Albedo: un'avventura tutta italiana

Albedo: un'avventura tutta italiana

Albedo: Eyes From Outer Space è un’avventura in prima persona ispirata ai film di fantascienza degli anni ’60. Il progetto, interamente realizzato dallo sviluppatore bolognese Fabrizio Zagaglia, propone un viaggio piuttosto particolare, nel quale gli elementi puzzle si accostano a componenti esplorative e di gestione del proprio inventario. Il gameplay viene inoltre guidato attraverso il filtro della prima persona ed è sostenuto da un livello di difficoltà di chiara impostazione old school. A margine della nostra recensione pubblichiamo anche un’estesa intervista al creatore del gioco.

di pubblicato il nel canale Videogames
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Occhi Indiscreti

In Albedo bisogna districarsi all’interno di venti livelli, attraverso i quali Longy deve riuscire a sopravvivere per comprendere cos’abbia determinato l’esplosione, cosa stia realmente accadendo all’interno della struttura, ma soprattutto da dove caspita siano arrivate le strane creature con le quali è entrato in contatto. Ognuna di queste stanze prevede la risoluzione di una serie di enigmi, che possono essere disinnescati tramite il recupero e l’osservazione di oggetti, la concatenazione dei materiali disponibili e l’attivazione di meccanismi come porte, leve, postazioni di controllo. Una funzione centrale è svolta dal Visore Temporale, dispositivo attraverso il quale è possibile identificare situazioni che accadranno nell’immediato futuro. Attraverso quei singoli fotogrammi si è quindi messi nella condizione di intuire il fine ultimo di ogni enigma e cosa sia necessario fare per ottenere l’accesso alla stanza successiva. Peraltro il visore offre solamente una visione degli esiti finali di ogni rompicapo, mentre il percorso per raggiungere quel risultato dovrà essere liberamente dedotto dal fruitore.

Il design di questi rompicapo costituisce senza alcun dubbio il lato più interessante e riuscito del gioco, è infatti stato compiuto un ottimo lavoro di variazioni sul tema, le azioni che il giocatore deve compiere non sono mai le stesse e ogni livello va prima inquadrato nel suo insieme e poi destrutturato onde evitare di rimanere bloccati. Albedo è infatti prima di tutto un titolo che richiede pazienza, la visuale soggettiva e la presenza di alcune soluzioni riconducibili al genere FPS non devono infatti trarre in inganno. Ogni stanza all’interno della quale ci si viene a trovare presenta una struttura circoscritta, richiede il recupero e l’identificazione degli oggetti più importanti, i quali vanno collocati all’interno dell’inventario e sfruttati secondo specifiche sequenze indispensabili per sbloccare l’accesso al segmento successivo.

Il materiale a propria disposizione è piuttosto vario e per la soluzione di ogni singolo puzzle capita di dover sfruttare cacciaviti, valvole, lucchetti, ma anche cesoie, chiavi inglesi, guanti e chi più ne ha più ne metta. Trattandosi di un’esperienza volutamente orientata a soddisfare un pubblico di nicchia, non deve stupire il fatto che venga privilegiato il ragionamento rispetto all’azione, sebbene non manchino alcune sequenze nel corso delle quali Longy è costretto a fare di necessità virtù, dovendo sfruttare i pochi oggetti in proprio possesso per difendersi dalle incursioni degli esseri alieni che hanno iniziato a circolare liberamente all’interno della struttura. Peraltro alcuni degli elementi che vanno progressivamente a comporre l’inventario sono dotati di una doppia funzione ed è sufficiente aprire l’apposito menù di selezione per decidere se sfruttarli per interagire con gli altri oggetti o al contrario collocarsi in modalità di mira e affrontare la minaccia incombente. Nonostante per buona parte dell’avventura ci si debba barcamenare con risorse di fortuna, nelle fasi più avanzate del gioco è possibile anche imbracciare un fucile a pompa per riuscire ad avere la meglio su alcuni boss ma, come abbiamo già osservato, le sequenze d’azione sono un lato minoritario dell’esperienza, mentre il fulcro del gioco rimane incentrato sulla riflessione.

Il comparto tecnico di Albedo si è rivelato altalenante anche se, considerando la natura e la complessità dei contenuti e tenendo presente che il gioco è stato realizzato da un solo individuo, le incertezze riscontrate sono tutto sommato comprensibili. Sono soprattutto le inquadrature delle fasi di combattimento corpo a corpo a risultare scarsamente convincenti a causa di una telecamera che, essendo collocata troppo in prossimità dell’azione, rende la manovra abbastanza approssimativa e non consente di conservare i necessari punti di riferimento rispetto all’avversario e all’ambiente circostante.

 
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