Valutare l'intrattenimento: personaggio contro autore
Neve. Salta la presentazione stampa di oggi: è il momento opportuno per mettere giù due parole ancora una volta a proposito di valutazione dell'opera di intrattenimento. Parlerò molto di cinema in questo piccolo pezzo, ma chiaramente molti concetti possono estendersi ai videogiochi visto il ruolo sempre più centrale che sta acquisendo la narrazione nel media videoludico. Ecco, quindi, qualche idea, che spesso nasce da confronti con colleghi o altre persone che "bazzicano" nel mondo dei videogiochi o che, più semplicemente, sono appassionate di cinema.
di Rosario Grasso pubblicato il 01 Febbraio 2012 nel canale Videogames
16 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infocome kharonte ha ben specificato, se si tratta di picasso, a me Guernica non piace, ma una volta contestualizzata l'opera, si percepisce benissimo l'impronta dell'autore
La soggettività non può essere "ridotta".
La soggettività non è una quantità e neppure un'atteggiamento o stato mentale, è una conseguenza dell'essere soggetti.
Non c'entra niente con l'esercizio dell'onestà intellettuale.
La soggettività non è una quantità e neppure un'atteggiamento o stato mentale, è una conseguenza dell'essere soggetti.
Non c'entra niente con l'esercizio dell'onestà intellettuale.
secondo me sbagli, se uno ci si mette riesce a non farsi influenzare dai propri gusti nel giudicare un qualcosa
Sì ok, forse ho estremizzato un po', solo resto convinto che per quanto riguarda la tecnica, possa esistere un modo "oggettivo" di valutazione (riconoscimento e condivisione dei parametri tecnici tra i soggetti, capacità di valutare il grado di conformità di un'esecuzione rispetto a detti parametri) [esercizio di ginnastica artistica] per quanto riguarda l'opera d'arte [Guernica] no (sensibilità e interpretazione).
Ho il dubbio però che stiamo parlando di altro rispetto alle tematiche sollevate da Rosario Grasso e Di Domizio (vedi l'esempio delle due scene nell'articolo, il ruolo dello spettatore e il "problema dell'interpretazione" sollevato).
In entrambi i casi avere l'esperienza e la conoscenza sono requisiti fondamentali, certo non risolvono la questione dell'oggettività/soggettività ma certamente aiutano a formulare un giudizio con cognizione e coscienza di quello che si sta valutando. In altre parole se è vero che il "punto di vista" è sempre soggettivo ciò non dovrebbe impedirci di formulare un giudizio basato su un ragionamento razionale, equilibrato e il più possibile oggettivo
in verità e in parole povere, se devi recensire un gioco di calcio non lo dai in pasto a un appassionato di rpg, visto che per quanto possa essere oggettivo se una cosa non gli piace ben difficilmente sarà in grado di fare un'analisi critica di buon livello e obiettiva.
allo stesso modo se l'arte soggettiva di picasso non ti da nulla a livgello emotivo, difficilmente scriverai una biografia o farai il regista di un film sul pittore..metteranno una persona che prima di tutto ama picasso e che prova emozioni davanti alle sue tele.
non dimentichiamo che dietro ogni cosa che conosciamo bene in ogni sua parte e che siamo in grado di descrivere meglio di altri, c'è sempre una grande passione che sucita in noi forti emozioni che ci portano appunto ad approfondire quello che ci piace avendo infine in dote una conoscenza e una esperienza che si può utilizzare per dare il cosi detto "parere autorevole"
Sulla valutazione oggettiva ho già espresso in altri commenti che secondo me non esiste... ma la critica è 'condannata' comunque a provarci e in ogni caso ha senso di esistere a prescindere dagli esiti di tale ricerca. La critica ha una funzione informativa, culturale... che arriva ad essere quasi coautoriale in certe forme di arte moderna.
I personaggi fanno parte della narrazione, che a sua volta è una parte del gioco nel suo insieme.
A volte succede che una parte da sola riesca a tirare un gioco ad esperienze di eccelente 'qualità' e a sopperire a mancanze o sufficienze o mediocrità di altre sue parti. L'esempio contrario che viene fatto nell'editoriale non cambia il concetto: il giudizio negativo su un solo aspetto del gioco (un personaggio, un'ambientazione poco riuscita...) può a mio avviso modificare radicalmente e negativamente l'esperienza che un videogiocatore ha con tutto il titolo... anche se per molti altri aspetti è di eccellenza.
Il ruolo del critico, secondo me, non è quello di stabilire quale componente è più o meno autorizzata a cambiare o meno un giudizio o peggio la 'valutazione oggettiva' dell'opera. Il critico dovrebbe occuparsi di tentare di raccontare o più ambiziosamente spiegare attraverso quali meccanismi si è verificata o possa o meno verificarsi un'esperienza negativa o positiva... e scusate se è poco!
Riguardo le considerazioni fatte in questo editoriale sull'autorialità e in particolare a quelle accennate sul confronto tra Kubrik e Tarantino, vorrei approfondire per capirle meglio... sarebbe prezioso un link.
Mi viene da citare un autore che di solito non amo (preferendo altri approcci): Umberto Eco in 'Lector in fabula' parla di 'Cooperazione interpretativa' del lettore nei testi narrativi... da bravo e suggestivo borioso intellettuale qual'è, tira fuori termini e concetti come 'lettore modello', 'previsioni e passseggiate inferenziali', 'strutture di mondi' ecc..
A parte la mia soggettiva esperienza personale con l'autore (non ho mai digerito ad es. il trattato di semiotica nonostante letture e riletture e minuzzature da me fatte)... questi concetti, se veri in un testo narrativo, hanno una preponderante attualità nel mondo dei VG attuali. Nella borsa degli attrezzi di un critico di VG ritengo imprescindibile un tentativo di analisi con questi attrezzi teorico-concettuali, specialmente quando si trattano temi come quello del rapporto tra autorialità e fruitore che emerge da questo editoriale.
Ad una prima supeficialissima impressione, viene da dire che apparentemente, lo spazio di 'cooperazione interpretativa' e di generazione di 'mondi possibili' lasciato al videogiocatore sia enormemente ampliato nel videogioco (rispetto al testo narrativo).... ma.... se penso ad un meta-gioco come 'The stanley parable', che a mio avviso fonda tutta l'esperienza propio sull'ironia e riappropiazione di questa finta abdicazione di autorialità... mi sorge il dubbio dell'esatto contrario!
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