Hideo Kojima in Italia: tra arte, cinema e 'Metal May Cry'
In occasione del lancio di Metal Gear Rising Revengeance, anche se non coinvolto direttamente nello sviluppo, uno dei più grandi game designer di sempre ha fatto visita all'Italia. È stata l'occasione per esaminare l'incontro, tutto artistico, tra cinema e videogiochi.
di Stefano Carnevali pubblicato il 26 Febbraio 2013 nel canale VideogamesAkira Kurosawa
La seconda parte dell’incontro, invece, ha visto Ghezzi cercare di portare Kojima a discutere della potenziale infinitezza dei prossimi videogiochi. Non tanto in termini di longevità, quanto dal punto di vista delle connessioni con la realtà. Quasi si trattasse di una vera ‘second life’.
Kojima, lo sappiamo, è sempre stato molto ricettivo a queste dinamiche. Ricorderete tutti, ai tempi di Psx, lo sconvolgente duello di Snake con Psycho Mantis (in grado di far vibrare il nostro pad e di ‘leggere la nostra personalità’ attraverso l’analisi dei salvataggi sulla memory card), o la sospensione dell’incredulità al termine di MGS2, quando l’IA impazzita si rivolge direttamente al giocatore, chiedendogli di spegnere la console.
Ma ancora: si pensi all’esperimento di Boktai (su Game Boy), che richiedeva di esporre un apposito sensore al sole (nella realtà!) per aiutare l’eroe del gioco.
Ecco allora il game designer ribadire le proprie convinzioni, svelando la sua attenzione per l’allargamento dell’esperienza sensoriale nei videogiochi. Soprattutto dal punto di vista dell’olfatto e della percezione della variazione di temperatura.
Per quanto si sia costantemente al lavoro per consentire ‘tecnologicamente’ queste evoluzioni, Kojima è perfettamente consapevole del fatto che, attualmente, tutto quello che uno sviluppatore può fare, è trasmettere le sensazioni attraverso la vista. “E’ una situazione comune anche nel mondo del cinema – dice Kojima -. Si pensi a ‘Inferno e Paradiso’ del maestro Kurosawa. In quel film, c’è una scena in cui i detective arrivano in un luogo pieno di cadaveri che, però, non vengono mostrati allo spettatore. Ciò nonostante, l’aria greve e il puzzo di morte vengono percepiti dal pubblico attraverso le reazioni molto marcate dei poliziotti. Questo è quello che, anche oggi, si cerca di fare nei videogiochi: trasmettere – tramite gli occhi del giocatore – anche tutte le altre sensazioni”.
Purtroppo, la parte finale dell’incontro, si è rivelata poco efficace. Ghezzi non è più riuscito a entrare davvero ‘in contatto’ con il suo interlocutore e con l’interprete. Tra difficoltà espositive e di traduzione. Per cui si è arrivati velocemente alle conclusioni, dopo una serie di affermazioni da entrambe le parti, non un vero dialogo.
Un peccato, considerando la profondità di Kojima e l’interessante tematica su cui l’intera mattinata avrebbe dovuto vertere.
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