Xiaomi SU7 Ultra arriva su Gran Turismo 7: la partnership che unisce innovazione reale e virtuale

Xiaomi SU7 Ultra debutta su Gran Turismo 7 grazie a una partnership storica tra Xiaomi e Polyphony Digital, segnando l’ingresso del primo veicolo Xiaomi nel celebre simulatore di guida PlayStation. L’accordo riflette la crescente importanza delle auto elettriche ad alte prestazioni nell’ecosistema automotive globale.
di Bruno Mucciarelli pubblicata il 07 Giugno 2025, alle 17:01 nel canale VideogamesXiaomiPlaystation
14 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoÈ solo una nomenclatura dei motori, vedilo come "Versione8/6": l'avranno scelto per fare i fighi
oh gesù.. è patetica questa cosa
Lo scopo è stato quello di creare un enorme e potente arma economica nei confronti dell'Europa e America per imporre i suoi prodotti con la solita tecnica del dumping.
La lotta interna tra i marchi cinesi si inquadra in questa dinamica che il partito tollera, così come ha tollerato la bolla immobiliare con Evergrande per sussidiare l'industria del cemento e dell'acciaio.
sapete cosa farei io, se avessi un budget di 230mld ?
Io li darei alle case automobilistiche ovviamente per produrre e vendere,
ma poi per sponsorizzare competizioni sportive, il Nürburgring, e Polyphony per fare accettare al pubblico la auto elettriche come fighe.
Poi manderei qualche emissiario presso la comunità europea a fare lobby, insomma ungere un po' tramite qualche fondazione green, magari fare arrivare qualche briciola anche ai giornalisti, per diffondere la ipocrita narrativa green.
Ma io sono un farabutto, per fortuna nel mondo reale sono tutti più buoni di me.
Noi con 200 mld ci abbiamo pagato il superbonus e non contenti ne abbiamo presi altri 191 in prestito con il PNRR
E' andata benissimo mi pare. Abbiamo creato una industrie innovative, creato posti di lavoro e stiamo dominando i mercati internazionali
Giusto? Oppure no?
s/
Assolutamente.
In Cina, la strategia di investimento in settori innovativi come l’automotive elettrico è fortemente centralizzata. Il governo identifica preventivamente le aree considerate strategiche per lo sviluppo economico nazionale e interviene direttamente attraverso fondi pubblici, sussidi, accesso agevolato al credito e politiche industriali mirate. In una prima fase, quindi, il sistema cinese tende a sostenere un ampio numero di iniziative, finanziando diversi attori in parallelo senza una selezione immediata basata sulla redditività o sulla risposta del mercato. L’obiettivo è stimolare rapidamente la crescita di un intero ecosistema industriale.
Tuttavia, questo intervento non è indefinito. Una volta che il settore ha raggiunto una massa critica e che le aziende hanno avuto il tempo e le risorse per svilupparsi, il governo cinese progressivamente si ritira, lasciando che sia il mercato a determinare quali imprese sopravvivono, crescono o falliscono. In altre parole, la selezione avviene in una fase successiva, quando le condizioni sono ormai mature e le imprese hanno avuto la possibilità di competere su scala più ampia.
In Occidente, invece, il meccanismo funziona in modo quasi opposto. Grazie a un sistema finanziario altamente sviluppato, sono i capitali privati – venture capital, investitori istituzionali, fondi – a determinare fin dall’inizio quali startup meritano di essere finanziate. Ogni impresa deve superare più fasi di raccolta fondi (seed, series A, B, ecc.), dimostrando via via la propria capacità di crescere, innovare e generare ritorni economici. In questo modello, il mercato svolge un ruolo di selezione fin dall’inizio, favorendo le idee più convincenti, ma anche penalizzando quelle con cicli di sviluppo più lunghi o con maggiore rischio tecnologico.
La Cina adotta un approccio più guidato, top-down, che nella fase iniziale privilegia la quantità e la velocità, per poi lasciare spazio alla competizione di mercato. Questo approccio consente una rapida crescita grazie al sostegno strutturale, ma comporta il rischio di sovrainvestimenti. L’Occidente invece adotta un modello più selettivo e bottom-up, dove l’innovazione emerge attraverso la competizione per l’accesso al capitale privato. Entrambi i modelli hanno vantaggi e limiti: il primo favorisce la scala e la costruzione di capacità industriali nazionali, il secondo la qualità e la sostenibilità economica dei progetti innovativi.Questo modello premia le idee più competitive, ma può penalizzare progetti strategici a lungo termine.
In Italia non si riesce ad applicare ne l'uno nè l'altro.
Lo Stato è troppo indebitato per investire direttamente in innovazione, e anche quando riceve fondi europei li gestisce male, in modo demagogico o clientelare.
Allo stesso tempo, il mercato dei capitali è sottosviluppato e le imprese, troppo piccole, non riescono a sostenere investimenti significativi per l'innovazione.
Il risultato è un sistema che galleggia, grazie ad alcune filiere che ancora resistono, ma che imbarca acqua perchè è senza una direzione chiara e mostra segni di fragilità sempre maggiori.
MA va si faranno gare più corte, così c'è tempo per fare pipì e rifocillarsi
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