WWE '13: il ritorno dell'era Attitude basta per fare la differenza?
Yuke’s, dopo l’inizio della rivoluzione nel 2012, consolida il proprio simulatore di wrestling. Nessuno stravolgimento, ma fari puntati su una delle più importanti epoche nella storia della WWE.
di Stefano Carnevali pubblicato il 05 Dicembre 2012 nel canale VideogamesPredator Engine 2.0
La giocabilità, abbondantemente rivista nel in WWE ‘12, ha subito delle ulteriori e decise limature. Anche se non si è ancora di fronte a un prodotto inattaccabile.
Per prima cosa, va detto che tutta l’azione in-ring risulta molto più ‘sotto controllo’. Adesso è quasi sempre facile capire come compiere le evoluzioni che desideriamo, così come le evasioni e le contromosse necessarie. Per quanto riguarda la difesa, però, siamo di nuovo di fronte all’utilizzo di un singolo tasto (sia per contrastare gli attacchi diretti che le prese): limitante. Se non altro, adesso ci viene mostrato in tempo reale un giudizio sul nostro tempismo, in modo che progressivamente siano chiari i nostri errori.
L’azione scorre via molto più fluida e coerente (si capisce cosa è necessario fare per vincere e quando farlo): i match – soprattutto in multiplayer – risultano così molto più divertenti.
Ma manca ancora la profondità a cui alcuni titoli della precedente generazione ci avevano abituato. Di fatto, non ci sono tatticismi applicabili allo scontro: non ci sono distinzioni tra personaggi heel e face, non c’è ancora una realistica coerenza della stazza dei lottatori o delle loro tendenze.
A conti fatti – anche perché tutte le superstar risultano molto forti, statistiche alla mano -, la condotta durante il match sarà simile, a prescindere dall’atleta utilizzato.
Quanto sarebbe gratificante dover fare i conti con la potenza, unita alla lentezza e alla scarsa resistenza, di Big Show, con l’agilità e la scarsa forza di Sin Cara o con l’astuzia e gli imbrogli di Del Rio o con la micidiale resistenza di Cena? Beh molto! Ma, purtroppo, tutto ciò in WWE ’13 è solo abbozzato.
In realtà – per quanto le superstar siano caratterizzate da poteri secondari circostanziali (fuga dal ring quando a terra, irish whip più forti, ritorni aggressivi dopo un momento di difficoltà…) – tutti i match ci vedranno impegnati secondo schemi costanti (tante prese in corsa, seguite da qualche colpo diretto) atti a farci ottenere al più presto la finisher.
Sia i colpi finali, sia gli oggetti hanno il solito impatto contenuto sull’avversario. Il che, unito al fatto che non esistono indicatori certi dello stato di salute dei lottatori, confonde un po’ le idee.
Va però detto che oggi tutti i match ‘arrivano a una fine’. Per quanto a volte ci voglia molto, i danni, prima o poi, si faranno sempre sentire. Anche nelle stipulazioni più complesse, insomma, potremo tranquillamente lottare divertendoci e senza restare impegnati per ore. Anche le sottomissioni (un miraggio da chiudere, nel 2012, se non dopo numerosissime prese applicate) funzionano meglio. Per quanto sempre ‘lente’ e poco efficaci.
Restano dei dubbi su alcune collisioni, una fisica rivedibile e l’eccessiva ripetibilità di alcuni colpi particolarmente efficaci, ma, ribadiamolo: i combattimenti in WWE ‘13 sono molto più fluidi e coerenti rispetto all’anno scorso. Per cui si può dire che il Predator Engine si sia evoluto. Di poco, ma con chiarezza.