Dagli Usa visti per i pro gamer come per gli atleti professionisti

Gli Stati Uniti hanno iniziato a offrire ai team di gioco la possibilità di richiedere il visto P-1, normalmente riservato agli atleti professionisti.
di Rosario Grasso pubblicata il 17 Luglio 2013, alle 08:51 nel canale VideogamesEVO 2013 è un torneo dedicato al genere dei picchiaduro che si svolge ogni anno a Las Vegas. Più di 3 mila concorrenti sono stati in competizione su 9 giochi diversi per premi in denaro di migliaia di dollari. Il torneo di Las Vegas si è appena concluso facendo segnare il record assoluto di presenze. Ed è solo una minima parte del fenomeno eSports, visto che Starcraft, League of Legends e Call of Duty sono frequentemente al centro di tornei di questo tipo, con montepremi anche superiori ai 100 mila dollari.
Un problema sempre più grave per gli eSports è però costituito dall'accessibilità ai visti americani. La gran parte dei giocatori, infatti, proviene dall'Asia: per cui serve loro un visto per entrare in territorio statunitense. È per questo che, proprio in occasione di EVO 2013, gli Usa hanno deciso di concedere il visto P-1, normalmente riservato agli atleti professionisti, anche ai videogiocatori professionisti.
Secondo il Dipartimento di Stato americano, il visto P-1 permette agli atleti di esibirsi nelle competizioni e richiede "un livello di prestazioni sostenute riconoscibile su base internazionale".
Una delle lobby che hanno maggiormente sostenuto la causa è quella legata a Riot Games e quindi a League of Legends. A settembre, infatti, si terrà il Campionato del Mondo della Terza Stagione di League of Legends, che porterà negli Stati Uniti tanti videogiocatori professionisti provenienti da tutte le parti del mondo. Il torneo culminerà in una fase finale presso lo Staples Center di Los Angeles nel corso del mese di ottobre, con un montepremi di milioni di dollari.
League of Legends è al centro di tanti tornei negli Usa che vanno al di là del Campionato del Mondo. Garantisce un reddito costante per i giocatori più bravi.
Il visto P-1 per gli eSports dà a questi ultimi la possibilità di prosperare ancora di più e guadagnare una nuova fetta di spettatori. Con l'ascesa e il continuo miglioramento dei giochi online competitivi gli eSports si fanno sempre più interessanti e fanno segnare continuamente nuovi record di presenze. L'ultimo Campionato del Mondo di League of Legends, ad esempio, è stato seguito complessivamente da 8 milioni di spettatori mentre il team vincitore, Taipei Assassins, ha ottenuto un premio di 1 milione di dollari.
14 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infonon è questione di essere arretrati, i circuiti ci sono e gli sponsor pure
solo che la gente non partecipa agli eventi, preferisce restare casual o fare l'online warrior
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In italia quando dici di essere un Netgamer ti guardano peggio di un drogato...
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In italia quando dici di essere un Netgamer ti guardano peggio di un drogato...
io mi riferisco strettamente al gaming competitive
certo, è chiaro che allo stato attuale delle cose in italia nessuno ti stipendierebbe
però ottenere rimborsi spese, albergo e divise è già qualcosa e questo in alcuni circuiti italiani è già una realtà
nessuno ti paga per fare la gilda online su un mmorpg dal divano di casa tua
Ho provato a fare qualche game ultimamente...hanno messo degli item che non stanno ne in cielo ne in terra...tutti gli eroi piu usati hanno jumping skill (ti saltano addosso da ogni dove) e continuano a nerfare quelli che una volta erano divertenti...e sia chiaro divertenti non FORTI!!! Per lo meno Dota 2 è li a salvare la situazione dei moba ben calibrato e con meccaniche piu adulte rispetto al farm farm farm farm di Lol
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In italia quando dici di essere un Netgamer ti guardano peggio di un drogato...
Verissimo! Come i lebbrosi
Inoltre anche i giochi stessi al 99% non trasmettono valori positivi, a livello di tornei. Associare sport e videogiochi è sbagliato non hanno niente in comune , se non l'aspetto del divertimento, ottenuto da una parte con il relazionarsi non mediato, diretto, con il mondo circostante attraverso il propio corpo, dall'altro con uno stimolo pavloviano al nostro cervello.
Solo perché esiste il "professionismo" (che è la rovina di ogni sport) non si può definire il gaming sport, deriva dal fatto che qualcuno abbia pensato "guarda qua c'é un circuito commerciale, sfruttiamolo per avere un ROI più elevato, vendere più item ingame etc etc" non mi sembra molto diverso dal gioco d'azzardo.
In paesi notoriamente più progrediti tecnologicamente, ma con molti problemi a livello sociale come giappone, corea e cina si hanno casi di comportamenti asociali dovuti alle nuove tecnologie.
In sostanza, il gioco è bello finché dura poco, altrimenti il rischio di confonderlo con materie ben più importanti è elevato.
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