Kane & Lynch: quando giocare di squadra vuol dire tutto
Abbiamo messo le mani sulla nuova fatica di IO Interactive, Kane & Lynch 2: Dog Days, e ci siamo trovati a giocare uno sparatutto solido che ambisce addirittura a innovare il genere, dal punto di vista del multiplayer.
di Stefano Carnevali pubblicato il 26 Maggio 2010 nel canale VideogamesL'unione fa la forza, o no?
Il piano era semplice. Davvero troppo semplice: quattro minuti per quattro milioni di dollari. Io e altri 8 eravamo stati assoldati da Mr. Glazer, un ‘distinto’ ‘uomo d’affari’ inglese, per fare irruzione in un magazzino del distretto finanziario di Shangai, liberarci dei corrieri di una banda rivale, arraffare i loro quattro milioni di dollari (e dei documenti) e raggiungere il punto di estrazione. In quattro minuti, appunto. A noi i soldi, a Glazer le carte.
Nessuno di noi sapeva perché Glazer volesse quelle carte e non era nemmeno chiaro cosa ci avesse portato in Cina. Certo dovevamo essere tutti dei disperati figli di buona donna, perché eravamo pronti a uccidere per un mucchio di soldi, ma comunque da dividere in nove misere parti. Con l’amaro sapore del dubbio in bocca, ci sistemammo nelle posizioni stabilite, di fronte all’ingresso del magazzino. In attesa degli sfortunati musi gialli che avrebbero fatto da corriere per i nostri soldi.
Nessuno fiatava. E nessuno fece un segnale: pochi istanti dopo l’arrivo del camion con i dollari a bordo, fischiavano già i proiettili. Non persi tempo: dopo aver sparato un paio di colpi dalla balconata su cui mi trovavo, scesi le scale, mi acquattai dietro a delle casse e aprii nuovamente il fuoco. Almeno quattro cinesi si accasciarono al suolo, vittime del nostro tiro incrociato.
La situazione, di fronte a me, era calma. Non c’erano più cinesi in piedi. Alla mia destra –al di là del camion-, invece, si sparava ancora. Non persi altro tempo a pensare: attraversai la strada il più velocemente possibile e mi misi a raccogliere i soldi che i cinesi stavano trasportando. Di lì a poco i tre miei compagni mi imitarono. Avevo oltre 800mila dollari con me. Nel frattempo non si sentiva più sparare.
«Ho le carte!!! Via! Via! Via!». Era il segnale: qualcuno aveva recuperato i ‘preziosi’ documenti di Mr. Glazer. «Che si fottano», fu il mio primo pensiero. E cominciai a correre verso il punto di estrazione. Il retro del magazzino era costituito da un cortile, circondato da due balconate. Rapido ragionamento: passare per il centro sarebbe stato molto più veloce. Ma sarei anche stato un bersaglio facile, nel caso qualche altro dannato muso giallo avesse voluto vendicare i suoi –ormai ex- compagni. Mi trovai così a correre verso la balconata destra. Appena in cima alle scale, mi appoggiai alla parete, per dare una prudente occhiata al percorso che mi aspettava… polizia! Allertati dagli spari (o da qualche dannata talpa?!?!), agenti delle forze dell’ordine cinesi stavano penetrando nella zona posteriore al magazzino. Un paio erano già sulla balconata che avevo deciso di utilizzare come via di fuga. Stavo per fare fuoco, sperando nella buona sorte e nell’effetto sorpresa, quando, un estintore in fiamme attraversò il cortile sottostante, andando ad esplodere fragorosamente in mezzo a quattro agenti che si stavano appostando. Evidentemente anche i miei soci non volevano perdere tempo. Fu così un gioco da ragazzi accoppare i due poliziotti sulla balconata: del resto stavano sparando verso il cortile. Non capirono nemmeno chi avesse posto fine alle loro inutili carriere.
Via libera!
Dietro a me urla e spari, davanti a me una balconata vuota.
Correre, correre, correre. Non contava altro –oltre agli 800mila nel mio zaino, chiaro-.
Al termine della balconata, due cecchini della polizia tenevano sotto tiro la cancellata del magazzino. Incrociando le dita effettuai una rapida discesa dal mio percorso sopraelevato, feci fuoco su un estintore (comincio ad adorare quelle dannate bombole rosse!), la cui esplosione distrasse gli sbirri quel tanto da rendere possibile la mia corsa –inosservata- lungo le scale interne che portavano alla loro posizione. Troppo facile piombargli alle spalle ed eliminarli. L’adrenalina mi rendeva imprudente, volevo che tutto fosse memorabile: afferrai uno dei poliziotti e lo utilizzai come scudo umano. Il suo stupido collega scelse di non far fuoco. Condannando così sé stesso e l’amico. Eliminati i due agenti, arrivai alla strada principale. Dovevo attraversarla per arrivare al vicolo dove un furgone di Mister Glazer mi avrebbe prelevato. Dietro di me infuriava ancora la battaglia. Sulla strada cinque auto della polizia presidiavano la zona. Gli agenti, a coppie, si preparavano a fare irruzione nel retro del magazzino. Stavo ancora decidendo cosa fare, quando vidi –sull’altro lato del cortile- il vecchiaccio correre (diavolo.. non male per la sua età!), seguito dall’inglese con il codino. Dovevano essere riusciti a sorpassare il cordone dei poliziotti. Stavo per chiamarli da me, quando vidi quel bastardo coi capelli rossi sparare nella schiena del vecchio. Non capii. Ma solo per un attimo: prima di subito –infatti- l’inglesaccio aveva messo i soldi del vecchio nel proprio zaino! Che Giuda! Sporco traditore…
Mi feci vedere da James (sempre che il suo nome fosse quello…). L’inglese si riparò con me dietro la balaustra che ci rendeva invisibili alla polizia. Finsi di voler pianificare un attacco alle auto della polizia ma, non appena mi voltò le spalle, lo disarmai e lo immobilizzai. Usandolo come scudo umano, mi avvicinai alla quinta auto degli sbirri, quella sull’estrema sinistra, la più sguarnita. Gli agenti –evidentemente pensando che avessi un civile in ostaggio– tentennarono due proiettili di troppo.
A quel punto mi sbarazzai di Jim (o quel che era) ed entrai nel vicolo. Sentivo la polizia alle mie calcagna, per fortuna il furgone di Glazer fu puntuale: mi fiondai sul veicolo.
«Via! Via! Via!» gridai all’autista.
«E gli altri?» mi fece lui.
«300mila ti bastano?» fu la mia risposta.
«Che si fottano!» decidemmo all’unisono.