Dead Space 3: la furia di Isaac Clarke
Torna la paura di Dead Space e tornano i combattimenti, ormai storici, contro i Necromorfi. Con il terzo capitolo, DS è un po' più reattivo e permette per la prima volta di giocare in multiplayer co-operativo. Scopriamo come, e se, cambia.
di Stefano Carnevali, Rosario Grasso pubblicato il 18 Febbraio 2013 nel canale VideogamesGameplay nudo e crudo
Come accennato in precedenza, DS 3 è a tutti gli effetti un action-shooter a tinte horror. L’impianto da sparatutto, nel complesso, funziona: sono sempre richieste un po’ di strategia e di pianificazione per smembrare i nemici (al solito, colpire agli arti o sulle zone purulente – gialle - i Necromorfi è il miglior modo per sbarazzarsene).
I controlli risultano sempre un po’ ‘goffi’ (retaggio da survival horror), per cui l’impianto ludico funziona bene quando rispetta le ‘proprie regole’. E cioè quando ci mette di fronte a nemici perlopiù dediti al corpo a corpo e privi di ogni razionalità tattica (in soldoni. I Necromorfi caricano sempre a testa bassa).
Le cose peggiorano notevolmente quando avremo a che fare con soldati umani (Unitologisti), una novità di questo capitolo. Gli scontri a fuoco non convincono: Isaac si può abbassare e può rotolare (pur restando sempre piuttosto ‘goffo’), ma non ha modo di sfruttare dinamicamente le coperture. In più, non è possibile effettuare il ‘cambio spalla’ della telecamera. Per cui avremo sempre Clarke sulla sinistra dello schermo. E ciò risulterà parecchio scomodo, quando dovremo affrontare degli avversari che ci fanno fuoco da quella parte, soprattutto se sono dietro un angolo. Anche la IA dei soldati umani lascia al quanto a desiderare. Ma, per fortuna, queste sessioni di lotta sono piuttosto circoscritte.
Tornano anche le esplorazioni a tempo (solitamente nello spazio aperto, quando dovremo fare i conti con la progressiva carenza di ossigeno. Ma anche sulla superficie di Tau Volantis, quando non dovremo fare eccessivamente calare la temperatura corporea di Isaac): sono più lineari del passato, ma costituiscono un diversivo. Così come lo sono i semplici puzzle situazionali che, ogni tanto, saremo chiamati a risolvere per poter proseguire.
Meno ispirate, invece, le sessioni di fuoco da postazione fissa, che scorreranno via rapidamente dimenticabili.
Per quanto riguarda i Quick time Event – di cui resto uno strenuo sostenitore, perché credo possano essere un utile strumento per far ‘giocare’ le situazioni più disperate e improvvise -, essi ci sono anche se non perfettamente realizzati e, comunque abbastanza rari. L’offerta di gameplay ‘extra-comabattimento’, insomma, si attesta su livelli sufficienti, senza ‘guizzi’ degni di nota.
Per il resto, DS 3 sarà costituito dal ‘solito’ peregrinare per relitti di astronavi, installazioni scientifiche in rovina e poco altro. Le dinamiche alle spalle dei nostri spostamenti sono le consuete necessità del gruppo che – per cercare una via d’uscita dalla situazione di emergenza – ci chiederà di svolgere i compiti più disparati, da una parte all’altra dei livelli. In quest’ottica, presto sopraggiungerà una sensazione di ‘già visto’ e la consapevolezza dell’insensatezza del nostro incedere. Debolmente sorretto da una trama davvero poco interessante e sorprendente.
Giocando in singolo, il secondo personaggio (il Sergente Carver) rimarrà sullo sfondo, come comprimario. Nessuna comparsata in scena, durante l’avventura. Scelta azzeccata, perché così DS 3 potrà essere giocato ‘alla vecchia maniera’, come uno shooter-action horror. Senza diluire la tensione e senza gli imbarazzi di un’IA alleata ‘tra le scatole’.
L’avventura scorre su binari godibili e decisamente ‘distruttivi’, in un susseguirsi di esplorazioni e combattimenti (in effetti, le situazioni in cui aspettarsi assalto necromorfico sono ormai parecchio prevedibili, quasi cadenzate).