Devil May Cry: il diavolo piange anche in reboot

Devil May Cry: il diavolo piange anche in reboot

Azzerare e riscrivere un franchise, compiere un reboot, è sempre un’operazione rischiosa. Specialmente all’interno dell’industria dei videogiochi. Dove tanti ‘Soloni’ si dicono sempre in cerca di novità e originalità, salvo poi sentirsi traditi, quando il nuovo capitolo di una serie si discosta pesantemente dai canoni mostrati negli episodi precedenti. Capcom non è sempre stata ricettiva, quanto a innovazioni. Anzi, spesso e volentieri ha perseverato nella riproposizione ultra-canonica dei suoi principali franchise. E, quando ha cercato di innovare pesantemente, non sempre ha ‘fatto centro’.

di pubblicato il nel canale Videogames
Capcom
 

Tecnicismi e narrazione

DMC è un bel vedere. Lo stile di Taini è davvero impressionante e, in generale, la costante commistione tra diabolico e tecnologico, tra Limbo e realtà convince, riuscendo a creare soluzioni visive sufficientemente disturbanti. Durante l’azione, tutto si comporta a dovere. Con le animazioni di protagonisti e nemici del tutto prive di incertezze.

Anche gli scenari – a tratti – lasciano a bocca aperta. La città si spezza e si corrompe nel tentativo di frenare Dante. E, sebbene non in tutte le situazioni allo stesso modo, è resa con dovizia di particolari e impressionante efficacia.

Discorso a parte per le cut-scene. Quando sono affidate alle tavole statiche di Taini sono impeccabili. Quando passano attraverso filmati, si ha un livello incostante. Laddove i protagonisti sono realizzati sempre con buona precisione, non si ha sempre la medesima qualità nella resa dei personaggi secondari, che alle volte risultano davvero ‘brutti’, penalizzati eccessivamente da legami articolari, animazioni e giochi di luce errati.

Per quanto riguarda la trama, ci troviamo di fronte a una riscrittura complessiva degli inizi danteschi che, però, si incanala secondo dinamiche abbastanza prevedibili, ricalcando numerosi cliché del genere. In sostanza: risulta solo uno ‘sfondo’ con qualche picco d’intensità che, anche nei (rari) colpi di scena, risulta prevedibile e minimamente sconvolgente.

 
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