The Last of Us: Part II è il Gioco dell'Anno 2020 per la giuria dei The Game Awards
Il capolavoro di Naughty Dog ha conquistato la giuria e il pubblico dei The Game Awards 2020, portandosi a casa ben sette premi. Tra questi troviamo il riconoscimento di Gioco dell'Anno, il più ambito in assoluto.
di Pasquale Fusco pubblicata il 11 Dicembre 2020, alle 20:01 nel canale VideogamesPlaystationSony
51 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoMa sono questi gli aspetti in cui brilla, e questi NON sono aspetti fondamentali per un videogioco. Anzi, potrebbero non esistere.
Semmai sono dell'idea che giustamente un videogioco, come qualunque altro media, deve avere la capacità di evolvere e quindi l'aggiunta di questi elementi secondari arricchiscono il prodotto.
Ma devono rimanere secondari, non possono e non devono invadere la sfera di influenza di tutti quegli aspetti che definiscono un videogioco stesso. Altrimenti non si ha più un videogioco, o al limite si ha un pessimo videogioco, per quanto possa "estasiare" portarlo avanti.
Quello che dici, permettimi, è una bestialità immane. Perché mai in un videogioco la trama dovrebbe essere secondaria? Lo può essere come no. Il problema è da tutt'altra parte: la passività di tale trama, cioè il fatto che la si possa soltanto subire passivamente. Siccome è un videogioco e dovrebbe essere interattivo, perché mi dai il controllo solo quando si tratta di ammazzare, e non me lo dai quando si tratta di far progredire la storia? Sta tutto qui il nocciolo della questione, soprattutto quando sento parlare di progresso.
La trama deve essere una scelta del giocatore come il "gameplay", e queste scelte dovrebbero essere limitate solo dalla tecnologia, non da tizi che VOGLIONO farne una attività passiva.
Il vero progresso, pur con tutti i limiti del caso, è rappresentato da un The Council, dove posso attivamente partecipare agli eventi di gioco, ed è praticamente solo trama e qualche puzzle. Specifichiamo bene: "scegliere" il dialogo giusto è "gameplay" a tutti gli effetti, visto che l'ambientazione nei videogiochi è liberamente esplorabile, a differenza del cinema. Nel suddetto The Council, "conoscendo" i personaggi, li si può manipolare, e li si conosce esplorando. Questa è innovazione ed è tutto gameplay, semplicemente è gameplay in cui si utilizza il CERVELLO piuttosto che i RIFLESSI.
Vero progresso fu The Witcher (il primo) con le sue scelte senza una bussola morale precisa (il classico buono/cattivo a la Mass Effect per capirci) e le conseguenze che si manifestavano a tempo debito. Peccato che ad essere influenzate erano solo delle quest, non l'intera trama di gioco, ma era un passo nella giusta direzione, pur mantenendo un gameplay action piuttosto marcato.
Inutile citare Arkane, maestri della narrazione ambientale, che in Dishonored 2 permettono di scegliere, perfettamente integrato nella trama e nell'ambientazione di gioco, se accettare o meno i "doni" dell'esterno, scelta che porta a giocare praticamente due giochi diversi.
In Return of the Obra Dinn non c'è una linea di dialogo, nessuna cut-scene, la trama è letteralmente affrescata (un affresco tridimensionale). Sarà il giocatore con l'esplorazione, l'attenzione e i suoi ragionamenti a collegare i pezzi rimanenti del puzzle.
Inutile anche dire che tutti questi giochi sono stati largamente bistrattati ma dimostrano che altre vie sono possibili nell'integrazione di: una buona trama, scelte del giocatore, gameplay e tutto il resto. 100% videogioco, 100% utente al centro, 0% passività, nonostante qualche cut-scene (possibilmente non di mezz'ora eheh).
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