Il miglior videogioco per PS4 è Bloodborne
La nuova opera firmata da Hidetaka Miyazaki è interpretabile come il tassello decisivo per la consacrazione del genere Soulslike verso un pubblico potenzialmente un po’ più ampio, senza comunque rinunciare a molti dei pilastri fondamentali che hanno fatto la fortuna di From Software negli anni. In primis la complessità e l’elevato livello di di sfida.
di Davide Spotti pubblicato il 24 Aprile 2015 nel canale VideogamesSonyPlaystation
Un nuovo approccio tattico alla battaglia…
La filosofia alla base di Bloodborne è immutata rispetto alla tradizione From Software: bisogna morire, ripetutamente. Solo così, imparando dai propri errori, è possibile migliorare e riuscire a superare ostacoli che a prima vista sembrano di difficile soluzione. La fase di apprendimento, il meccanismo try & error, sono parte integrante dell’esperienza di gioco, esattamente come avveniva in Dark Souls. Questo non significa che i due titoli siano identici, men che meno che non intercorrano differenze, anche profonde, nello stile di gioco e nelle variabili disponibili.
Innanzitutto Bloodborne gode di un sistema di combattimento evoluto rispetto alla tradizione dei Souls, che richiede un approccio maggiormente offensivo sul campo. I nemici sono mediamente più rapidi nei loro movimenti e in questo caso posizionarsi sulla difensiva e sviluppare strategie eccessivamente attendiste potrebbe rivelarsi spesso e volentieri un handicap. Le tattiche e le forti componenti ruolistiche non sono affatto venute meno, ma è stata modificata una parte della filosofia di gioco inserendo fattori completamente nuovi e inediti.
La prima di queste novità è costituita dal cosiddetto Regain System, tramite il quale viene premiata la fase offensiva rispetto a quella difensiva. In che modo? Semplice, permettendo al giocatore di recuperare una certa quantità di punti vita qualora, ed esempio, venga portato a termine un contrattacco nel modo corretto. Uccidendo i nemici si possono poi ottenere dei punti che vengono definiti Echi del Sangue, fondamentali da investire nell’incremento delle abilità del personaggio o ancora per potenziare le armi di cui si dispone, acquistare oggetti o sbloccare equipaggiamenti più efficaci. Anche l’assenza di scudi con i quali proteggersi è funzionale a questa nuova filosofia, di conseguenza è stato privilegiato l’utilizzo della schivata e della rotolata.
Anche il lavoro sulle armi è degno di nota, soprattutto per quanto concerne il meccanismo di trasformazione delle stesse, con le relative implicazioni tattiche e metodologiche che si porta dietro. All’inizio del gioco è possibile sfruttare la Mannaia dentata – presente anche sulla copertina del gioco – che può essere utilizzata in due posizioni diverse. Con la lama chiusa il range dei propri attacchi è inevitabilmente più ridotto ma anche più efficace, mentre con la lama aperta l’area che si può coprire diventa maggiormente rilevante. In altri casi, come ad esempio avviene col Kirkhammer, si può avere a disposizione una doppia arma, quella primaria ad una sola mano mentre quella secondaria diventa utilizzabile solamente con entrambe le mani.
Un’altra novità assoluta è costituita dalle armi da fuoco, ovviamente assenti sia in Demon’s che in Dark Souls. Questa soluzione permette di impartire attacchi anche a medio e lungo raggio e, sfruttandole al momento opportuno, è anche possibile stordire per qualche istante alcuni nemici e applicare potenti finisher su di essi. Ad affiancare le tradizionali pistole ci sono poi anche altri strumenti che permettono di variare ancora di più gli approcci al campo di battaglia, come ad esempio il lanciafiamme.
Rispetto a Dark Souls il danneggiamento delle armi è presente ma ci è sembrato più lento, così come manca del tutto qualsiasi forma di logoramento della propria tenuta, essendo del tutto assenti armature o rinforzi di qualunque tipo. Tutte queste scelte, che all’inizio potrebbero cogliere alla sprovvista coloro che sono abituati alle meccaniche di Dark Souls, risultano comunque molto bilanciate e appaganti una volta comprese e adeguatamente padroneggiate.
La riduzione della quantità complessiva delle armi è stata dettata da una specifica scelta di design, in parte dovuta all’introduzione delle armi da fuoco, in parte dovendo tenere conto del duplice criterio di utilizzo con cui possono essere impiegate. In terzo luogo, come ha fatto notare lo stesso Miyazaki, adesso è anche possibile personalizzarne le caratteristiche attraverso le Gemme del Sangue, oggetti che possono essere recuperati dai nemici caduti e sfruttate per donare ulteriori peculiarità al proprio equipaggiamento. In buona sostanza la quantità delle armi che era presente nei Souls è stata sintetizzata tramite una più profonda meccanica di personalizzazione e un ampio range di alternative da poter esercitare con i medesimi strumenti.
L’ultima novità degna di nota riguarda i Dungeon del Calice, ovvero dei livelli supplementari, completamente slegati dalla main quest, ricchi di trappole ma anche di tesori da ottenere e attivabili entrando in possesso di alcuni calici sacri. La particolarità di queste mappe è che la loro creazione avviene mediante un criterio procedurale e di conseguenza la loro struttura è sempre diversificata. Questi livelli, dotati a loro volta di progressivi gradi di difficoltà in base alla loro profondità, permettono di aggiungere numerose ore di gioco supplementari e costituiscono all’occorrenza una valida alternativa per livellare il personaggio.