Antitrust: i titolari degli store online hanno seguito le direttive su uso termine free-to-play

L'Antitrust italiano ha fatto il punto sugli esiti dell'istruttoria avviata l'anno scorso e volta a combattere l'uso indiscriminato del termine 'free-to-play': non è la stessa cosa di dire 'gratis'.
di Rosario Grasso pubblicata il 30 Gennaio 2015, alle 17:31 nel canale VideogamesiTunes, Amazon, Google, Gameloft sono state reattive a recepire le direttive dell'istruttoria avviata lo scorso anno dall'Antitrust italiano, che ha seguito un'azione similare della Commissione UE. Le istituzioni italiane ed europee vogliono scoraggiare i titolari degli store online a usare le diciture "free" o "gratis" in associazione ai prodotti free-to-play.
I giochi o le app free-to-play, infatti, includono al loro interno possibilità di acquisto che possono costituire un costo importante per i loro utenti, soprattutto se nelle mani dei più giovani.
Nel corso del procedimento, spiega l'Antitrust, le parti hanno presentato proposte di impegni ai sensi dell'articolo 27, comma 7, del Codice del Consumo. Nello specifico, hanno sostituito termini quali "Gratis", "Free" e altri, con espressioni tali da rendere chiaro che queste app potrebbero contenere elementi che necessitano pagamenti a parte.
Il procedimento, nel quale è intervenuta l'associazione Altroconsumo, è stato avviato nel 2014, e non solo si è preoccupato di pubblicità ingannevole, ma ha anche verificato la presenza di strumenti o metodi atti a prevenire acquisti non desiderati da parte dei minori.
Le misure, rese ora obbligatorie dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, offrono migliori garanzie ai consumatori, secondo il comunicato dell'Antitrust.
"L'attuale concetto di free-to-play va contro lo spirito delle norme comunitarie in materia di tutela dei consumatori", aveva detto il commissario europeo per la giustizia Viviane Reding, in occasione dell'azione avviata dalla Commissione UE.
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