Tomb Raider hands-on: reboot, perché e come
Square Enix e Crystal Dynamics ci hanno dato la possibilità di effettuare una corposa prova del nuovo Tomb Raider. Negli uffici milanesi di Digital Bros, infatti, abbiamo potuto gustarci un paio d’ore in compagnia della giovane Lara.
di Stefano Carnevali pubblicato il 17 Dicembre 2012 nel canale VideogamesSquare Enix
Commento finale
Personalmente sono rimasto molto colpito da questo reboot di Tomb Raider. Per prima cosa, è Lara a convincere. Non essendo più la monolitica ‘macchina da esplorazione’ a cui siamo stati abituati, ha acquisito credibilità e profondità. Le sue incertezze e le sue insicurezze, insomma, la rendono molto più interessante. E il tangibile senso di ‘crescita costante’ che contraddistingue il gioco, in questo senso, aiuta: sarà automatico avere una Lara che, dopo le prime ore di gioco, avrà acquisito maggior dimestichezza nei movimenti più ‘estremi’, ma starà al giocatore aver acquisito confidenza con le dinamiche del gioco e con i menu ‘stile RPG’ di questo nuovo TR. Crescita parallela, insomma.
La narrazione, quindi, è interessante e ben costruita. Cosa importantissima, a differenza di recenti titoli di prima fascia, è ben ritmata: le cut-scene si inseriscono col giusto tempismo e con la giusta durata. E anche i flashback – vissuti attraverso i filmati che Lara guarda sulla telecamera dell’amica Sam – danno quel tocco nostalgico che ci sta. Il cast dei personaggi è sufficientemente articolato e profondo – a tratti misterioso -, da tenerci avvinghiati alla trama.
Dal punto di vista della giocabilità. Beh… questo non è più il classico Tomb Raider. Non come lo abbiamo conosciuto per anni. Niente più complessi puzzle ambientali, niente più platforming che richiede precisione assoluta. Queste componenti restano il cuore del gioco, anche se contraddistinte da una maggiore ‘tolleranza’ nei confronti del giocatore. E se la sfida pare diminuita, colpisce l’accresciuta libertà concessa all’approccio del mondo di gioco, sotto tutti i punti di vista. Esistono comunque sezioni che rimandano con maggior decisione ai vecchi TR (l’esplorazione delle tombe, per esempio).
Questa ‘rivoluzione’ è un male? Non credo. Perché si tratta di un reboot. Ma, soprattutto, perché diverte e convince. Con altre ‘frecce al proprio arco’. Tante ‘frecce al proprio arco’.
Il ritmo e la fluidità di questo nuovo TR spazzano via tutte le incertezze circa il ‘cambio di rotta della saga’. L’offerta ludica del titolo di Crystal Dynamics è solida, emozionante e divertente. In una parola: funziona. E su tutto – mi ripeto – si impone la grande libertà lasciata al giocatore.
Se questo ‘strappo’ con la tradizione – per quanto marcato – risulta funzionante, perché non accettarlo a braccia aperte?
Anche il ricorso piuttosto reiterato al Quick Time Event non è per nulla invasivo. Anzi: sottolinea con spettacolarità eventi chiave nello sviluppo della vicenda e contribuisce a dare epicità alle vicende. Se – dal punto di vista della giocabilità – si deve muovere un vero appunto, questo va nella direzione dell’occasionale eccessivo assistenzialismo del gioco, che protegge troppo spesso il giocatore (volete far cadere Lara in uno strapiombo, mentre cammina con cautela su un tronco? Per quanto vi sforzerete nel farla sbilanciare… non cascherà!).
L’esplorazione, comunque, è sempre divertente. Gli ambienti sono decisamente ampi e – pressoché in ogni situazione – consentono numerosi approcci differenti. Gli enigmi ambientali sono dotati di soluzioni piuttosto immediate, ma mai ovvie; mentre il sistema di platforming – per quanto non rigoroso come nel passato – non è assolutamente automatico o banale. Su tutto, comunque, si impone la libertà dell’utente nel cercare la via a lui più congeniale per raggiungere l’obiettivo.
Nessun timore di risultare disorientati, comunque: Lara è dotata di un istinto che ci consentirà, in ogni momento, di individuare il nostro obiettivo finale (oltre ai nemici).
Dal lato dei combattimenti, mi sento di dire che ‘ci siamo’. Essi sono improntati – coerentemente – sulla necessità di sfruttare le coperture e un profilo basso (spesso è possibile non combattere, usando tecniche stealth per proseguire indisturbati). Interessante, poi, l’opportunità di utilizzare gli elementi dell’ambiente per avere la meglio nella lotta. Essendo i duelli sempre frenetici e circoscritti, non è un’eresia parlare di piccoli ‘puzzle’ situazionali, orientati all’abbattimento del nemico sfruttando lo scenario.
Il comparto tecnico di TR è davvero impressionante. Una delle produzioni più rilevanti degli ultimi mesi. Detto e ridetto dell’enormità dell’ambiente di gioco, dobbiamo attestare come ogni componente dell’isola faccia assolutamente il proprio dovere. Sia dal punto di vista fisico, sia da quello audio, sia da quello video. Menzione d’onore per il character design, davvero molto azzeccato. E molto curato, anche. Visto che ben di rado – nelle cut-scene o in-game – si è vista una qualità così alta e diffusa (non è solo Lara, insomma, a godere di una grande realizzazione).
Chiusura con le citazioni. Nelle due ore scarse di test, mi sono imbattuto in una serie impressionante di situazioni differenti. Le quali hanno ‘solleticato’ la mia immaginazione e la mia memoria. Se, come ripetuto, i punti di contatto con Uncharted sono numerosi, l’atmosfera che si respira sull’isola è decisamente paragonabile a quella di ‘Lost’. Ma abbiamo anche passaggi sotterranei – tra cunicoli e relitti di navi seicentesche -, che strizzeranno l’occhio alla caccia al tesoro dei Goonies. Mentre uno dei più misteriosi personaggi chiave dell’isola (rileggete alla voce “diari”), sembra riportato in vita, di peso, dalle pagine del più famoso romanzo di Stevenson. Guarda a caso, anch’esso ambientato su un’isola del tesoro. L’isola poi: con la sua natura ‘pacificamente’ ostile, mi ha riportato alla mente le emozioni del mai troppo osannato ‘Un tranquillo weekend di paura’; mentre le sue installazioni della Seconda Guerra Mondiale – ovviamente di matrice nipponica, ma anche con la presenza di qualche relitto statunitense – pescano a piene mani nell’immaginario narrativo d’avventura dei ’70-’80. Da ultimo, sparsi in ogni dove, i richiami al ‘Signore delle Mosche’ di Golding, così abile a mostrare quanto le gerarchie umane, in condizioni estreme, generino aberrazioni.
A conti fatti, con il pacchetto completo in mano, mi sento di dire che Tomb Raider potrà essere una delle migliori opere della stagione videoludica in corso: racconta, emoziona, diverte e intrattiene. Il tutto con padronanza degli strumenti scelti e la capacità di alternare i propri ritmi.
Senza contare di come riesca a riscrivere – in meglio! – una delle figure più importanti della storia dei videogiochi.
31 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info(mai giocato un Tomb Raider, ma questo mi attrae moltissimo)
....umm....questa frase fa molto video-fetish....
Cosa? Costa come vedersi 4 film al cinema ed ha pure una sceneggiatura un po' scontata???? Aspettate un momento....
Io sono anche un "vecchio" giocatore di TR, ma questa nuova veste mi ha molto convinto e sono dell'idea che i creatori siano riusciti nel difficile compito di "riattualizzare" una serie che ha fatto storia.
spero che anche questo riesca a "farmi innamorare"!
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