Youngblood: ecco com'è il nuovo Wolfenstein
Il reboot della ‘mitica’ saga di Wolfenstein, operato a partire dal 2014 da MachineGames, è stato un’operazione di successo. Anche se inizialmente guardato con sospetto dai numerosi fan della serie, il nuovo corso delle avventure di BJ Blazkowicz ha presto convinto tutti, conquistando, anzi, nuovi sostenitori all’eterna lotta del nerboruto eroe contro i Nazisti
di Stefano Carnevali pubblicato il 21 Agosto 2019 nel canale VideogamesBethesda
I due capisaldi della ‘rivoluzione’ attuata dalla software house svedese - The New Order (2014) e The New Colossus (2017) -, pur non essendo capolavori assoluti, hanno colpito nel segno, facendo presto breccia nel cuore di tanti giocatori.
Con NO e NC, MachineGames ha messo sul piatto un’offerta ludica e narrativa di tutto rispetto e fortemente immersiva: i due titoli della riscrittura di Wolfenstein, infatti, si sono rivelati degni di nota tanto per la propria azione frenetica e iper-violenta, quanto per una storia interessante e coinvolgente, ambientata in un setting ambizioso e irriverente. Narrati in distopici anni ’60, negli Usa occupati dai Nazisti - vincitori della II Guerra mondiale -, NO e NC seguivano Blazkowickz in una serie di azioni finalizzate a fomentare una rivoluzione ampia e diffusa, in grado di ricacciare gli occupanti al di là dell’Oceano Atlantico. Se il gameplay era in tutto e per tutto quello di uno shooter veloce e aggressivo (con i suoi pregi e i suoi difetti), la garanzia contro ogni perdita di interesse era fornita da una sapiente regia, capace di imbastire una narrazione ben ritmata e mai scontata - in grado di toccare tematiche spesso non banali e di regalare anche qualche importante colpo di scena -. Il tutto avendo come sfondo i ’60 americani, caratterizzati però dall’occupazione nazista.
Proprio il setting e la profondità dei character design hanno rappresentato una delle ‘armi segrete’ di MachineGames: gli anni ’60 di NO e NC, infatti, sono stati rappresentati in modo completo, credibile ed esaustivo. La stessa ‘evoluzione’ del Grande Reich - dilatato nel tempo e nello spazio, rispetto alla verità storica - è stata immaginata con estrema cura, senza cedere a particolari moralismi o piegarsi alla censura preventiva, risultando realistica e talmente ‘possente’ da non aver nulla da invidiare alle ‘visioni’ di Norman Spinrad (il suo ‘Il Signore della Svastica’ è uno dei capisaldi della letteratura di fantascienza distopica) o di Philip K. Dick (il suo ‘La Svastica sul sole’, meglio conosciuto come ‘L’uomo nell’Alto castello’ è uno dei più importanti libri incentrati sull’idea di una seconda Guerra mondiale terminata con la vittoria dei Tedeschi e - negli ultimi anni - è stato fonte di ispirazione per l’omonima - e decisamente valida - serie tv prodotta da Amazon Prime).
La Capitale francese sarà il teatro delle azioni di Jessica e Sophia Blazkovicz, le figlie gemelle del celebre BJ, chiamate a ritrovare il padre scomparso proprio in territorio franceseL’American Reich di MachineGames, con la propria malata volontà di potenza, con i suoi valori distorti e con la terrificante e costante celebrazione del Führer, si è rivelato, a conti fatti, uno dei setting più completi e convincenti inventati, negli ultimi anni, dall’industria del videogioco: così ‘penetrante’ da risultare uno dei principali motori della voglia di proseguire nell’avventura, per liberare gli Americani dal giogo tedesco.
Oggi MachineGames ci chiede di compiere un balzo di 20 anni in avanti e di attraversare l’Oceano Atlantico: la rivoluzione anti-nazista ha fortunatamente avuto la meglio e gli Usa si sono sottratti all’artiglio del Reich. Non così, però, è andata in Europa: Parigi ha continuato a patire l’occupazione tedesca e la Capitale francese sarà il teatro delle azioni di Jessica e Sophia Blazkovicz, le figlie gemelle del celebre BJ, chiamate - oltre a dare una mano alla Resistenza transalpina - a ritrovare il padre scomparso proprio in territorio francese.
Di padre in figlie
Come scritto poc’anzi, molto del valore da riconoscere a NO e NC era collegato alla caratterizzazione di personaggi e del mondo in cui si doveva giocare. BJ Blazkovicz era l’assoluto protagonista dell’avventura e, anche se non abbiamo mai avuto analisi molto approfondite sulla sua psicologia (ad esclusione di alcuni drammatici ricordi d’infanzia, del rammarico per i compagni caduti e dell’evoluzione sentimentale nei confronti di Anja Oliwa), i ‘patti’ sono sempre stati chiari: BJ è un eroe di guerra, una macchina da combattimento che - escludendo un suo sviluppo ‘tardo’ nella saga - ha sempre avuto come obiettivo centrale la distruzione del Reich nazista. Poche chiacchiere, tanto sangue versato.
Il capolavoro di MachineGames era stato nella costruzione di chi stava attorno a BJ - amico o nemico che fosse -, lasciando al giocatore una buona libertà di immedesimazione in un personaggio principale tutto sommato abbastanza vuoto e stereotipato. E andava bene così anche perché, progressivamente, qualche dettaglio in più sul passato di BJ o qualche sua presa di posizione più articolata venivano forniti al giocatore.
La rivoluzione anti-nazista ha fortunatamente avuto la meglio e gli Usa si sono sottratti all’artiglio del Reich. Non così, però, è andata in EuropaOggi, invece, ci troviamo nei panni delle figlie 20enni di JB che - annunciate dalla gravidanza di Anja in NC -, nella rapida sequenza iniziale ci vengono sommariamente introdotte. All’apparenza la biondissima Sophia sembra essere la più ‘muscolare’ e concreta del duo, mentre la corvina Jessica pare avere una maggior fantasia e una più sviluppata propensione all’uso degli attacchi dalla distanza.
Così non sarà visto che, nonostante le attività che le due sorelle svolgono nell’intro, giocare come Soph o come Jess sarà assolutamente identico. Le ‘Terror Twins’ (come saranno soprannominate dai Nazisti), insomma, non sono altro che due skin, diverse per estetica, ma del tutto uguali nelle prestazioni. Un peccato, perché da una differenziazione consapevole, si sarebbero potute sviluppare interessanti possibilità ludiche, soprattutto in ottica multiplayer.
Durante l’avventura avremo modo di conoscere meglio le due ragazze - grazie alle cut scene e ad alcuni dialoghi in game -, anche se, nella maggior parte dei casi, si faticherà ad andare oltre dettagli di superficie. La sensazione a lungo dominante, però, sarà quella di avere a che fare con ‘eroine teen’ fin troppo sopra le righe, che tenderanno a banalizzare quasi tutte le situazioni che affronteranno.
Personalmente non ho gradito molto questa scelta che tanto ‘strizza l’occhio’ a un trend molto in voga nell’entertainment degli ultimi tempi: Jess e Soph non mi hanno proprio conquistato, risultando fin troppo ‘leggere’ al cospetto delle tragedie che incroceranno e dei massacri che compiranno. Insomma: il buon vecchio BJ era di tutt’altra pasta.
Comprimari deboli
Similmente a quanto visto in NO e soprattutto in NC (le catacombe di Parigi, base della resistenza, ricordano non poco il Martello di Eva, l’enorme U-boot rubato ai Nazisti dal circolo Kreisau), il cast di personaggi secondari, con cui il giocatore avrà a che fare, sarà decisamente nutrito. La maggior parte di essi verrà incontrata nelle catacombe di Parigi e fungerà da ‘contatto’ per l’attivazione delle numerosissime missioni secondarie che - come vedremo - rappresenteranno una delle componenti centrali di tutto YB. A differenza di quanto accadeva nei capitoli principali della saga, però, tutto il cast di NPC risulterà tutt’altro che all’altezza dei propri predecessori, offrendo solo di rado spunti realmente innovativi o interessanti. Un deciso passo indietro nella caratterizzazione del mondo a supporto del gioco.
Anni '80 troppo anonimi
La Parigi distopica che YB ci chiama a visitare cerca di farci vivere una città che, dopo quasi mezzo secolo di dominio nazista, ha cambiato volto, soprattutto nei propri scorci maggiormente iconici.
I designer di MachineGames, ancora una volta, hanno svolto un lavoro egregio immaginando uno stile architettonico e decorativo, ossequioso dell’iconografia nazista, ma calato nella Francia degli anni ’80: tutti gli ambienti del Regime risultano straordinariamente efficaci e carismatici, abbinando la megalomania del Reich con l’abbondanza di orpelli e sovrastrutture propria dello stile di 30 anni fa. Gli ambienti di proprietà degli occupanti, però, sono luoghi militari, di ricerca scientifica o istituzionali, per cui, nella maggior parte dei casi, in virtù della propria destinazione peculiare, faticano ad avere una caratterizzazione ‘temporale’ che vada al di là dello stile decorativo molto ‘carico’ di cui si è detto.
Gli anni ’80 ‘pop’, di una Francia nazistificata, sarebbero dovuti trasparire da ‘tutto il resto’: strade, luoghi aperti, edifici privati. Un po’ come accaduto in NO e NC, con gli Usa dei sixties vittima dell’occupazione del Reich. In questo, purtroppo, YB fallisce, risultando non sufficientemente caratterizzato e particolareggiato. La Parigi che visiteremo - al netto dell’invasiva presenza di strutture naziste (in gran parte futuristiche, anche per essere degli ’80) - risulterà quindi piuttosto anonima e non davvero identificabile con la cultura di tre decenni fa. Non bastano i tanti collezionabili raccoglibili, che pure strizzano l’occhio in modo gustoso alla cultura pop degli anni ’80.
In questo senso non aiuta assolutamente il fatto che i quartieri parigini che attraverseremo siano quasi sempre deserti. Certo, introdurre la presenza di civili in uno shooter così rapido e violento non sarebbe stata facilmente implementabile, ma la pressoché completa ‘vuotezza’ di strade e appartamenti non può che lasciare l’amaro in bocca.
L'ibrido che funziona poco
NO e NC erano solidi shooter. Improntati sull’azione, facevano dello spargimento di sangue e della distruzione i propri capisaldi. YB prosegue su questa lunghezza d’onda, riproponendo il possente arsenale tipico dei suoi predecessori, con qualche innovazione e una buona possibilità di personalizzazione. Tutto si presta anzitutto all’attacco frontale, vuoi per la tipologia delle armi più efficaci, per la potenza delle Terror Twins o per la resistenza e il comportamento di molti nemici. Da questo punto di vista YB funziona: è divertente e spettacolare e - pur senza rappresentare una sfida improba - sa diventare impegnativo, se non altro ai livelli di difficoltà più alti.
Il problema è che MachineGames ha cercato di introdurre delle ‘varianti sul tema’ (tante e ampie) che a conti fatti hanno reso il nuovo capitolo di Wolfenstein un ibrido che funziona poco.
È come se - di fronte alla forza di NO e NC - YB provi a ‘strafare’, denunciando un’ansia da prestazione che raramente porta a risultati positivi. Le figlie di BJ che non ‘reggono’ il confronto con l’augusto genitore ed esagerano, nel tentativo di eguagliare i risultati centrati dal padre? Il paragone è quanto mai calzante.
Anzitutto c’è la componente RPG - che ricorda non poco un’impostazione stile Borderlands o Destiny -: i personaggi e i nemici sono contraddistinti da un livello complessivo di forza che andrà a incidere su ogni scontro, snaturando la semplice dinamica da shooter. In soldoni, per quanto potremo essere abili con il joypad e dotati di mira e destrezza, dovremo stare attenti al livello dei nostri avversari, per non trovarci impegnati in scontri lunghissimi o quasi fuori portata in rapporto ai colpi necessari per avere la meglio sui nemici. Il sistema, che all’inizio spiazza un po’, si padroneggia in un batter di ciglia. Ma fa da apripista alla seconda ‘modifica strutturale’ che contraddistingue YB: la necessità di dedicarsi alle missioni secondarie con una costanza mai vista prima d’ora, per favorire la crescita dei personaggi (sia per quanto riguarda le capacità personali, sia per efficacia e completezza dell’arsenale).
Ecco allora modificarsi la struttura complessiva dell’avventura che, caratterizzata da un numero ridotto di missioni principali, conosce un clamoroso fiorire di imprese secondarie. Se la struttura delle operazioni primarie si rivelerà molto simile a quella tipica dell’intera saga di Wolfenstein (con un incedere progressivo all’interno del ‘campo nemico’), la dinamica delle missioni secondarie sarà decisamente differente. Il giocatore, infatti, si troverà spesso e volentieri impegnato nei principali quartieri di Parigi, che saranno disegnati come arene - ampie ma comunque limitate - le cui sezioni saranno liberamente percorribili, come si trattasse di piccoli open world. L’accesso a queste aree avverrà essenzialmente attraverso la metropolitana e, una volta usciti dalla stazione d’arrivo, potremo girare a piacimento per le strade, come all’interno degli edifici accessibili. I nostri obiettivi ci saranno stati comunicati da qualche ribelle presente nelle catacombe (la base della Resistenza, hub iniziale di ogni sessione di gioco) ma, molto di frequente, saremo contattati via radio, nel mezzo dell’azione, per ricevere qualche compito ulteriore da svolgersi nell’area. Idea interessante, non fosse per la rapida ripetitività di questi compiti addizionali, così come per un respawn quantomeno criticabile dei nemici (spesso, infatti, basterà ritornare in una sezione del quartiere appena abbandonata per vederla nuovamente popolata da avversari, non di rado più forti di quelli eliminati solo qualche minuto prima). Questa dinamica potrebbe essere funzionale alla crescita dei personaggi, ma risulta davvero punitiva quando il ritorno sui propri passi è immediato e causato da una nuova assegnazione, appena ricevuta via radio. La situazione si fa ancor più intricata per via delle risorse presenti nello scenario, che saranno disponibili in misura inferiore rispetto al ‘primo passaggio’.
Insomma: se la struttura a RPG di YB fa certamente guadagnare longevità e complessità al titolo di MachineGames, comporta anche un’accresciuta ripetitività dell’azione che riduce enormemente la brutale immediatezza propria della saga.
Un’altra dinamica peculiare di YB è quella rappresentata dall’offerta stealth del gioco. In virtù della collaborazione con Arkane Studios (gli ideatori di Disonhored), YB prova anche a dotarsi di un approfondimento tattico. Le ‘arene circolari’ - che costituiscono i quartieri di Parigi, in cui compiremo le missioni secondarie - sono regolarmente approcciabili utilizzando più percorsi. Questo vuol dire che, oltre all’attacco frontale, in mezzo alla strada, si potrà provare a mantenere un profilo più basso, evitando un buon numero di scontri ed effettuando uccisioni silenziose. Un’idea certamente stimolante, anche per via del numero elevato di nemici capaci di rispondere alla convocazione dei Comandanti d’area (i Nazisti da eliminare per primi, proprio per evitare l’arrivo di ingenti rinforzi). Il problema è che pressoché nulla - né gli scenari, né le routine dei nemici - consente un approccio di basso profilo. L’unica possibilità di non essere notati sta nell’uso estensivo della capacità mimetica della nostra tuta prodotta dal Da'at Yichud: al netto della durata piuttosto limitata di questo potere, potremo aggirare ed eliminare con un po’ troppa facilità molti dei nemici ‘base’.
Ancora una volta - per quanto apprezzabile - lo sforzo di offrire ‘altro’ rispetto allo shooter lineare, non ha pieno successo. Nelle situazioni più semplici, l’invisibilità ci renderà fin troppo potenti mentre risulterà pressoché inutile negli spazi chiusi o strettamente sorvegliati.
Alla fine l’attacco frontale, in quasi ogni situazione, risulterà non solo più efficace, ma anche molto più gratificante.
Come ‘puro shooter’, infatti, YB fa ampiamente il proprio dovere, garantendo al giocatore la dovuta dose di ritmo e violenza. Il sistema ‘a livelli’ di personaggio e nemici ingarbuglia un po’ le cose ma, se si evitano azioni completamente scriteriate e ‘sproporzionate’, la fruibilità del titolo sarà sempre garantita.
Dal punto di vista della battaglia ‘nuda e cruda’, insomma, YB è divertente e ben riuscito. Contribuiscono, in questo senso, gli scenari. In particolare quelli esterni, propri delle ‘arene’ che costituiscono i quartieri parigini. Queste sezioni del gioco, infatti, oltre a consentire una buona varietà di percorsi e - conseguentemente - di approcci al nemico, hanno conosciuto un sensibile ‘sviluppo verticale’, non del tutto comune nella saga. Sarà possibile raggiungere i luoghi più elevati grazie alla potenziata abilità di salto garantita dalla tuta Da'at Yichud e, in questo modo, oltre ad avere accesso a stanze segrete (stracolme di oggetti utili e collezionabili), si potrà godere di una visione d’insieme dell’area. Il giocatore, così, potrà meglio pianificare l’azione e, quando avrà deciso di attaccare, lo farà da una posizione di indubbio vantaggio.
Wolfenstein Youngblood usa il motore grafico id Tech 6La verticalità degli scenari, però, dà una mano anche ai Nazisti, rendendo il loro comportamento più vario e aumentandone la pericolosità.
Uno dei più evidenti punti deboli di NO e soprattutto NC riguardava proprio l’IA del nemico. YB, in questo senso, segna un piccolo passo avanti. E lo fa proprio in virtù della maggiore complessità degli scenari. I Nazisti, infatti, ci attaccheranno da più posizioni, sfruttando in modo abbastanza consapevole la stratificazione dei livelli di gioco, rendendo la propria inevitabile morte meno scontata. Non siamo di fronte a un’IA raffinata, certo, ma, se si escludono le unità più pesanti (ancora troppo facilmente ingannabili), i nemici non avranno più quell’assurda condotta suicida che aveva inficiato NC e preferiranno cercare dei ripari da cui fare fuoco contro di noi, limitando gli esiziali (per loro) spostamenti allo scoperto. La strada da percorrere è lunga, ma si è nella giusta direzione.
L'unione fa la forza, e a buon mercato
L’altro punto forte di YB sta nella propria offerta co-op. Acquistando - per soli 10 €, rispetto ai 39.99 € di base - la versione deluxe del gioco, avremo la possibilità di invitare alle nostre sessioni online un amico in possesso anche solo della versione prova di YB. In pratica, i nostri ‘ospiti’ giocheranno tutta l’avventura gratuitamente (anche se non sbloccheranno gli obiettivi e i trofei). Le altre possibilità sono quelle di lanciarsi nella mischia in compagnia di un utente sconosciuto ‘trovato’ online, oppure di sfidare i Nazisti con una sorella gestita dall’IA.
Quest’ultima opzione ci porrà in maggior controllo - l’IA sarà sempre molto docile e discretamente efficace, con qualche incertezza marcata solo quando dovrà prestarci soccorso in seguito a una ferita -, ma garantirà minor divertimento.
È del tutto evidente, infatti, come l’azione ben coordinata, con un amico con cui comunicare e pianificare le operazioni, sia in tutto e per tutto il fiore all’occhiello di YB. È in questo modo - e per un prezzo decisamente abbordabile - che ci garantiremo parecchie ore di gratificanti spargimenti di sangue ed esplorazioni. È fondamentalmente così che anche i passaggi più tediosi e meno ispirati di YB risulteranno comunque godibili.
Certo - in virtù del DNA aggressivo e frenetico del gioco - l’azione non sarà sempre semplice da coordinare a dovere ma, vista la bontà dell’idea co-op, risulta ancora più colpevole la scelta di non aver differenziato Soph e Jess. Un peccato, perché avrebbe conferito una grande profondità tattica al titolo, richiedendo una vera coordinazione nell’azione, per poter sfruttare le peculiarità di ciascuna sorella.
Il fatto di avere sempre un partner attivo abbassa la difficoltà del gioco visto che le due sorelle possono reciprocamente ‘rianimarsi’ all’infinito. L’unico vincolo è che non risultino ‘ferite a morte’ nello stesso momento. Quand’anche questa situazione si verificasse, avremmo un aiuto ulteriore garantito dalle ‘vite condivise’ (un massimo di 3) che si potranno consumare, per tornare immediatamente in azione. Attenzione, però: terminate anche le vite condivise il gioco diverrà particolarmente punitivo, visto che i respawn saranno davvero ‘molto indietro’ nel percorso di gioco (soprattutto durante le missioni principali) e ci verrà chiesto di riattraversare aree nuovamente piene di nemici, ma con le risorse possedute al momento della morte (non quelle di inizio sezione).
Conclusioni
Wolfenstein Youngblood è un buon titolo, capace di regalare tante ore di divertimento, soprattutto se fruito in co-op. Arriva poi sugli scaffali a un prezzo molto interessante (39,99 €) con la possibilità, qualora si optasse per la versione Deluxe del gioco (49,99 €), di far giocare con noi un amico gratuitamente. Se avete un compagno con cui condividere YB, insomma, dovete seriamente farci un pensiero. Specie se siete dei veterani della saga o degli appassionati di sparatutto.
Grosso rimpianto, in ottica co-op, è l’assoluta identicità - quanto ad abilità - delle di Sophia e Jessica, le figlie gemelle di BJ Blazkovicz, che impersoneremo in YB.
Il modello di shooter è convincente e ricalca quanto visto sin qui nella saga: azione frenetica e violentissima, improntata più sulla spettacolarità che sulla tattica.
Le novità principali che MachineGames ha introdotto - crescita del personaggio, livello di forza dei nemici, struttura a ‘mini-open world di molte aree di gioco, possibilità diffusa di un approccio stealth) non sono sempre ben amalgamate nella struttura portante della saga, ma rappresentano comunque tentativi coraggiosi, che non impediscono il divertimento (anche se qualche volta rendono YB un po’ ‘farragginoso’).
Notevoli passi avanti sono stati compiuti nel design dei livelli che ora, spesso, consentono molteplici accessi alle zone di combattimento (consentendo così una maggior diversificazione degli attacchi). Qualche progresso anche per quanto riguarda l’IA che, lungi dall’essere davvero gelosa della propria vita, se non altro ha molto ridotto le sue tendenze suicide.
Interessante e ricco anche il comparto di sviluppo del personaggio e dell’arsenale (ancora una volta, le armi risultano essere uno dei punti forti di Wolfenstein: potenti, eleganti e differenziate tra loro in modo saggio).
Laddove YB rappresenta un netto passo indietro rispetto agli - elevati - standard della serie è negli elementi di ‘contorno’ al gioco vero e proprio: i personaggi, la storia e le ambientazioni, per quanto realizzati con impegno, non raggiungono nemmeno lontanamente i superbi risultati di NO o NC. Questo può anche essere dovuto al costo ‘ridotto’ del titolo, ma è sicuramente un peccato.
La sensazione è che, per reggere il confronto con il successo di New Order e New Colossus, YB abbia voluto ‘strafare’, offrendo al giocatore davvero tante nuove cose da fare, ma perdendo punti in quelli che erano i capisaldi della saga. Come spesso capita ai volenterosi figli di genitori particolarmente capaci, così l’ombra di BJ ha un po’ frenato l’affermazione di Sophia e Jessica.
PRO
- Costo contenuto e possibilità di far giocare ‘gratis’ un compagno
- Shooter divertente
- Tante cose da fare
- Level design ispirato
CONTRO
- Passi indietro in termini di narrazione e caratterizzazione di personaggi e mondo di gioco
- Elementi ludici addizionali (sistema di progressione ‘a livelli’, dinamiche stealth) che non aggiungono vero divertimento allo shooter nudo e crudo
- Identicità delle capacità delle sorelle Blazkovicz
17 Commenti
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PS: comunque è giocabile in single player. Per il multiplayer, solo 2 giocatori, non in LAN, solo online.
PS: comunque è giocabile in single player. Per il multiplayer, solo 2 giocatori, non in LAN, solo online.
Grazie.
Ci sto giocando in questi giorni su pro ed è davvero bello.
Sembrano sparatutto mediocri cyber-punk e come protagonista nei panni di un supereroe immortale (letteralmente immortale....se li avete giocati, saprete a cosa mi riferisco), americanizzato all'inverosimile con la classica spacconaggine e cafonaggine yankee, roba degna di un film alla roland emmerich. Return to Castle Wolfenstein IMHO è ancora imbattuto.
GG Bugthesda!
Hanno dichiarato che avrebbero implementato il RT solo successivamente con un aggiornamento
Sembrano sparatutto mediocri cyber-punk e come protagonista nei panni di un supereroe immortale (letteralmente immortale....se li avete giocati, saprete a cosa mi riferisco), americanizzato all'inverosimile con la classica spacconaggine e cafonaggine yankee, roba degna di un film alla roland emmerich. Return to Castle Wolfenstein IMHO è ancora imbattuto.
GG Bugthesda!
semmai un molto avanzato steam-punk, che poi è la naturale evoluzione di Wolf 3d e di tutto l'immaginario letterario e visivo nazista distopico. e d'altronde sempre nell'originale e capostipite Wolf 3d l'ultimo boss è Hitler all'interno di un mech con due chaingun montate sulle braccia, quindi cosa vai cianciando? lo spirito del gioco ha sempre avuto un'ispirazione steam punk con una vena grottesca a base di propaganda americana spicciola. per giunta gli ultimi giochi sono ambientati negli anni 60, ottima scelta per svecchiare un'ambientazione ormai veramente stantia e che non aveva più nulla da dire.
bugthesda... ma cosa hai 13 anni?
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