Red Dead Redemption: l'ultima frontiera del free roaming
Rockstar crea un indimenticabile mondo western e, al seguito di un pistolero in cerca di giustizia, ci catapulta nel più grande e vasto gioco sandbox di sempre (articolo e videoarticolo sono stati curati da redattori differenti, per cui le conclusioni divergono in alcuni punti Ndr).
di Stefano Carnevali pubblicato il 01 Giugno 2010 nel canale VideogamesMother nature's son
Il sud del New Austin e il nord del Messico sono l’interessante scenario del gioco. Ed ecco il primo punto straordinariamente a favore di Redemption: il mondo di gioco è grandissimo. Ma, ancora più notevolmente, è davvero ampio. Le tre macro-zone di gioco, a livello di kilometraggio, tengono testa alle altre produzioni Rockstar. Ma è nella loro vastità che lasciano il segno: la linea dell’orizzonte è pressoché infinita.
Il New Austin offre gli scorci più vasti e toccanti della storia del videogioco. Anche perché sono magistralmente realizzati. Per prima cosa la complessità geologica degli scenari di Redemption è quantitativamente inarrivabile. Alture, montagne, gole, canyon creano paesaggi complessi e credibili. Utili per le possibilità di gioco e splendidi da attraversare.
Importantissimo: questi scenari sono ‘decorati’ con estrema maestria: prateria, foresta, deserto, pietraia, cactus, paludi, corsi d’acqua e polvere (soprattutto). Ogni elemento è nella posizione più corretta e contribuisce a farci ‘sentire’ davvero sulla frontiera, nel vecchio West (e stavo quasi dimenticando la doverosa menzione per il cielo: enorme, come solo gli Usa sanno regalare. E ricchissimo di varietà: pioggia, nuvole, sole dal diverso ‘calore’ a seconda del momento del giorno, e meravigliose stellate).
Non ci sono nè la giungla urbana né la folla cittadina di Gta. Qui è protagonista la natura. Esaltata da un ecosistema realistico e molto ricco. Le lande di Redemption, infatti, sono popolate di una rosa davvero ingente di animali. Il cui comportamento (tra di loro e nei confronti dell’uomo) è quasi sempre magistralmente realizzato: per esempio, se il branco di lupi non esiterà ad assaltare il cavaliere solitario, tendenzialmente più timidi saranno i coyote, consci della loro minor forza.
Menzione particolare per il lato da ‘fattore’ di John Marston. Per sdebitarsi con i MacFarlane, infatti, il nostro si darà da fare come rancher (potendo poi utilizzare le abilità apprese nella tenuta dei MacFarlane un po’ dappertutto), domando cavalli, guidando mandrie, pattugliando piantagioni, andando a caccia di selvaggina. Proprio questo rapporto con la natura si rivela essere uno dei settori del gioco più convincenti e gratificanti. Quasi ognuna delle attività summenzionate si realizza in modo divertente e sufficientemente impegnativo, facendoci davvero sentire parte di un sistema economico e naturale come in poche altre situazioni virtuali.
In particolare, va citata la gestione del cavallo. Realizzata magnificamente, la cavalcata è uno dei cuori pulsanti di Redemption. E il dover/poter creare un rapporto ‘unico’ con il proprio destriero (rendendolo, magari dopo averlo catturato e domato, più fedele e resistente grazie a un uso accurato e continuato) è garanzia di soddisfazione, anche se forse tutto avviene con un po’ troppa semplicità. È comunque un pregevole tocco di realismo, perché nel west il cavallo era uno dei beni più preziosi per ogni uomo, non uno strumento usa e getta.
La natura del New Austin, con la sua coerenza, il suo realismo e la sua complessità, è un pezzo fondamentale di ciò che rende Redemption il miglior gioco sandbox della storia.