Albedo: un'avventura tutta italiana

Albedo: un'avventura tutta italiana

Albedo: Eyes From Outer Space è un’avventura in prima persona ispirata ai film di fantascienza degli anni ’60. Il progetto, interamente realizzato dallo sviluppatore bolognese Fabrizio Zagaglia, propone un viaggio piuttosto particolare, nel quale gli elementi puzzle si accostano a componenti esplorative e di gestione del proprio inventario. Il gameplay viene inoltre guidato attraverso il filtro della prima persona ed è sostenuto da un livello di difficoltà di chiara impostazione old school. A margine della nostra recensione pubblichiamo anche un’estesa intervista al creatore del gioco.

di pubblicato il nel canale Videogames
SteamXbox
 

Intervista a Fabrizio Zagaglia

Gamemag: Ciao Fabrizio, iniziamo col chiederti come sei riuscito a realizzare Albedo: Eyes From Outer Space senza avvalerti del supporto  di nessun altro sviluppatore. Nel complesso la lavorazione del titolo quanto è durata?

Fabrizio Zagaglia:Lo sviluppo del gioco è stato piuttosto atipico e ha attraversato 3 fasi distinte. Nato per hobby, più come esperimento che come prodotto vero e proprio, ha visto una prima e lunga fase di prototipazione nel tempo libero. A grandi linee doveva essere il remake di un mio vecchio gioco (Longy, un action-adventure 2D), ma a parte l'ambientazione non c'era ancora un'idea precisa del gioco vero e proprio. La seconda fase è iniziata quando ho avuto la possibilità di lavorarci a tempo pieno. Dopo un paio di GamesConnection Ivan Venturi (il produttore di Albedo ndr) trovò un publisher interessato a co-finanziare e pubblicare il gioco sul mercato PC. Dopo una decina di mesi di lavoro fulltime, la prima parte uscì in "Early Access" su Steam, per poi esordire nella sua versione completa a distanza di circa un anno dall'inizio dei lavori.

Durante lo sviluppo PC si è concretizzata la possibilità di portare Albedo anche su Xbox One e PlayStation 4, quindi subito dopo la full release su Steam, avvenuta ad aprile 2015, ho iniziato la terza fase, caratterizzata principalmente dal porting del progetto su entrambe le console ma anche da diversi update della versione PC.

In sintesi, ad esclusione delle prima fase che è difficile da quantificare, la lavorazione del titolo è durata all’incirca un paio d’anni. In realtà, oltre al già citato supporto lato produzione e marketing, ho ricevuto il sostegno di alcuni colleghi anche per lo sviluppo, ad esempio per la musica, per alcuni asset grafici e per il doppiaggio.

Gamemag: Qual è stata la maggiore difficoltà che hai incontrato? Hai mai pensato che sarebbe stato complesso terminare il lavoro?

Fabrizio Zagaglia: Oltre alle fisiologiche difficoltà di base legate allo sviluppo vero e proprio ve ne sono state anche altre, più o meno secondarie ma altrettanto importanti. Ad esempio il bilanciamento della difficoltà e del paradigma di interfaccia. Quando si lavora su progetti personali si è portati a prendere come riferimento i propri parametri e i propri gusti, perdendo di vista una visione più ampia e oggettiva.

Anche la conversione console non è stata semplice soprattutto perché, essendo stata la prima volta, mi si è aperto un mondo di informazioni e burocrazia che inizialmente (e non solo) mi hanno lasciato abbastanza disorientato.

Gamemag: Per lo sviluppo di Albedo dici di aver tratto ispirazione dai b-movie sci-fi degli anni ’60. Puoi farci qualche esempio più preciso?

Fabrizio Zagaglia: Nella prima fase, la caratterizzazione dello stile anni ‘60 non era così marcata. L’idea di improntarlo maggiormente su questo tema è stata di Ivan, dopo aver visto che ambientazione sci-fi, mostri naive e colori esagerati del primo prototipo ben si prestavano a questo tipo di fantascienza. Probabilmente, da buon fan di Star Trek, devo averci preso inconsciamente qualche tipo di ispirazione.

E’ stato solo in un secondo momento che, dopo una maratona di vecchi ‘classici’ ( The Day the Earth Stood Still, Invaders From Mars, Invasion of the Body Snatchers, It Came From Outer Space ecc.) ho iniziato ad inserire nel gioco diversi riferimenti ed enfatizzato maggiormente le caratteristiche più stereotipate.

Gamemag: Attenendoci al gameplay, quali videogiochi ti hanno maggiormente ispirato?

Fabrizio Zagaglia: Non so in che misura questi si siano poi effettivamente riversati nei diversi aspetti del gioco, ma sicuramente è presente qualche elemento tratto da alcuni dei miei titoli preferiti, ad esempio Monkey Island, DooM, System Shock o Half Life, vuoi per le meccaniche adventure, vuoi per le atmosfere cupe o la complessità di interazione.

Gamemag: Il mercato indipendente si è evoluto molto in questi anni. Che opinione ti sei fatto di queste realtà? Credi sia il luogo migliore dove continuare a coltivare idee originali?

Fabrizio Zagaglia: Domanda non semplice! Le realtà sono così diverse l’una dall’altra e il mercato così “imprevedibile” ed in continuo cambiamento, che non è facile avere una visione generale, generalizzata e a lungo termine. Anche per le realtà indie l’asticella si alza ad ogni uscita… e quando escono decine di giochi al giorno non è semplice rimanere a galla. Certo, ci sono le classiche eccezioni alla regola, ma con l’arrivo di engine sempre più accessibili e potenti, e dopo che Steam ha abbassato il ponte levatoio di greenlight, la situazione è diventata molto più competitiva rispetto a qualche anno fa, sia a livello quantitativo che qualitativo.

Un piccolo studio “indie” è così costretto a pensare di strutturarsi sempre più in una direzione meno “indie”, fermo restando che lo stesso termine “indie” – ammesso abbia mai avuto una connotazione precisa – è cambiato nel tempo e cambierà ancora in futuro. Questo in un contesto dove non è raro invece vedere big dell’industry scegliere di tornare “indie” o lanciare “campagne di finanziamento”. La situazione è molto liquida, bisogna saper nuotare… e spesso non basta.

Gamemag: In Italia c’è ancora molto da fare, sono nati nuovi studi ma sembra che il nostro Paese rimanga poco incline a sdoganare il medium. La cultura del videogioco è ancora poco sviluppata rispetto ad altri mercati e non abbiamo un’industria consolidata. Da giovane sviluppatore indie come vedi il mondo dello sviluppo in Italia da qui ai prossimi 10 anni?

Fabrizio Zagaglia: Sicuramente c’è ancora un grosso margine di miglioramento in tutte le direzioni. Se è vero che con il rinnovo generazionale e con attività di comunicazione mirate lo zoccolo duro meno informato e più conservatore ha perso terreno – nonostante alcune istanze della stampa generalista continuino a remare contro – non sono da sottovalutare nemmeno alcuni segnali che invece arrivano proprio dalle nuove generazioni. Parlo ad esempio della percezione del valore di un videogioco che, complice la svalutazione incontrollata su mobile (e non solo), si è ridotta ai minimi termini. O ancora la tendenza a preferire guardar giocare, o semplicemente ascoltare passivamente uno youtuber, piuttosto che giocare attivamente.

Non saprei fare una previsione così a lungo termine, ci sono troppi piccoli fattori in grado di cambiare le carte in tavola nel breve periodo, senza considerare quelli può macroscopici come la domanda di mercato, le nuove console o device. In quest’ultimo periodo le acque sono state molto agitate, forse tra qualche anno la situazione sarà più stabile e sarà più semplice fare il punto della situazione o un qualche tipo di previsione.

Quanto all’Italia, negli ultimi due/tre anni ho visto sempre più fermento, anche se finora i casi di successo non sono stati sufficienti a creare una massa critica capace di far da volano per l’intero settore. Qualcosa si è mosso e si sta muovendo, come sempre, a piccoli passi. Quindi la previsione è sicuramente positiva!

Gamemag: Ci sorge spontaneo chiederti se hai mai pensato di costruirti una carriera lavorativa all’estero.

Fabrizio Zagaglia: A livello di realtà “indie” non credo vi sia più così tanta differenza rispetto alle possibilità che l’estero può offrire,  a parte il regime fiscale, quello burocratico  e la difficoltà all’accesso al credito. Sotto questo punto di vista, a parte qualche rara eccezione, si è costretti a guardare fuori confine. Networking e awarness sono ancora lontani dagli standard nordici, ad esempio.

Insomma, ci sono un bel po’ di cose da tenere presenti! Al contrario, rispetto alle differenze che intercorrono a livello di game industry vera e propria, dove andare all’estero è quasi obbligatorio se vuoi fare quel tipo di carriera, i problemi per le realtà più piccole sono più o meno gli stessi ovunque e gli svantaggi di rimanere in Italia vengono facilmente bilanciati dai vantaggi. Riempire questo divario sarebbe sicuramente più semplice, sbloccando quelle due o tre cose a livello di formazione, credito e fiscalità.

Gamemag: Al di là delle ispirazioni veicolate dal tuo progetto, ci sono altri studi che rappresentano o hanno rappresentato per te un punto di riferimento sia nell’ottica di giocatore che in quella di designer?

Fabrizio Zagaglia: Probabilmente realtà classiche anni ‘90 come ID Software rappresentano per me, ancora oggi, un punto di riferimento, non senza un pizzico di romanticismo e utopia.
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1 Commenti
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miriddin04 Marzo 2016, 18:41 #1
Ho acquistato il gioco, sia perchè è il tipo di gioco che mi piace(rebbe?) giocare, che perchè mi piace supportare gli sviluppatori italiani, ma... Non ho trovato io l'opzione o non è proprio possibile invertire l'asse "Y" del controller?

Personalmente trovo un grosso limite in un gioco in prospettiva soggettiva non offire questa opzione, visto che il settaggio di default dell'asse "Y" è decisamente innaturale!

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