Videogiochi: la produzione si sposta in Cina

La Cina sta diventando un punto di riferimento per i grandi team internazionali, che con sempre maggiore insistenza si affidano a team di sviluppo cinesi per la produzione dei loro giochi più importanti.
di Rosario Grasso pubblicata il 29 Agosto 2007, alle 15:32 nel canale Videogames
94 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoIl Capitano Kirk diceva che quando non puoi vincere con certe regole le devi cambiare, come con la Kobayashimaru.
Ma il Capitano non lo avrebbe mai fatto con un simpatico felinone modificato geneticamente con la pelle blu
Tornando IT, tu puoi forzare un essere umano quante ore ti pare a fare un lavoro fisico, con i lavori intellettuali in 15 ore fai meno che in 8. Perchè le prime 10 FORSE lavori, nelle restanti 5 scrivi talmente tante assurdità nel codice che poi devi impiegare un altro giorno a sistemare
Costano meno? Sicuramente si, ma un team di programmatori, grafici, etc etc quante persone può contare? Non parliamo di una fabbrica con migliaia di lavoratori, allora il costo del singolo incide.
Io non credo che in Cina ci siano solo programmatori di bassa lega a pochi soldi, basta guardare all'India per capirlo: pochi soldi ma ottime scuole di programmazione.
Io credo che siamo noi a dover fare un bagno di umiltà e tornare a faticare di più
Il discorso è che le regole non le faccio io, semplicemente le applico. E ad ogni modo c'è palesemente un ottimo motivo perchè quella regola esista.
Fine OT.
Grazie ragazzi.
Ottimi discorsi e argomentazioni. Fa piacere sapere che c'è ancora chi non ragiona col cervello globalizzato dalla TV e xenofobizzato dai propri paraocchi
Speriamo che almeno un paio abbiano cambiato opinione sugli 'stramaledetti cinesi'
Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".