Red Dead Redemption: l'ultima frontiera del free roaming
Rockstar crea un indimenticabile mondo western e, al seguito di un pistolero in cerca di giustizia, ci catapulta nel più grande e vasto gioco sandbox di sempre (articolo e videoarticolo sono stati curati da redattori differenti, per cui le conclusioni divergono in alcuni punti Ndr).
di Stefano Carnevali pubblicato il 01 Giugno 2010 nel canale VideogamesTrying to catch the devil's herd across these endless skies
Come racconta la celebre leggenda, immortalata nella canzone ‘Ghost Rider in the sky’, se un cowboy non dovesse riuscire a ‘rigare dritto’, sarà condannato a dare la caccia alla mandria maledetta del diavolo, per l’eternità. E John Marston non è da meno. Redemption è un’opera gigantesca, che rasenta per molti versi il capolavoro, ma possiede comunque un ‘lato oscuro’ che può intaccare il gran lavoro di Rockstar.
Detto dei limiti ‘forzati’ del modello scelto per i conflitti a fuoco del gioco, bisogna rendere conto anche degli altri problemi che affliggono il prodotto confezionato dal team di San Diego.
Per prima cosa, Redemption non sfugge alla tipica ‘maledizione’ dei giochi sandbox: si possono fare un numero esagerato di cose, ma tutte le attività secondarie –alla fine- sono piuttosto semplici e, spesso, ripetitive. Domare i cavalli selvaggi, per esempio, è un’azione davvero ben fatta, ma quante volte la vorrete ripetere? Le ‘mini-missioni’ che incontreremo girovagando per le praterie si ripeteranno in continuazione (quanti carretti dovremo riportare a sfortunati cittadini derubati?), risultando al contempo tediose e poco realistiche.
La trama principale si basa su una storia piuttosto lineare che viene pretestuosamente allungata, per giustificare il continuo peregrinare di Marston. Il protagonista di Redemption è un eroe tutto d’un pezzo ma, di fatto, diventa galoppino e corriere di personaggi privi di qualità che però riescono a legarlo a loro oltre ogni ragionevolezza. Quello che si può avvertire come limite maggiore è il fatto che, in un gioco così libero, non ci sia possibilità di ‘premiare’ chi –nella storia principale- si comporta meglio con noi, né di ‘punire’ chi si rivela poco affidabile.
Se vestite la bandana da fuorilegge, la reazione delle forze dell’ordine sarà pressoché nulla. In questo modo possono avvenire le stragi più clamorose, che restano pressochè impunite: il vostro onore non calerà e non avrete nessuno –o quasi- a darvi la caccia. Il fattore più frustrante, però, è la passività del mondo che ci circonda. Nonostante una condotta solitamente impeccabile, il ‘mio’ John Marston ha perso le staffe, dopo una brutta partita di poker in un piccolo villaggio messicano. Indossata la bandana in un vicolo, Marston è tornato nella cantina dove aveva giocato a carte e ha freddato i suoi compagni di gioco, causando il fuggi-fuggi generale degli altri clienti del locale e delle prostitute lì presenti. A questo punto Marston ha deciso di non voler lasciare testimoni, mettendo a ferro e fuoco il villaggio. Con mia somma delusione, però, non solo non sono arrivati tutori della legge per fermarmi, ma addirittura, dopo qualche minuto, il villaggio si è automaticamente ripopolato e i cittadini non avevano nessuna ostilità nei confronti del Marston-sterminatore!
Per quanto riguarda le missioni secondarie, esse risultano abbastanza in contrasto con l’impresa impellente che Marston è chiamato a portare a termine: il buon John cerca di resistere a queste ‘commissioni’ che un po’ chiunque gli affida. Più volte il nostro ripeterà che agirà solo se “ne troverà il tempo”. Ma, di fatto, passerà ore e ore a cercare fiori per un vecchio svitato…
Poco rilevante appare anche il sistema di onore/disonore: da un lato le ricompense che garantisce una condotta integerrima non sembrano poi così ‘ricche’, dall’altro John Marston e la sua storia rendono un comportamento da killer sociopatico del tutto fuori luogo. Non c’è una vera interazione, poi, sulla trama o sulle alleanze: sarebbe stato interessante, per esempio, poter scegliere se appoggiare i governativi o i ribelli, una volta giunti in Messico. Invece il plot ci impone la scelta. E, permettetemi, la ‘libertà’ di aiutare i ladri o le guardie, qualora vi imbatteste in un assalto a una diligenza, beh… sa molto di contentino. In generale, allora, si può dire che, nonostante gli sforzi indubbi di Rockstar, la struttura ludica di Redemption si riveli limitata, offrendo tanto (tantissimo!) da fare, ma senza andare a fondo in quasi nessun aspetto. Un limite che Red Dead condivide con la serie di Gta. E che, allo stato dell’arte, è insito nei giochi sandbox.