise, salvo poi scoprire che lo spin-off ambientato nella città di New Mombasa rappresentava uno dei punti più alti toccati da Bungie sul fronte narrativo.
Quasi paradossalmente, anche Halo Reach fu una vera sorpresa per i fan. Il 'canto del cigno' di Bungie viene oggi ricordato come uno dei migliori episodi della serie - e per alcuni supererebbe persino il mai troppo lodato Halo 3 - grazie alla sua emozionante storia, all'inaspettata varietà della campagna e ad un comparto audiovisivo di prim'ordine. Con oltre 200 milioni di dollari incassati al day one, Reach stabilì un nuovo record per il franchise di Microsoft.
Con l'addio di Bungie il brand Halo passa nelle mani di 343 Industries, neonata software house in cui ritroviamo le menti creative che avevano dato i natali alla saga di Master Chief.
Il punto di svolta: Destiny
Ora che Microsoft è fuori dai giochi, per Bungie era giunto il momento di realizzare il videogioco dei suoi sogni. Dopo aver acquisito l'indipendenza, nel 2008 la software house annunciò la sua prima grande espansione: il personale salì da 120 a 165 dipendenti e l'intero team venne trasferito in una nuova spaziosa sede - un ex cinema multisala - nel cuore di Bellevue, Washington. Tutto era pronto per il prossimo step della compagnia guidata dal CEO Harold Ryan.
Il mastodontico progetto legato a Destiny era stato inaugurato qualche anno prima dell'effettivo reveal risalente al 2013 e, più precisamente, durante le fasi finali della produzione di Halo Reach. Nel 2010 negli uffici di Bellevue si chiacchierava del famigerato Project Tiger, nome in codice di un nuovo sparatutto in prima persona che avrebbe ereditato molti dei concept ideati dagli stessi Seropian e Jones, tra cui l'idea di mondo condiviso sperimentata con Minotaur. Alla base dello 'Shared World Shooter' di Bungie ci sarebbe stato un setting originale, che avrebbe incorporato i tipici elementi della science fiction e il più tradizionale fantasy cavalleresco.
Per poter dare forma alla sua visione, Bungie realizzò di aver bisogno di un potente alleato. A rispondere fu Activision Blizzard, la stessa che qualche anno prima aveva provato ad anticipare Microsoft nel tentativo di accaparrarsi la pubblicazione di Halo: Combat Evolved. Il publisher statunitense e la software house di Bellevue siglarono un contratto che prevedeva un piano di sviluppo decennale, con cui Bungie avrebbe potuto supportare la sua nuova IP fino al 2023. Credendo fermamente nelle ambizioni del suo partner, Activision mise a disposizione un generoso budget per il lancio di Destiny: si stima che, dei 500 milioni di dollari spesi per l'intera produzione, 360 milioni furono investiti esclusivamente per le operazioni di marketing.
Purtroppo, non tutto filò liscio per Bungie e il suo sparatutto/MMO. Il fulcro del suddetto piano decennale coincideva con un sistema di espansioni che, nonostante i primi successi (Il Re dei Corrotti), era destinato a scontrarsi con l'inarrestabile evoluzione tecnologica dei videogiochi. Dopo qualche anno Destiny non poteva più reggere il confronto con gli altri titoli sviluppati per le moderne PlayStation 4 e Xbox One e i giocatori cominciavano a palesare segni di insofferenza nei confronti di un comparto tecnico limitato e ormai vetusto. Bungie e Activision escogitarono un piano d'emergenza interrompendo il supporto post-lancio di Destiny per passare direttamente alla fase successiva, quella che avrebbe visto protagonista Destiny 2 (settembre 2017).
Sviluppato in collaborazione con Vicarious Visions e High Moon Studios, il secondo capitolo della saga dei Guardiani propone lo stesso adrenalinico gunplay e l'eccezionale world building che avevano reso famoso il suo predecessore, ampliando tuttavia il comparto narrativo con una campagna più lineare. La deriva cinematografica di Destiny 2 ha permesso a Bungie di abbracciare un pubblico più ampio, ma al tempo stesso lo studio ha faticato a trattenere i fan di vecchia data che criticavano l'assenza di un sistema per il trasferimento dei contenuti collezionati nel primo episodio. Dopo i primi passi falsi, nel 2008 Destiny 2 raggiunge le vette qualitative e contenutistiche con I Rinnegati (Forsaken), l'espansione più ricca e variegata di sempre.
Un anno dopo, Bungie decide di compiere un importante passo indietro, interrompendo la partnership con Activision Blizzard per tornare ad essere uno studio indipendente. Dal 2019, la casa di Bellevue è l'unico publisher di Destiny 2 e delle sue espansioni, mossa che ha costretto la compagnia ad abbandonare la piattaforma di Battle.net a favore di Steam. A detta di Bungie, tra i motivi che si celano dietro questa decisione c'erano i limiti creativi imposti da Activision Blizzard e, più in generale, una divergenza di opinioni sul futuro di Destiny.
Gli ultimi due anni post-Activision non si possono certo definire i più brillanti per Destiny 2, ma lo Shared World Shooter è riuscito a preservare la sua identità e - dopo aver scelto la formula free-to-play (2019) - ad attirare la curiosità di nuovi giocatori, appassionati di FPS e non. Abbiamo riassunto il tutto in uno Speciale dedicato a Oltre la Luce, ultimo major update dello sparatutto/MMO che anticipa l'imminente lancio de La Regina dei Sussurri (The Witch Queen).
Parlando di rivoluzioni, l'espansione che il prossimo febbraio vedrà protagonista Savathûn sconvolgerà l'universo di Destiny introducendo grandi cambiamenti, sia sul fronte narrativo che su quello prettamente ludico. Dopo i Guardiani, anche le forze dell'Alveare saranno in grado di imbracciare i poteri della Luce, ribaltando le sorti della guerra contro la Megera Regina. Per l'occasione, Bungie ha preparato nuove armi e abilità inedite per i Guardiani, così come un nuovo sistema di crafting e un'originale ambientazione tutta da scoprire.
Prima di viziare i giocatori di Destiny 2 con il prossimo add-on, tuttavia, Bungie invita la community a unirsi ai festeggiamenti del suo 30esimo anniversario. La software house celebra tre decadi di innovazione con un'altra piccola espansione che anticipa il debutto di The Witch Queen: il DLC intitolato 30th Anniversary Pack omaggia i già menzionati Marathon, Myth e Halo replicando alcune delle bocche da fuoco più iconiche dei rispettivi giochi: l'iconica M6G Magnum di Combat Evolved, ad esempio, è già diventata una delle armi più desiderate dai Guardiani, guadagnandosi un posto nel complesso 'meta' di Destiny 2. Inoltre, per i veterani del primo capitolo c'è un altro grande ritorno, quello del lanciarazzi esotico Gjallarhorn.
Quella di Bungie è indubbiamente una delle storie più interessanti dell'industria dei videogiochi. Come la sua ultima opera, la software house fondata da Alex Seropian ha avuto i suoi momenti di 'Luce' e 'Oscurità', ma in un modo o nell'altro ne è sempre uscita vittoriosa - non senza correre qualche rischio. A tal proposito, l'azienda si è recentemente resa protagonista di alcune controversie legate a episodi di sessismo, omofobia e persino razzismo avvenuti negli uffici di Bellevue e, più precisamente, all'interno del team narrativo. Eventi che pochi giorni fa hanno portato alle dimissioni di Gayle d'Hondt, responsabile delle risorse umane. Una macchia indelebile per la reputazione di Bungie che, paradossalmente, si è sempre distinta come una delle compagnie videoludiche più vicine alla comunità LGBTQ+, almeno a livello comunicativo.
Difficile sapere se la compagnia di Bellevue riuscirà a mantenere la sua orgogliosa indipendenza, ma una cosa è certa: i creatori di Halo e Destiny non sembrano intenzionati ad allontanarsi dalla loro più grande passione, lo sviluppo dei videogiochi. Insomma, l'avventura di Bungie continua e potrebbe riservarci ancora qualche graditissima sorpresa.
24 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoI brand storici di FPS sono ben altri non le tre cavolate di Bungie, cui il primo era la brutta copia di Doom per il Mac, il secondo è un FPS nato con la maggiore predisposizione al pad ( già di per sè una bestemmia ) e l'altro una banale imitazione dei loro precedenti Halo che di rivoluzionario non aveva nè ha tutt'oggi NULLA.
Non poteva mancare la tua solita tossicità riguarda questa saga.
Puoi solo piagnucolare, per il resto parlano i fatti per questa serie.
Puoi solo piagnucolare, per il resto parlano i fatti per questa serie.
Quali fatti ? Ti riferisci al fatto che graficamente faccia cagare mentre dicevi che la grafica era sempre stato uno dei punti forti di Halo ?
O al fatto che ha preso più piede del solito perchè l'han dato via gratis ?
La scammata del primo brucia ancora.
Riguardo halo ormai è una saga antiquata in tutti gli aspetti grafica, gameplay ecc
Halo invece è sempre stato un tentativo di approcciare meglio un FPS ad un gamepad, con più o meno successo a seconda dei capitoli però da quì a considerarlo un brand di riferimento per gli FPS ce ne passa.
Se parliamo di FPS i riferimenti veri si giocavano con mouse e tastiera !
Oggi Halo è un Call Of Duty con gestione più arcade di mira e rinculo, più lento e con TTK più elevata.
Tecnicamente parlando sono datati entrambi.
Lo dimostra il fatto che, già con quelle poche nuove meccaniche introdotte in Halo: Infinite, il gameplay è migliorato di molto. Un esempio banale è la velocità di movimento e lo sprint, dove ad esempio in Reach lo sprint era terribilmente limitato, mentre in Halo 2 era praticamente inesistente e l'andatura era inspiegabilmente lentissima (cosa che cozzava terribilmente con il gameplay che voleva proporre, visto che ti inondavano di nemici in certe situazioni e inspiegabilmente avevi pure una vita bassisima). Poi si, è sempre stato indietro tecnicamente e chi dice il contrario non sa di quello che parla.
E' un gioco cosi importante per la storia degli FPS? Da pc gamer io direi un no secco, per me è stata solo una serie furba che si è inserita al momento giusto in un mercato praticamente libero di concorrenza, ma gli fps di qualità per me sono altri, ma capisco che un giocatore che ha giocato da sempre su console possa averlo tra gli fps preferiti, sopratutto se ha giocato molto nell'epoca xbox 360. Comunque Halo: Infinite rimane un buon gioco secondo me.
Destiny è un potenziale sprecato da Bungie. L'idea di base è interessante ed il gameplay è secondo me migliore rispetto ad un Halo tradizionale. La velocità di movimento è mediamente più alta, si hanno delle abilità di movimento aggiuntive per ogni classe, puoi portarti appresso 3 armi al posto di 2 (sembra una modifica da poco, eppure per ma fa una grossa differenza, visto che per me non è per niente divertente essere costretto a raccogliere armi da terra continuamente ed essere limitato a 2) ed hai in più le abilità, il gunplay è più vario rispetto ad un Halo tradizionale (anche se Halo: Infinite secondo me è migliorato tantissimo su questo aspetto), hai un minimo di personalizzazione dell'esperienza ed a me personalmente come design estetico, piace di più. Il problema di Destiny è Bungie stessa ed una gestione di contenuti e monetizzazione al limite del criminale. Tral'altro Bungie ha scazzato il gioco con le sue stesse mani cosi tante volte che ho perso il conto e si va dal rendere il pvp ingiocabile, all'eliminare larga parte dei contenuti di propria volontà, al rendere obsoleto di proposito certa parte dell'equipaggiamento per indurre all'acquisto di nuovi contenuti, al proporre dei grinding veramente esagerati per funzionalità che dovrebbero essere gratuite e facilmente accessibili (tipo il transmog) ecc. Poi per me i contenuti che vende sono terribilmente costosi e secondo me non valgono quello che costano ne ora ne mai.
Poi la cosa che proprio non mi andava giù e che mi ha portato ad abbandonare il gioco è il loop del gameplay ed il continuo riciclo di meccaniche e modalità di gioco (è tutto una continua horde mode con pochissime variazioni). Nella sostanza Bungie, siccome sa che il contenuto che propone è sempre poco e da somministrare col contagocce, ti crea dei "muri artificiali" che limitano la tua progressione ed il tuo divertimento. Già ad ogni nuova stagione devi iniziare a grindare per raggiungere il level cap, una meccanica che detestavo dal profondo e dovevi stare li a fare le 3 partite in crogiolo, i 3 assalti, i 3 azzardo o le varie taglie, come quelle dell'armaiolo, per poter aumentare di potere (considerando che non solo nella pratica giochi alle stesse modalità, nelle stesse mappe con aggiunte quasi inesistenti, ma Bungie ha pure eliminato larga parte di questi contenuti rendendole ancora più monotone), ma anche le nuove attività erano funestate dalla stessa filosofia di grinding con attività tediose, come uccidere dei nemici in certi modi e/o in certe modalità per poi giocare alla solita horde mode.
Ricordo che durante i giochi dei guardiani, un evento proposto da Bungie, il grinding era cosi tanto eccessivo che mi ha portato a chiedermi che diavolo stavo facendo e perchè stessi buttando il mio tempo in quella che era diventata un'attività per niente divertente da fare.
Perdonate il post lunghissimo, ma dovevo farlo.
Chi ha sempre giocato col pad non ha proprio idea di cosa sia uno sparatutto.
Un po' come chi diceva di aspettarsi grandi cambiamenti dalla demo mostrata alla versione definitiva.
Alla fine fa solo meno schifo.
Chi ha sempre giocato col pad non ha proprio idea di cosa sia uno sparatutto.
La lentezza nel movimento è un altro modo per rallentare il gameplay per renderlo più alla portata del controllo tramite pad.
Una cosa oramai confermata da decenni non capisco come si faccia ancora a negare o ancora peggio a "sperare".
Un po' come chi diceva di aspettarsi grandi cambiamenti dalla demo mostrata alla versione definitiva.
Alla fine fa solo meno schifo.
In realtà è proprio il contrario, sei tu che abituato a giocare su una piattaforma di nicchia non hai idea di cosa offra l'intero mercato
Chi ha sempre giocato col pad non ha proprio idea di cosa sia uno sparatutto.
La lentezza nel movimento è un altro modo per rallentare il gameplay per renderlo più alla portata del controllo tramite pad.
Una cosa oramai confermata da decenni non capisco come si faccia ancora a negare o ancora peggio a "sperare".
Un po' come chi diceva di aspettarsi grandi cambiamenti dalla demo mostrata alla versione definitiva.
Alla fine fa solo meno schifo.
Non sono cosi drastico come te, ma è indubbio che gli fps sono stati creati avendo in mente mouse e tastiera ed il movimento del mouse accompagnato alla tastiera rende il tutto veloce e fluido oltre ad avere mooolti più tasti, quindi la possibilità di avere molte più funzionalità ed un gameplay più sfaccettato.
Molti credono che quando si inventarono ad esempio la riduzione della armi trasportabili a 2 e la vita rigenerante, lo fecero per esigenze di realismo (come se fosse realistico avere la vita che stando dietro una roccia si riacarica magicamente, piuttosto che avere un vero e proprio medikit), ma in realtà sono state semplificazioni introdotte per agevolare l'uso del gamepad. Ed anche nel caso in cui un fps ha per scelta molte più armi, come ad esempio in Doom eternal, se lo giochi con il pad sei costretto all'utilizzo di una modalità a rallentatore e di una ruota delle armi (o robe simili viste di recente) per poterle cambiare, che distrugge tutto il flow del sistema di combattimento che se giocato con mouse e tastiera, con ogni arma su un tasto apposito, come si fa negli fps arena è tutta un'altra esperienza ed a mio modo di vedere la vera essenza di quel gioco.
Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".