Recensione God of War Ragnarok, un sequel degno del Dio della Guerra - PS5
Tra pochi giorni i giocatori PlayStation torneranno finalmente a vestire i panni di Kratos, nella fredda Scandinavia della mitologia norrena. God of War Ragnarok si presenta con una nuova emozionante storia per il Dio della Guerra e il figlio Atreus, ma c'è molto altro di cui parlare. Dopo aver provato il gioco in anteprima su PS5, ecco le nostre impressioni finali.
di Pasquale Fusco pubblicato il 03 Novembre 2022 nel canale VideogamesPlaystationSony
Dopo tre capitoli e ben quattro prequel dedocato all'antica Grecia, mai avremmo immaginato di vedere un God of War ambientato in una terra diversa da quella ellenica, alle prese con un altro pantheon da dare 'in pasto' al furioso Kratos. Quando nel 2018 abbiamo messo le mani sull'intrigante reboot - non senza un certo timore - siamo rimasti colpiti dalla meravigliosa storia confezionata da Santa Monica Studio, team di sviluppo che è riuscito nel difficile intento di dare ulteriore spessore a un personaggio di per sé enorme e di farlo senza tradirne le origini.
Con Ragnarok si giunge così alla resa dei conti, alla battaglia finale che conclude il viaggio di Kratos e Atreus nell'antica Scandinavia. Un'avventura che non rinuncia a un'abbondante dose di epicità, quanto basta per soddisfare il Dio della Guerra e, soprattutto, i sempre più esigenti fan della serie PlayStation. God of War Ragnarok è un sequel possente, maturo e apocalitticamente confortante, un action/adventure che rasenta la perfezione e che intratterrà i giocatori con un gameplay al cardiopalma e un comparto artistico di egregia fattura.
Abbiamo trascorso le ultime due settimane nelle fredde lande dei Nove Regni dopo aver avuto la possibilità di provare in anteprima God of War Ragnarok su PlayStation 5. Nella nostra Anteprima abbiamo già condiviso le nostre impressioni a caldo, ma è finalmente arrivato il momento di approfondire il racconto del nostro viaggio e di svelarvi i motivi per cui non dovreste perdervi questa release se possedete una console PlayStation.
NB: la Recensione non contiene spoiler sulla trama di Ragnarok, ma può includere importanti dettagli legati alla storia di God of War (2018) e al suo finale.
Padre e figlio, uniti contro il destino: la storia
Gli effetti del Fimbulwinter si fanno notare in tutti i Nove Regni, in maniera più o meno evidente. Midgard è stata inghiottita da un freddo glaciale che ne ha alterato sensibilmente i connotati, costringendo Kratos e Atreus ad affrontare un inverno apparentemente infinito. È il prezzo da pagare per la morte di Baldur, figlio di Odino e Freya, una tragedia che ha innescato un'ulteriore serie di eventi che culminerà solo con la fine del mondo, con il Ragnarǫk.
Non solo Freya, ma anche altre divinità vogliono vendicare Baldur, come preannunciava la scena finale del precedente capitolo che, tramite un sogno di Atreus, anticipava la visita di Thor alla dimora di Kratos. La storia del Dio della Guerra continua dall'esatto punto in cui l'avevamo lasciata, a dimostrazione del fatto che Santa Monica Studio non vuole mollare la presa sul giocatore trascurando eventuali dettagli. Negli anni che separano le vicende del primo episodio da Ragnarok, Kratos ha qualche pelo bianco in più sulla barba e Atreus è visibilmente cresciuto e può ora vantare una certa maestria nella caccia e una discreta esperienza in battaglia.
Padre e figlio si preparano ad affrontare un nuovo viaggio, ma questa volta c'è una profezia a svelarci tutto quello che accadrà. Atreus è tormentato dall'oracolo di Jötunheim e dalla scoperta di quello che sembrerebbe essere il suo vero nome: Loki. Il ragazzo ha intenzione di far luce sulla profezia dei Giganti e, dunque, sulle sue origini, ma Kratos - che dal canto suo non ha mai sopportato le profezie - teme per l'incolumità del figlio.
Certo, a una rapida occhiata God of War Ragnarok sembra raccontare le epiche battaglie tra Kratos e le mostruosità, divine e non, che popolano i regni della mitologia norrena. Il vero fulcro della sua storia è però il rapporto tra Kratos e Atreus, elemento narrativo che gli scrittori di Santa Monica Studio sono riusciti ad inscenare con grande delicatezza, maturità e realismo, al punto da poter impartire delle vere e proprie lezioni di genitorialità.
Il profondo legame tra il burbero Dio della Guerra e suo figlio scalda il cuore dei giocatori nel gelido freddo del Fimbulwinter. Nella sua brutale schiettezza, Kratos ha insegnato ad Atreus le dure leggi della sopravvivenza e il peso della responsabilità che, nel loro caso, è ulteriormente aggravato dal retaggio divino. Il ragazzo ha ancora molto da imparare, ma così anche il Fantasma di Sparta, che tra grugniti e rimproveri riesce ad abbracciare una maggiore 'dolcezza' nelle interazioni con Atreus, senza tuttavia rinunciare alla sua autorità.
La bellezza di God of War Ragnarok non risiede solo nei rapporti tra i personaggi, ma anche nella sua maestosa regia. Come il suo predecessore, questo capitolo viene 'diretto' in unico piano sequenza che non allontana mai l'inquadratura dal protagonista e che in tal modo mantiene viva l'azione sullo schermo. Questo si scontra però con un ritmo narrativo volutamente altalenante, in cui le concitate sequenze delle battaglie di Kratos sono alternate a situazioni più rilassate, dove i personaggi si concedono delle pause riflessive o un'innocente chiacchierata.
Eppure, anche nei momenti di calma piatta Ragnarok ha qualcosa da raccontare. Cogliamo queste occasioni per provare a immedesimarci in Kratos e Atreus, carpendo le loro emozioni attraverso le espressioni che si materializzano con naturalezza sui loro volti. Ne approfittiamo inoltre per approfondire la conoscenza dei comprimari, primo fra tutti Mimir, che al fianco di Kratos (letteralmente) può commentare le vicende a cui assistiamo per fornire ulteriori dettagli e curiosità sulla cosmologia norrena. La testa dell'uomo "più sapiente che esista" può assistere i protagonisti offrendo indicazioni sullo scenario e preziosi suggerimenti. Persino durante la battaglia Mimir si dimostra un utile alleato; del resto un secondo paio di occhi non guasta mai.
Mimir non è l'unico a tenerci compagnia nel nostro viaggio nei Nove Regni. Altre figure, vecchie e nuove, s'imbatteranno in Kratos e Atreus per fornire il loro aiuto o, nei casi peggiori, mettergli i bastoni tra le ruote. In ogni caso ci saranno sempre delle interpretazioni strepitose, supportate da dialoghi ben scritti e da un'eccellente caratterizzazione di ogni personaggio.
In merito ai colpi di scena e al finale di God of War Ragnarok non vi anticiperemo nulla, ma possiamo garantire per la bontà del comparto narrativo messo in piedi da Santa Monica Studio. Raggiungiamo e, per certi versi, superiamo gli elevati livelli qualitativi del gioco del 2018, con qualche gradita sorpresa e plot twist più o meno riusciti. La gestione del personaggio di Kratos e degli elementi introdotti nel reboot avviene con grande consapevolezza e coerenza, il che ci ha lasciati estremamente soddisfatti, anche dopo aver assistito alla scena finale.
La furia del Dio della Guerra: il gameplay
Parliamoci chiaro: non tutti i fan di vecchia data avevano riservato un'accoglienza calorosa per God of War (2018). Il dito non era stato puntato solo contro la narrazione, più 'adulta' e meno frenetica rispetto al passato, ma anche e soprattutto contro l'inedita formula di gioco che prende grandi distanze dal galvanizzante gameplay in stile hack 'n' slash della trilogia originale. In un modo o nell'altro, alla fine il reboot è riuscito a conquistare anche i giudici più severi.
Ragnarok ripropone così quanto visto nel gioco rilasciato su PlayStation 4, con più di qualche accorgimento che rinfresca la coraggiosa formula scelta da Cory Barlog e colleghi qualche anno fa. A prima vista God of War Ragnarok non sembrerebbe un gioco così diverso dal suo predecessore, ma guai a chiamarlo 'more of the same'. Troviamo massicci innesti al combat system, un'esplorazione più stratificata del mondo di gioco, una rivisitazione del sistema di progressione e una struttura ruolistica che gode finalmente di una maggiore profondità.
Si parte dunque da quel sistema di combattimento che, a detta degli sviluppatori, rimane il cuore pulsante di God of War. Questa volta, Kratos inaugurerà la sua nuova avventura sia con il Leviatano che con le Lame del Caos, accedendo da subito a un'azione più variegata sul campo di battaglia. Le due armi ottengono effetti elementali - Ghiaccio per l'ascia e Fuoco per le lame - che possono essere innescati con manovre specifiche o speciali combinazioni di mosse. In particolare, il gioco invita con una certa insistenza ad alternare l'utilizzo del Leviatano a quello delle Lame del Caos, e viceversa, al fine di incrementare i danni inflitti ai nemici.
In Ragnarok, lo Scudo del Guardiano assume un ruolo più rilevante negli scontri e diventa a tutti gli effetti una terza arma. Kratos non si limiterà a difendersi e a deviare gli attacchi nemici: nuove tipologie di scudo permetteranno al protagonista di sferrare degli attacchi o di sorprendere gli avversari caricandoli in corsa. Verremo assistiti anche da Atreus, che fa tesoro degli insegnamenti appena appresi dimostrandosi più aggressivo nei confonti dei nemici, effettuando anche prese e attacchi stordenti che faciliteranno la vita a Kratos. Dopotutto il ragazzo è più forte e più grande e può ora dimostrare il suo vero valore in battaglia.
Le armi bianche verranno affiancate ancora una volta da un'ampia gamma di poteri runici, a loro volta potenziabili. Queste abilità sfruttano le proprietà elementali del Leviatano e delle Lame del Caos aumentando i danni inflitti e le capacità di stordimento - che permetteranno a Kratos di esibirsi in spettacolari e sanguinolente 'finisher' - e applicando status che indeboliranno i nemici con il potere del fuoco e del ghiaccio. A queste abilità si affiancano quelle del Cimelio, un altro prezioso strumento che Kratos impiegherà in battaglia per sorprendere gli avversari con un attacco a sorpresa, per aumentare il danno delle sue armi o per attivare un effetto slow motion.
L'unica pecca di questo sistema riguarda la quantità limitata di armature che è possibile ottenere avanzando nel gioco - con due ulteriori set di corazze ottenibili solo tramite l'acquisto delle edizioni limitate. Vista l'importanza riposta nelle armature e nelle caratteristiche a esse associate, sarebbe stato interessante collezionare qualche equipaggiamento in più.
Ad essere sinceri ci sarebbe molto altro da dire sul combat system, ma alcune delle novità più sensazionali del gameplay sono purtroppo incatenate ad importanti spoiler di trama che preferiamo evitare. Quello che possiamo dirvi è che queste aggiunte hanno il potenziale di cambiare le carte in tavola, portando una generosa ventata d'aria fresca per l'intera formula di gioco. God of War Ragnarok è, in effetti, un gioco che merita di essere scoperto dall'inizio alla fine, senza anticipazioni che riguardino la storia o le interazioni proposte al giocatore.
Spendendo qualche parola per la componente RPG introdotta in God of War (2018), in Ragnarok questa acquisisce una maggiore complessità e può finalmente contare su un sufficiente numero di statistiche e variabili che, se sfruttate a proprio vantaggio, possono fare davvero la differenza. È persino possibile creare delle autentiche build combinando i set di armatura - potenziabili visitando le fucine di Brok e Sindri - con gli accessori del Leviatano, delle Lame del Caos e degli scudi. Questa formula viene impreziosita dall'introduzione dell'Amuleto, un artefatto in cui è possibile incastonare fino a nove rune che conferiscono bonus e perk aggiuntivi; attivando tre rune provenienti dallo stesso set si potrà sbloccare un vantaggio unico.
C'è anche un livello che determina la potenza complessiva di Kratos e che equivale al valore medio delle armature, delle armi e dei relativi innesti equipaggiati. Con il giusto 'mix' di armi e innesti, lo spartano diventerà un osso davvero duro anche per gli avversari più ostici.
A questo proposito, la rinnovata varietà di Ragnarok si rispecchia anche nei nemici e nella fauna dei Nove Regni. Il gioco troverà sempre un modo per sorprenderci con avversari dalla potenza crescente e con imponenti boss che sfideranno i nostri riflessi - e la nostra pazienza. Ritornano molti dei 'brutti ceffi' conosciuti nel precedente capitolo, con diverse variazioni anche piuttosto intriganti, ma che purtroppo ripropongono alcune delle 'vecchie' animazioni viste nel reboot. Il livello di sfida resta piuttosto alto e chi opterà per le difficoltà più elevate potrebbe addirittura rimpiangere i più punitivi giochi di FromSoftware, soprattutto dopo la fine dell'avventura.
Sì, c'è un endgame, anche alquanto corposo a nostro parere. Al termine della (lunga) questline principale sarà possibile completare le dozzine di missioni secondarie - qui denominate 'Favori' - disponibili nei Nove Regni. A quelle già scoperte si aggiungeranno nuove quest sbloccabili solo dopo aver visto il finale di Ragnarok e che racconteranno interessanti retroscena sulle vicende dell'ultimo capitolo, oltre a farci dono di materiali rari e di item nuovi di zecca.
In poco meno di 45 ore abbiamo portato a termine l'avventura principale di God of War Ragnarok e la maggioranza delle quest secondarie. Nella lista mancano ancora molte attività da completare, tra cui un paio di sfide a dir poco impegnative che costringono il giocatore a raggiungere il livello massimo prima di tuffarsi in battaglia. Ultimando questi compiti, ed esplorando attentamente ogni scenario, il gioco può superare le 70 ore di durata senza troppe difficoltà.
In giro per i Nove Regni: l'esplorazione
I nemici di Ragnarok vengono raggruppati ancora una volta in arene di varie dimensioni, ma queste ultime possono ora contare su una maggiore verticalità, che talvolta si manifesta in appigli utilizzabili da Kratos per muoversi agilmente e per sfoderare formidabili attacchi dall'alto. Questa aggiunta al level design viene riproposta anche nell'esplorazione, che trae vantaggio dalla maggiore grandezza delle aree di gioco per contenere un'infinità di attività secondarie, così come un numero considerevole di enigmi ambientali, pergamene e altri oggetti collezionabili.
Chiariamo immediatamente che non parliamo di un open world à la Horizon: Forbidden West, a dispetto di quanto lasci credere la presenza di una mappa interattiva. Il concetto più adatto al caso di God of War Ragnarok è quello di 'zone aperte', che è di fatto la struttura scelta da Santa Monica Studio per plasmare le differenti ambientazioni del sequel.
Da Midgard a Svartalfheim, passando per Alfheim e Vanaheim. Ciascuno di questi regni consiste di enormi spazi esplorabili 'quasi' liberamente, i quali seguono uno schema piuttosto specifico: una grande area centrale - dove ci si potrà muovere rapidamente utilizzando un'imbarcazione o una slitta - da cui si articolano ulteriori zone, quelle che tendenzialmente includono gli obiettivi più rilevanti. Queste zone più ristrette vengono però configurate come grandi 'corridoi', confinati da elementi di vegetazione o da veri e propri muri che veicolano il giocatore in una direzione specifica o in eventuali bivi, dove si possono celare segreti ed ulteriori tesori.
Nel caso specifico di Vanaheim siamo rimasti piacevolmente colpiti dall'incredibile varietà dello scenario e dalla possibilità di alterare l'aspetto dell'ambientazione tramite una speciale meccanica di gioco - di cui non vi anticiperemo nulla. In questa regione potremo attraversare un fiume per raggiungere diversi accampamenti, così come una foresta labirintica, un cratere che ha ospitato un improbabile duello e persino una giungla popolata da draghi, troll e altre aberrazioni. Insomma, solo in Vanaheim sarà possibile spendere almeno 10 ore per portare a termine la maggior parte delle attività raccolte nel diario di Kratos. Altri regni, come quelli di Niflheim, Muspelheim e Helheim non offrono la stessa libertà esplorativa e risultano molto più lineari e claustrofobici.
Troviamo infine "il regno tra i regni", la Casa di Sindri, che fungerà da hub centrale per gli spostamenti di Kratos e per la gestione delle sue risorse, potendo far visita ai fabbri nanici in qualsiasi momento. Qui i giocatori potranno anche concedersi una meritata pausa e, perché no, scambiare quattro chiacchiere con i padroni di casa e i loro ospiti.
Per motivi di trama e non solo, spesso torneremo sui nostri passi per rivisitare alcuni dei regni già esplorati. In Ragnarok il backtracking non serve solo ai fini narrativi, ma consente al giocatore di accedere ad aree di gioco prima inaccessibili, magari servendosi di un nuovo strumento o delle abilità appena apprese per superare l'ostico puzzle che ci ha tenuto lontani da quel tesoro solo qualche ora prima. Di fatto, gran parte dell'endgame si basa sul backtracking, poiché attraverso questo meccanismo Ragnarok può raccontare eventuali retroscena sulla storyline principale e ricompensare i giocatori più curiosi con oggetti rari e altre inattese sorprese.
Muscoli cross-gen: il comparto tecnico
Nell'Anteprima pubblicata due settimane fa avevamo delineato dubbi e certezze in relazione al comparto tecnico. Ricordiamo dopotutto che God of War Ragnarok è una produzione cross-gen, sviluppata sia per PS4 che per la più giovane e performante PS5, e come tale può innescare non poche preoccupazioni tra gli aspiranti giocatori che dovranno spendere tra i 70 e gli 80 euro per impersonare ancora una volta il Dio della Guerra. Dopo aver trascorso qualche ora in più con Kratos e Atreus possiamo condividere delle opinioni più concrete.
Pur partendo dallo stesso motore grafico, Ragnarok riesce a proporre una veste grafica più definita e pulita di quella vista del precedente capitolo, che resta comunque una delle opere visivamente più attraenti dell'intero catalogo PlayStation. Il giocatore può osservare le proprietà materiali delle corazze e delle armi del Fantasma di Sparta, così come la contrazione dei suoi muscoli durante i combattimenti. Questi e altri dettagli elevano il fotorealismo a livelli sorprendenti, soprattutto quando il gioco viene riprodotto su uno schermo 4K.
Questa maggiore fedeltà visiva, e l'approccio inedito all'esplorazione, ha permesso a Santa Monica Studio di 'svecchiare' alcune ambientazioni già presentate in God of War introducendo nuove zone esplorabili e ridisegnando la maggior parte degli elementi. Ci sono comunque tracce più o meno evidenti del fattore 'riciclo', anche osservando le animazioni di alcuni attacchi di Kratos e dei nemici, come già accennato poco fa. In compenso, c'è tantissimo materiale nuovo di zecca che omaggia la mitologia norrena con grande originalità e senso estetico.
Chi vestirà i panni di Kratos su PS5 avrà a sua disposizione sei diverse modalità grafiche e, dunque, la totale libertà di scegliere tra la massima qualità visiva e le migliori performance in fase di gioco. Chi punterà ai 60 FPS potrà scegliere l'opzione Prestazioni per passare dalla risoluzione nativa 4K ai 2160p in upscale; con l'opzione Qualità si tornerà alla massima risoluzione supportata, ma a quel punto ci si dovrà accontentare di un target di 30 FPS che non riteniamo molto soddisfacente. A queste si aggiungono quattro ulteriori modalità basate sull'HFR (High Frame Rate) e che sbloccano il frame rate sugli schermi dotati di tecnologia VRR.
Su PS4, piattaforma che non abbiamo potuto coinvolgere in questo test, le modalità grafiche messe a disposizione da God of War Ragnarok sono tre, due delle quali progettate esclusivamente per PS4 Pro (Prestazioni, Qualità). Sui modelli standard della console 'old-gen', il sequel gira in alta definizione (1080p) con un frame rate ancorato ai 30 FPS.
L'hardware di ultima generazione viene sfruttato appieno per migliorare anche luci e ombre, ma in questo frangente è possibile scorgere i potenziali limiti dello sviluppo next-gen. Sebbene i Nove Regni risplendano alla luce del sole regalandoci un autentico spettacolo di colori, negli scenari chiusi Ragnarok mostra il fianco ad una resa non convincente dei fasci di luce e ad occasionali imprecisioni rilevate nella proiezione delle zone d'ombra. Chiariamo che si tratta di scovare 'il pelo nell'uovo' e che, per grandissima parte dell'esperienza, Ragnarok è e resta una delle migliori esperienze audiovisive mai portate sulle console casalinghe.
A tal proposito, il comparto sonoro è la vera punta di diamante di God of War Ragnarok. Ogni colpo assestato da Kratos ai danni dei malcapitati nemici viene reso con grande fisicità, trasmettendo al giocatore tutta la potenza del Dio della Guerra. Se non riesce a farlo l'audio, ci pensa il feedback aptico del DualSense a farci 'sentire' i fendenti del Leviatano. L'audio 3D ci ha permesso di immergerci nell'esplorazione del mondo di gioco, fornendoci anche un prezioso aiuto nel localizzare eventuali collezionabili - sì, torneremo a dare la caccia ai 'fastidiosi' corvi di Odino.
La soundtrack composta da Bear McCreary include diversi arrangiamenti dell'acclamato tema musicale che ha accompagnato la prima apparizione di Kratos in God of War (2018), ma c'è anche un'impressionante varietà di brani originali ispirati dagli scenari dei Nove Regni. Ancora più sorprendente è il doppiaggio, in particolare quello inglese, che ci regala due prove attoriali a dir poco memorabili: quelle di Christopher Judge (Kratos) e Sunny Suljic (Atreus).
E Ragnarok sia: conclusioni
Dopo le alte (altissime) aspettative create da uno dei migliori giochi della scorsa generazione, God of War Ragnarok si è presentato portando con sé un gravoso fardello. Ciononostante, il sequel confezionato da Santa Monica Studio riesce a replicare l'epica impresa compiuta quattro anni fa. Oseremmo dire che ha potuto anche superarla, mettendo in scena una storia ancora più matura e complessa, sorretta da un personaggio semplicemente titanico quale è Kratos e da una figura più imprevedibile ma non per questo meno esaltante, come quella di Atreus.
Lato gameplay, Ragnarok rappresenta la perfetta evoluzione del reboot del 2018, accogliendo piccole e gigantesche introduzioni che migliorano sensibilmente il flow del sistema di combattimento e la progressione in-game. Promossa quasi a pieni voti la componente ruolistica, se non fosse per la scarsa abbondanza di oggetti equipaggiabili. Ottima la rinnovata verticalizzazione del level design, che talvolta si scontra con un'evidente limitazione dello spazio esplorabile. Abbiamo inoltre avuto qualche sensazione di déjà-vu durante l'esplorazione, così come nei combattimenti, a causa del riutilizzo - o del mancato 'restauro' - di alcuni vecchi asset.
Anche stavolta la serie God of War mostra i muscoli sulle console PlayStation, raggiungendo - dopo Horizon - i più alti livelli tecnici del parco videoludico Sony. PS5 è per forza di cose la piattaforma su cui Ragnarok si presenta nella sua forma più smagliante, mettendo in risalto una cura maniacale ai dettagli grafici e un miglioramento del sistema d'illuminazione - pur con qualche 'passo falso' nella gestione di luci e ombre. Impeccabile il comparto sonoro, con una soundtrack ad alto tasso di epicità e un doppiaggio strepitoso, ottimo in italiano e superlativo in lingua originale.
In definitiva, non ci sono motivi per ignorare il lancio di God of War Ragnarok, soprattutto se siete tra i fortunati possessori di una PlayStation 5. Il gioco sarà disponibile dal prossimo 9 novembre anche su PS4. Mentre il precedente capitolo è ora disponibile su PC, Sony non ha ancora comunicato alcun piano per portare il nuovo God of War su Windows, ma incrociamo le dita.
PRO
- Una storia più matura, complessa e coinvolgente
- Kratos, Atreus e la caratterizzazione dei personaggi
- Gameplay evoluto con grande attenzione rivolta alle meccaniche RPG
- C'è molto più da esplorare e da vedere nel mondo di gioco
- Ineccepibile sul fronte artistico e sonoro
CONTRO
- Non tutto quello che si vede è esplorabile liberamente
- Avremmo voluto vedere più varietà a livello di loot
- Sensazioni di déjà-vu in alcuni frangenti
- Qualche incertezza nella gestione di luci e ombre
9 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoLo recupererò a pochi euro come il primo giusto per rompermi di nuovo le palle.
Ho già risposto a un commento simile e ti darò la stessa banale spiegazione: Sony PlayStation distribuisce le copie review dei suoi giochi in largo anticipo rispetto agli altri publisher/distributori. Ciò permette a noi, la stampa, di provare in anteprima il gioco senza troppa fretta, il che è compatibile con gli altri impegni lavorativi. In molti altri casi, le copie review arrivano pochi giorni prima del day one, se non addirittura il giorno stesso.
Spero di aver chiarito il tuo dubbio
C'è da dire però che se la concorrenza degli action adventure è roba come A plague tale: requiem, meglio tutta la vita GOW.
Non azzardo nemmeno il paragone con devil may cry, Bayonetta, nier automata ecc, visto che ormai considero questo GOW ed il precedente facente parte di un genere completamente diverso ed inutile dire che preferisco di gran lunga i primi. Poi se qualcuno non sarà d'accordo... de gustibus.
No semplicemente significa avere buon gusto, quello che manca a molti videogiocatori, esperti o presunti tali
Se non è questo un chiaro segnale di qualità e sicurezza da cui tutti dovrebbero imparare.
Sembra più gioco rispetto al primo e meno esperienza innovativa...ma ci sta deve chiudere una generazione.
Aspetto con ansia il prossimo vero next gen..in attesa ci trastulliamo con questo.
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