Kevin Spacey e gli esoscheletri di Call of Duty Advanced Warfare

Kevin Spacey e gli esoscheletri di Call of Duty Advanced Warfare

In questa recensione potete trovare il nostro giudizio sulla campagna single player e sul multiplayer dell'ultimo Call of Duty. Sarà ancora una volta permissivo, ma Call of Duty riesce sempre a far parlare di sé, grazie anche all'ottima 'interpretazione' di Kevin Spacey.

di , Rosario Grasso pubblicato il nel canale Videogames
Call of Duty
 

Imbracciato il fucile

Insomma, Sledgehammer ha messo insieme un pacchetto convincente dal punto di vista narrativo (grandi interpretazioni su una trama un po’ troppo lineare), ha creato un prodotto di grandissimo impatto visivo e ci ha proposto un setting futuristico avvincente, ma non troppo esagerato o incredibile. Ma, a conti fatti, cosa accade una volta che si imbraccia il fucile e si comincia a giocare?

AW risulta essere uno shooter classico, in grado però, finalmente, di scuotere i canoni fin troppo abusati che COD, anno dopo anno, era solito riproporre. Le ultime uscite della serie, a cadenza biennale, avevano messo nelle mani dei giocatori sparatutto dotati di carisma-zero, campagne brevissime e ultra-ripetitive, composte da eccessive sessioni ‘a corridoio’ e da poco ispirate fasi ‘da postazione fissa’ o alla guida - malamente simulata - di veicoli da combattimento. Oggi le cose, in questo senso, sono parecchio cambiate, e, per quanto non si possa certo dire che si sia di fronte a una rivoluzione, è certo che la strada imboccata sia nuova e sia quella giusta. Se solo Sledgehammer avesse osato un po’ di più…

Tanto per cominciare, possiamo finalmente vedere notevolmente limitati i livelli a corridoio. Anche nelle installazioni militari più anguste, infatti, ci sarà sempre la possibilità di scegliere una strada alternativa alla principale, battuta da i nostri compagni guidati dalla IA. Certo, in molte situazioni sarà ancora una variabile limitata, ma contribuirà comunque a dare credibilità e alternative alle fasi di gioco. In questo senso, però, la grande aggiunta - che fa ben sperare anche per i prossimi COD - è la contenuta, ma decisa, introduzione di livelli di gioco più ampi e strutturati su altezze variabili e sfruttabili in modo strategico. E’ qui che COD dà il meglio di sé, in termini di divertimento: la battaglia diventa meno prevedibile, l’avanzata è da pianificare con maggior accortezza, il comportamento della IA nemica, pur restando rivedibile, risulta maggiormente efficace. Negli spazi aperti - che sono davvero ben disegnati ed è un peccato ‘durino così poco’ - si ha la grande possibilità di sfruttare appieno l’arsenale innovativo ed intelligente studiato da Sledgehammer.

Proprio armi e gadget futuristici sono l’altro fiore all’occhiello di AW. Livello dopo livello, infatti, gran parte del divertimento del giocatore starà proprio nell’andare a scoprire il nuovo gingillo che il Governo degli Usa o Atlas ci metteranno a disposizione. Tutto ruoterà attorno agli esoscheletri metallici EXO che, a seconda della loro versione tattica, conferiranno al soldato delle capacità ‘a ricarica’ in grado di fare la differenza sul campo di battaglia: si passa da uno scudo antiproiettile alla capacità di effettuare un doppio salto accelerato. E si potrà sfruttare una mimetica ottica oppure l’overdrive (una sorta di bullet-time), così come un rampino in grado di farci raggiungere anche altezze proibitive (sfruttando poi la posizione strategica) e così via. il tutto ‘contornato’ da accresciute capacità atletiche, di forza e di resistenza.

Anche le armi a disposizione del giocatore stimolano curiosità e voglia di provare, con rateo di fuoco differente, mirini ed ottiche da selezionare accuratamente (il loro impatto è semplicemente determinante), capacità di impatto diverse, sottocanna accattivanti. Ma non solo: ci sono anche armi innovative (come il devastante EM1, che spara un raggio di energia continuo o il lanciagranate con ordigni a ricerca). Buona profondità anche per quanto riguarda le granate: esse sono di due maco-categorie: quella tattica e quella d’impatto. Una volta estratta una delle due tipologie, si potrà (premendo un interruttore sulla granata stessa) scorrere tra i tre effetti a disposizione (ad esempio, per le tattiche: granata EMP, flashbang, fumogeno). Le più interessanti e divertenti sono le Granate Intelligenti, che seguiranno il nemico puntato dal nostro mirino virtuale.

Ma non finisce ancora qui: Sledgehammer è stata superba nel disseminare i livelli di altri gadget innovativi e divertenti da sperimentare e usare (gli scudi fissi retrattili, gli stinger multipli, le torrette fisse, i tank, le devastanti armature mech).

Il grande pregio della campagna di AW risiede proprio qui: nella curiosità che il giocatore prova per vedere ‘la prossima intuizione’ proposta dai programmatori, la prossima variabile al combattimento che Sledgehammer ha studiato. Rispetto al passato, così monocorde e senza variazioni di ritmo, è una grande, gradita ed esiziale innovazione.

Proprio il ritmo, per arrivare a una conclusione di questo ambito, è il vero miglioramento che AW garantisce al 100%: le missioni si sviluppano con la giusta alternanza di velocità, quelle da shooter classico sono piacevoli e varie e, soprattutto, non si presentano mai con le stesse caratteristiche o in una successione non ispirata e quindi monotona. Insomma: non vi annoierete di certo, con AW. Anzi: ogni livello saprà stupirvi, come raramente le recenti campagne di qualsivoglia shooter ‘militare’ hanno saputo fare.

Per quanto riguarda le alternative strategiche, invece, per quanto come detto Sledgehammer abbia fatto un buon lavoro, non si può che vedere AW come un punto di partenza. I livelli sono ben disegnati e multidimensionali e multidirezionali. Purtroppo, però, le situazioni di ‘campo aperto’ (evidentemente le più libere e quindi interessanti), sono ancora poche, brevi e un po’ troppo semplici. Nessuno - si badi - pretende (e nemmeno desidera!) che COD diventi l’ennesimo sandbox: dal franchise Activision vogliamo tutti uno shooter solido e in qualche modo lineare, ci mancherebbe. Però è lecito pretendere la possibilità di un approccio maggiormente diversificato, pur non abbandonando il comodo alveo dello sparatutto tradizionale. Le idee a Sledgehammer non mancano (level desing, gadget innovativi): basterebbe osare un po’ di più.

Sempre a proposito di buon idee non sufficientemente ‘spinte in là’: la ricchezza dell’arsenale di AW e la pletora di gadget a disposizione, danno la sensazione, una volta concluso il gioco, di non essere stati sfruttati a dovere: il giocatore non è spinto a sperimentare come dovrebbe e nemmeno a pianificare (visto che il gioco decide arbitrariamente quali kit fornire all’utente). Qui siamo ancora incatenati allo script: AW non riesce ancora a funzionare a dovere senza una regia molto bloccata. Ed è un vero peccato, perché, questa volta, ci sarebbe stata davvero tantissima carne al fuoco, con cui cercare vie ‘poco ortodosse’ verso la vittoria.

Il lavoro più grosso che resta ancora da fare, però, è quello legato all’IA. Posto che la mia speranza, per tutta questa generazione di console, risiede proprio in un’accelerata dal punto di vista della consapevolezza delle intelligenze automatiche, va detto che AW ci presenta compagni e nemici solo un pochino meglio di quanto visto abitualmente.

Gli alleati, che fungono sempre da guida nell’incedere, sono sempre troppo passivi e poco decisivi: d’accordo, non devono sbrigare tutto il lavoro del giocatore, ma non possono essere nemmeno ostacoli (visto la loro tendenza a infilarsi sulle linee di tiro) o inaffidabili (si fanno sgusciare alle spalle i nemici con un po’ troppa facilità. E poi se ne dimenticano). E’ vero che, rispetto al passato, questi ‘buchi’ sono molto più rari (di fatto risultano davvero fastidiosi solo nelle sessioni in ambienti circoscritti e molto affollati), ma credo sia tempo di avere dei compagni degni di fiducia.

Per quanto riguarda i nemici, invece, siamo ancora su livelli mediocri. Per quanto siano spesso dotati di un armamento e di supporti simili a quelli del giocatore, non riescono a sfruttarli efficacemente, anzi: spesso il fatto di poter utilizzare il doppio salto, non fa che esporli maggiormente al fuoco dell’utente.

La loro condotta, poi, è sempre la stessa e poco credibile routine fatta di spostamenti pericolosissimi tra una copertura e l’altra, senza quasi mai mettere in mostra una vera manovra d’attacco strutturata. Sì, grazie agli ambienti più ampi e vari, potrà capitare che il nemico cerchi di aggirare i soldati dell’utenza, ma sarà sempre qualcosa di saltuario e nemmeno fatto troppo bene. Ecco perché è necessario, da subito, giocare a COD a livelli di difficoltà alti. Se non altissimi.

 
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