Shadow of the Tomb Raider: ecco come nasce la 'vera' Lara Croft
Shadow of the Tomb Raider completa la trilogia sulla genesi della Lara Croft per come oggi la conosciamo. Iniziata nel 2013 con il gioco di Crystal Dynamics che riscriveva dalle fondamenta il personaggio di Lara Croft, è proseguita con Rise of the Tomb Raider tre anni fa e adesso è il momento della conclusione
di Stefano Carnevali pubblicato il 15 Ottobre 2018 nel canale VideogamesSquare EnixKoch MediaTomb Raider
Quando, nel 2013, Square Enix e Crystal Dynamics decisero di mettere mano all’immaginario di Tomb Raider, formulando un vero e proprio reboot della saga, lo scalpore fu notevole. Quella che sarebbe stata riscritta, infatti, era una delle figure più carismatiche e conosciute di tutta la storia dei videogiochi, un personaggio che tra games, film, fumetti e copertine patinate, era entrato a pieno diritto nell’Olimpo della cultura pop mondiale.
Va ricordato quale fosse lo scopo del reboot del 2013: l’interessante idea degli sviluppatori fu di ‘guardare dietro’ la maschera dell’icona Lara Croft - avventuriera tutta curve ed efficacia - per restituirci, attraverso la narrazione delle prime avventure della giovane archeologa inglese, un personaggio più profondo, dotato di un background realistico e sofferto. Il percorso era chiaro: Lara doveva arrivare ad essere la ‘macchina da esplorazione’ che il mondo già conosce, ma lo avrebbe dovuto fare attraverso un umanissimo iter di crescita, tutt’altro che lineare e semplice.
Nel 2013 l’interessante idea degli sviluppatori fu di ‘guardare dietro’ la maschera dell’icona Lara Croft - avventuriera tutta curve ed efficacia - per restituirci un personaggio più profondoOltre alla narrazione e alla regia, le stesse dinamiche di gioco avrebbero dovuto far confrontare Lara con un percorso di crescita e sofferenza: combattimenti più maturi, contesti estremi, in cui raccogliere risorse per sopravvivere, enigmi ed esplorazioni ancora più letali ed impervie.
Con i ‘potenti mezzi’ che scendono in campo, quando si ‘scomoda’ un franchise del calibro di TR, era lecito aspettarsi un reebot scritto e costruito toccando alti livelli di qualità e divertimento.
E in effetti, dopo un convincente Tomb Raider (2013) era arrivato un migliorativo Rise of The Tombr Raider. Adesso è il momento di tirare le somme sulla ‘rinascita’ di Lara Croft: come dice lo stesso titolo dell’ultimo capitolo lascia intuire, sarà però un finale sofferto sotto molti punti di vista.
Profezie Maya
Dopo aver sventato i progetti della Trinità (organizzazione paramilitare, con chiare mire di controllo sul Mondo) in terra di Russia, Lara incrocia nuovamente la propria strada con quella del potente gruppo segreto che, al termine del rovescio patito nell’Est Europa, ha riorganizzato i propri ranghi e vertici. Sono passati solo pochi mesi da Rise e, se possibile, le ambizioni della Trinità sono persino più elevate. La nostra eroina, invece, è sempre più determinata a ‘inchiodare’ i responsabili del finto suicidio del proprio padre. In più, come ovvio, non disdegnerà di intervenire per evitare le minacce apocalittiche o di ‘riconfigurazione’ del Mondo che la Trinità porta con sé.
Shadow prende le mosse con Lara e il fido Jonah impegnati in un turbolento volo sopra la giungla peruviana, con tanto di immancabile schianto. Ma sarà un’intro brevissima, visto che, quasi subito, verremo catapultati in un (altrettanto immancabile) flashback che ci svelerà come mai i nostri eroi siano in volo, nella tempesta, nel cuore del Sud America.
Oltre alla narrazione e alla regia, le stesse dinamiche di gioco avrebbero dovuto far confrontare Lara con un percorso di crescita e sofferenzaAccompagnata dal fido Jonah (ormai costantemente in solitaria), quindi, ecco Lara giungere in una cittadina messicana, durante el dia de los muertos, alle calcagna di Dominguez, il capo locale della Trinità.
In un rapido vortice di accadimenti, la bella esploratrice, scoprirà i clamorosi avvicendamenti avvenuti ai vertici dei propri antagonisti, ne individuerà i nuovi obiettivi e, suo malgrado, contribuirà a una brusca accelerata della cospirazione della Trinità.
Senza voler anticipare troppi dettagli, come prevedibile, vista la location del gioco, il misteriosi poteri che la Trinità brama sono di matrice precolombiana - Maya più che altro - e, altrettanto prevedibilmente, stante la mitologia coinvolta, la minaccia più grande non può che risiedere in minacciose profezie apocalittiche, connesse a misteriosi manufatti a cui eroi e malvagi dovranno la caccia.
Come dicevamo, sarà Lara - a causa della propria malcelata brama di scoperte e conoscenza - a far precipitare la situazione, andando a recuperare un antico pugnale che darà il via a una serie di cataclismi naturali - anticipazione della fine del Mondo -. Solo abbinando alla lama il possesso dello Scrigno d’Argento si potrà controllare lo spaventoso potere risvegliato. Per Lara la priorità sarà bloccare i cataclismi, impedendo lo ‘Spegnimento del Sole’ previsto dalla profezia; per la Trinità l’obiettivo sarà riunire i due artefatti per ottenere il potere di riconfigurare il Mondo secondo i propri desideri.
Narrazione priva di mordente
Tutto apparecchiato per il gran finale: scontro epico con la Trinità, sconvolgimenti cosmici connessi a un potere antico, Lara che completerà forzatamente la propria evoluzione, divenendo una volta per tutte la macchina da avventura che già conosciamo. Eppure la storia di Shadow of the Tomb Raider non riuscirà mai a risultare davvero coinvolgente ed emozionante, rivelandosi anzi un mix mal riuscito di cliché e di situazioni ripetitive e poco ispirate.
Anzitutto Lara. La nostra eroina è il cuore di TR: il motivo portante della trilogia reboot è sempre stato scavare nella personalità della protagonista, per seguirne passo passo l’evoluzione e conferirle il giusto spessore. Questo veniva fatto attraverso dialoghi ottimamente scritti e recitati, che avevano spazi adeguati e ritmo cadenzato, rendendo l’esperienza narrativa di TR, un gustoso e interessante stacco tra le varie sezioni di gameplay.
In Shadow, purtroppo, la regia e il team creativo hanno perso non poco smalto. Le scene sono troppe, troppo lunghe e, tutto sommato, vuote e poco rilevanti. I personaggi si dicono sempre le stesse cose, seguendo stereotipi e cliché triti e ritriti, riuscendo così a rendere banali anche le svolte più drammatiche della vicenda.
Anche Lara risulta fastidiosamente vuota: benché le sue colpe siano persino più grosse rispetto al passato (visto che i cataclismi, apparentemente scatenatisi per via del furto del pugnale da lei commesso, mietono vittime a profusione), i suoi struggimenti non risultano mai sinceri, né davvero credibili. Questione di script poco ispirato, di scarso tempismo e, soprattutto, di una diffusa sensazione di ‘già visto’.
Peccato, perché, come detto, Shadow aveva il compito di concludere degnamente la ‘riscrittura approfondita’ di Lara. In questo fallisce abbastanza nettamente.
Senza mordente è anche la trama di Shadow in sé. L’argomento delle profezie Maya, connesse con questioni apocalittiche, sa tremendamente di già visto e lo script dell’ultima avventura di Lara fa davvero poco per regalare qualche coinvolgente innovazione. Anche la dinamica base dell’avventura - i ‘buoni’, sempre avanti un passo rispetto alle ricerche della possente forza nemica, finiscono ripetutamente per favorire i progressi dei propri antagonisti - è quanto di più classico possibile e poco riescono a migliorare anche le interazioni di Lara e Jonah con gli altri personaggi non giocanti.
Questo perché, anzitutto, le situazioni narrative saranno sempre forzate per far sì che - mai come ora - Lara debba rimanere da sola in tutte le esplorazioni: Jonah rimarrà sempre indietro a studiare piani, cercare strade alternative, corteggiare affascinanti meccanici indigeni… Tutto poco credibile, quasi pretestuoso.
In secondo luogo, la trama si svilupperà secondo una sconcertante serie di situazioni già viste e già accadute in altri capitoli della saga o in altre avventure simili (una valle segreta, con una popolazione che vive dimenticata dal mondo e inconsapevole della modernità, guidata da un leader carismatico, custode di un grande e terribile segreto e minacciata da nemici esterni, come da avversari misteriosi? Sì: tutto presente. Di nuovo). Tutto questo è un ulteriore disincentivo per il giocatore, che faticherà a interessarsi alle vicende di Shadow con dedizione.
Sospensione dell’incredulità. Questo è uno dei principali problemi che affliggono molti giochi di avventura, ma in Shadow le situazioni poco credibili sono presenti in numero decisamente superiore alla media. A livello di trama, gli incastri rocamboleschi e forzati si sprecano, così come le coincidenze funzionali al prosieguo della trama (sia in modo favorevole agli eroi, sia in modo sfavorevole). Tutto questo, comprensibilmente, è un colpo pesante per il pathos che la storia di Shadow dovrebbe suggerirci: persino i momenti più incisivi e ‘catartici del gioco vengono così indeboliti a dismisura: come posso credere che Jonah sia morto solo perché mi viene comunicato via radio da un villain? Come posso emozionarmi quando, in modo del tutto inspiegabile, riemerge tra le fiamme di un centro di estrazione petrolifero, dopo che Lara ha fatto letteralmente saltare in aria tutto?
Persino il principale ‘turning point’ nella caratterizzazione del personaggio risulta indebolito da queste infelici scelte: in uno dei momenti più spettacolari del gioco (di questo va dato merito alla regia), Lara emerge dalle acque, circondata dalle fiamme. Sembra definitivamente diventata una guerriera implacabile (persino più letale di quanto raccontatoci dai ‘vecchi giochi’: una sorta di Rambo con la coda a cavallo) e, nella breve sessione di shooting che seguirà, l’esaltazione può essere davvero marcata. Però tutto quello che è accaduto prima - raccontato in modo inefficace e stantio - e lo scontro che chiuderà questo segmento di gioco - prevedibile, facile e irrealistico - indeboliranno di molto le sensazioni forti del giocatore. E, quasi a conferma di tutto ciò, la stessa Lara, dopo la ‘grande battaglia’ avrà un altro ‘crollo di spirito’ piuttosto marcato. Rambo sì, ma per 10 minuti…
Gameplay ricco, ma poco innovativo
Debole narrativamente, Shadow ripropone però un gameplay ‘glorioso’, direttamente mutuato - e ampliato - dai capitoli precedenti dalla saga. E da qualche concorrente illustre.
Le sessioni di crafting, quelle platforming e puzzle-solving, quelle stealth e quelle di shooting si alternano magistralmente, riproponendo la solida offerta ludica della saga reboot di TR. In questo capitolo, la componente più espansa e meglio riuscita è quella dedicata all’esplorazione. Gli scenari di gioco sono studiati con creatività ed abilità, secondo sviluppi articolati e per lo più verticali. Utilizzare le varie abilità di Lara si rivela un piacere che diverte e invoglia a proseguire. Il limite, in questo senso, è per lo più insito nello sbilanciamento delle varie tecniche (alcune assolutamente più rilevanti di altre) e nella scarsissima libertà nell’approccio lasciata al giocatore (potremo scegliere quanto esplorare, ma le strade percorribili - per quanto ampie possano essere gli scenari) saranno sempre e solo quelle previste dai programmatori. Un classico per la saga e la tipologia di gioco, certo, ma anche un’occasione persa: visto il respiro ‘open wolrd’ che ormai ogni gioco pretende di offrire, si poteva certamente fare di più. Anche perché le sensazioni trasmesse da Rise in questo senso erano certamente migliori.
Le sessioni di crafting, quelle platforming e puzzle-solving, quelle stealth e quelle di shooting si alternano magistralmenteCome detto, le sessioni di esplorazione e di risoluzione dei puzzle rappresentano l’aspetto più diffuso e meglio riuscito dell’esperienza proposta da Shadow. Avanzare attraverso la giungla, le antiche costruzioni che via via scopriremo e le impervie alture da scalare, non potrebbe essere più gratificante. Le abilità di Lara tornano in pacchetto completo e diventano più intuitive da gestire e da applicare, rendendo il nostro incedere fluido e divertente. Per quanto riguarda gli enigmi, invece, essi da un lato riguardano le difficoltà che potremo avere per raggiungere le nostre destinazioni, dall’altro sono connessi a come proseguire all’interno delle antiche costruzioni (in particolare tombe e cripte).
In questi casi, spesso, la principale difficoltà sarà comprendere come arrivare in un luogo di interesse (anche perché indicatori e mappe non sempre ci faciliteranno il compito). All’interno della location da indagare, invece, le attività saranno più semplici da padroneggiare. Le 9 tombe sono un ispirato ‘divertissement’, spesso meno impegnativo rispetto al passato, ma mai banale.
L’istinto di sopravvivenza di Lara - in questo capitolo ulteriormente potenziabile con le adeguate sostanze naturali - gioca ancora un ruolo di primo piano, visto che metterà in bell’evidenza gli elementi dello scenario da utilizzare per procedere. Starà comunque a noi ‘mettere assieme i pezzi’, per poter capire come attivare i vari meccanismi e sbloccare le vie d’accesso. La stessa Lara - vocalmente - ci darà dei suggerimenti su quali operazioni compiere per proseguire. Anche gli scenari ci verranno in aiuto: torna il colore bianco che segna la via da intraprendere. Interessante la possibilità di modificare l’invadenza delle riflessioni di Lara, così come dell’evidenza del bianco, attraverso la selezione del livello di difficoltà connesso agli enigmi (separato da quello concernente i combattimenti).
Da segnalare anche le corpose sessioni di nuoto - ben realizzate e credibili, per quanto sin tropo lineari - e saltuari momenti di fuga rapida, dove dovremo essere precisi e veloci nell’allontanarci da strutture pericolanti, per evitare crolli o fuoco nemico. Sarebbe potuto essere un altro elemento di variazione, ma si risolvono un po’ troppe volte in poco gratificanti trial and error, in virtù di un level design che, almeno in questo caso, non brilla per chiarezza e ispirazione.
In generale funziona tutto e tutto diverte ma non ci sarà nessun elemento che si potrà considerare davvero stravolgente la struttura di gioco o che non venga replicato in altri capitoli della saga (per quanto in modo meno raffinato) e in titoli concorrenti.
Per quanto riguarda il crafting, esso è davvero onnipresente. Ogni area a cui avremo accesso conterrà una quantità elevatissima di risorse, che Lara potrà trasportare con sé in modo abbastanza limitato (prima di acquistare zaini più capienti). Esse sono utili per fabbricare e potenziare armi, proiettili, medicine, veleni e anche abiti - gustosa novità di questo capitolo - che doneranno a Lara abilità permanenti.
Rispetto a Rise, però, resta la diffusa sensazione di una eccessiva facilità nel reperire le risorse (a meno di non giocare a livelli di difficoltà molto elevati). Anche il potenziamento delle armi appare decisamente meno urgente di quanto avveniva nel secondo capitolo: come vedremo, i combattimenti sono in numero inferiore e Lara darà sempre la situazione di avere tutto sotto controllo. La dinamica che comunque scatta è quella di un superficiale e rapido ‘giro veloce’ di ogni nuovo ambiente, per accaparrarsi tutte le risorse che si potranno trasportare. Quelle - molte - che non utilizzeremo effettivamente potremo rivenderle ai mercanti.
Il crafting è onnipresente e le risorse sono utili per fabbricare e potenziare armi, proiettili, medicine, veleni e anche abitiQuesta dinamica di ‘raid’ parecchio forzata è un’ulteriore elemento fastidioso, che contribuisce a far sospendere l’incredulità: di fatto Lara potrà depredare i retrobottega dei mercanti, troverà antichi manufatti o testi preziosi per le strade e passerà sin troppo tempo a strappare rami o a catturare bacarozzi velenosi. Non piace neppure la gestione sbrigativa dei reperti trovati: apriremo innumerevoli contenitori, leggeremo decine di pale o totem… ma se non avremo la voglia - ogni volta - di mettere il gioco in pausa e, manualmente, andare a vedere nei menu che cosa sia quello che abbiamo trovato, il tutto verrà archiviato anonimamente. Anche i commenti di Lara si attiveranno solo all’interno dei menu. Scomodo e banalizzante. È stato così anche nel recente passato, ma oggi pare maggiormente fastidioso e quantitativamente più rilevante.
Raccogliendo materiali e manufatti antichi, uccidendo, completando missioni ed esplorando, Lara guadagnerà punti esperienza che potrà spendere per migliorare le proprie abilità secondo un ‘albero’ tripartito tra il percorso della guerriera, quello della saccheggiatrice e quello dell’esploratrice. Alcune capacità, invece, si acquistano solo con il prosieguo dell’avventura, tagliando traguardi e scoprendo segreti. Per quanto riguarda le abilità sbloccabili, la scelta è interamente sulle spalle del giocatore, che sarà libero di perseguire la strada che maggiormente is confà al proprio stile. Il fatto che l’albero consenta solo un avanzamento sistematico (per ottenere le capacità più alte, si dovranno forzatamente attivare anche quelle ‘limitrofe’) rende il percorso meno personalizzabile e impone il conseguimento anche di vere e proprie ‘sole’, che costeranno preziosi punti esperienza. Il rischio, così, è che, senza una buona pianificazione, si arrivi ad ottenere strumenti utili solo molto tardi. Niente di drammatico: Lara avrà sempre tutto quello che le serve per procedere in scioltezza, ma si perderanno soluzioni ‘gustose’. Ancora una volta il sapore di già visto si presenta: quel che Lara saprà fare o apprenderà è spesso utile, sempre divertente, ma non dà mai scossoni rispetto ai capitoli precedenti.
Veniamo al combattimento, forse l’elemento di gameplay che più mi aveva divertito in TR e, soprattutto, in Rise.
Curiosamente, per quanto Shadow sia presentato come la catarsi (anche parecchio violenta) di Lara, le sessioni di fuoco e lotta sono più rade, rispetto ai due capitolo precedenti. In particolare, poi, va dato conto di una virata piuttosto decisa verso lo stealth che risulta di gran lunga l’approccio favorito e più efficace a quasi ogni scontro. Questo perché l’ambiente e l’arsenale di Lara si prestano tantissimo all’azione di basso profilo, ma anche perché la maggior parte delle situazioni di combattimento impone situazioni molto frenetiche, in cui camera e comandi rendono poco facile destreggiarsi a dovere. Mettiamoci pure la salute realisticamente cagionevole di Lara e l’assurda possibilità di ‘cambiare spalla’ al sistema di mira SOLO imbracciando un’arma (e quindi fuori dalle coperture) e il quadro è completo: sempre prediligere l’azione nascosta.
I combattimenti restano comunque una componente divertente e godibile, che non richiederà troppo impegno, ma che non permetterà nemmeno atteggiamenti sciocchi o eccessivamente scriteriati.
Interessante anche la diversificazione dei nemici: i mercenari più scafati - riconoscibili per un equipaggiamento superiore - avranno una condotta più accorta della ‘soldataglia’ di bassa lega, mentre gli avversari ‘sovrannaturali’ saranno tutt’altra cosa (come ovvio).
Merita, a questo proposito, una breve nota l’esperienza che si vivrà nel cuore della terra, alla mercé della componente ‘occulta’ di Shadow. In questi frangenti, il gioco opera un godibile cambio di ritmo, sterzando verso situazioni più frenetiche e generando una riuscita atmosfera horror, carica di tensione.
In questo capitolo, la componente più espansa e meglio riuscita è quella dedicata all’esplorazioneA conti fatti, comunque, non è che i nemici brillino per intelligenza o iniziativa. Si comportano, tuttavia in modo sufficientemente accorto (anche se siamo francamente stanchi di soldati che si dimenticano con estrema facilità dei propri compagni, scomparsi all’improvviso) e, salvo qualche sporadico scontro, rappresentano sempre un avversario gratificante.
Anche in questo ambito, comunque, le differenze rispetto al passato sono davvero minime e aver padroneggiato le situazioni di TR e Rise sarà più che sufficiente per avere la meglio anche degli avversari di Shadow.
Una delle espansioni più marcate di Shadow è rappresentata dal fatto che Lara si troverà ad attraversare veri e propri centri abitati, di differenti dimensioni, ma tutti vivi, popolosi e dinamici. Ludicamente, questi grandi hub diventano delle pause tra le sessioni di combattimento ed esplorazione, fungono da punto di partenza per alcune semplici missioni secondarie e consentono di percepire sempre più dettagli circa il mondi di gioco e la trama. Il pacchetto, che di per sé potrebbe essere un’interessante implementazione dello schema di Tomb Raider, strizza malamente l’occhio a quella necessità di open world che è un po’ il segno distintivo di questa generazione videoludica. Il punto è però che le missioni secondarie risulteranno tutt’altro che memorabili e divertenti, riducendo Lara ad avere le classiche e stantie funzioni da fattorino. Anche le ricompense ottenibili non sempre giustificano gli sforzi, così come le informazioni accessorie, che vanno ad arricchire una trama già ampollosa e poco godibile.
Un mondo rigoglioso, che canta a meraviglia
La realizzazione tecnica è assolutamente la componente di Shadow che risulta più impressionante, risultando davvero scarsamente criticabile. Tanto a livello visivo, quanto a livello di audio, siamo di fronte a qualcosa di decisamente notevole.
Tutte le location che attraverseremo - dai più angusti anfratti del sottosuolo, passando per le inquietanti architetture precolombiano o per i rimasugli delle missioni cattoliche dell’America latina - strapperanno, spesso e volentieri, esclamazioni stupefatte a qualsiasi utente. Le cose migliori, certamente, si vedono nelle ampie vallate della giungla, realizzate con maestria e credibilità, vive, colorate e profonde. Dal volo degli uccelli che si alzano dagli specchi d’acqua, alle nuvole basse: tutto contribuirà a rendere gli spazi di Shadow decisamente memorabili. Ecco, forse giusto gli specchi d’acqua non sono proprio lo stato dell’arte.
Egregia, da questo punto di vista, anche la regia di cut-scene: spettacolari e memorabili come davvero capitato poche altre volte, nella serie ma non solo. Peccato, come detto, che tutto ciò non sia al servizio di una narrazione altrettanto solenne.
Encomiabile anche il comparto audio: tutto, dalle rocce che si sgretolano, ai versi degli animali e ai rumori delle armi è di altissimo livello. Molto buona anche l’interpretazione degli attori che doppiano i personaggi principali. Se dobbiamo trovare il classico ‘pelo nell’uovo’, potremmo dire che i png, ogni tanto, hanno delle voci e tonalità non proprio consone ai personaggi che dovrebbero rappresentare.
Conclusioni
Shadow of the Tomb Raider è un adventure ricco e vario, corposo nella propria offerta ludica (anche se un po’ più breve dei capitoli precedenti, quanto a missione principale: poco più di una decina di ore). Il gioco si sviluppa secondo le tradizionali direttrici del crafting, dell’esplorazione, del puzzle solving situazionale e dei combattimenti (parecchio in salsa stealth). Tutto ampio e, seppure non perfetto, assolutamente godibile. Purtroppo scarseggiano le innovazioni: Shadow è un sontuoso ‘more of the same’ che amplia l’impianto della saga (recependo qualche suggerimento della concorrenza), ma che non dà mai la sensazione di volersi davvero migliorare.
Egregia regia di cut-scene: spettacolari e memorabili come davvero capitato poche altre volte, nella serie ma non soloAnzi, in questo senso, è da ‘sottolineare in rosso’ la poca propensione a intervenire sui difetti storici della serie - come la legnosità del combattimento ravvicinato e la sostanziale ‘poca urgenza’ dei compiti di crafting -, che si ripropongono fin troppo marcati. L’intervento di espansione maggiore riguarda la creazione di ampi centri abitati, che facciano da veri e propri ‘hub’ di collegamento tra le altre sessioni di gioco. Con un’evidente ‘strizzata d’occhio’ alle dinamiche open world, in questi spazi si potranno effettuare acquisti, conoscere il mondo di gioco in modo più approfondito e attivare missioni secondarie. Purtroppo nulla di tutto ciò risulta particolarmente ispirato o credibile. La debolezza di questi ‘approfondimenti’ è strettamente connessa con la ‘tara’ principale di SoTR che, nonostante sia il capitolo conclusivo dell’ambizioso progetto tripartito di reboot della saga di Lara Croft, risulta fiaccato da una narrazione poco ispirata, banale e farraginosa. Non basta un comparto tecnico di primissimo livello e nemmeno le azzeccatissime scelte di regia. Il pacchetto a supporto della - divertente, quindi, ma non originale né ispirata - trama principale si rivela un valido aiuto. Non tanto, come detto nelle missioni secondarie sbloccate nei centri abitati, quanto nell’esplorazione della giungla e, ancora una volta negli enigmi costituiti da cripte e tombe. Queste ultime in particolare - sono 9 - si rivelano più nascoste rispetto ai precedenti capitoli e decisamente più ampie e articolate. Nella maggior parte dei casi non sono propriamente insormontabili, ma difficilmente risulteranno banali. Interessante anche che l’approccio necessario cambi non poco da una all’altra.
In definitiva, Shadow of the Tomb Raider è un gioco solido, che non deluderà gli appassionati della saga, ma anche i neofiti. Non si tratta, però, del degno finale che la grande saga del reboot di Tomb Raider avrebbe meritato: poco innovativo e, soprattutto, debole nella narrazione, Shadow si lascia giocare volentieri, ma non si fa ‘vivere’.
PRO
- Comparto tecnico di altissimo livello
- Offerta ludica solida e ricca
- Mondo di gioco ampio e ben studiato
- Tombe ed enigmi collaterali solidi
- Ampia possibilità di personalizzazione della difficoltà
- Regia ispirata
CONTRO
- Troppo ‘more of the same’
- Difetti storici della saga non affrontati
- Narrazione poco ispirata, trama poco interessante
- Inserimento poco efficace delle dinamiche open world
4 Commenti
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Ciao Stefano e vividi complimenti per l'esaustivo articolo. Ottimo lavoro secondo me.Veramente incredibile.
21 ore a livello più difficile senza side quest.
Non vedo l'ora di ricominciarlo.
Veramente incredibile.
21 ore a livello più difficile senza side quest.
Non vedo l'ora di ricominciarlo.
io ho finito il gioco al 100% a livello medio in 22 ore..ora sto facendo la run a NG+ al livello di difficoltà piu elevato e in meno di 4 ore sono a più di metà...
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