Gray Matter: Jane Jensen e il ritorno alle avventure grafiche

Gray Matter: Jane Jensen e il ritorno alle avventure grafiche

A dodici anni dal suo ultimo capolavoro, Jane Jensen torna finalmente con una nuova avventura grafica. Sono passati i tempi della Sierra e di Gabriel Knight, la splendida trilogia firmata proprio da Jensen negli anni ’90, e questo nuovo progetto cerca di mischiare l’antico e il nuovo proponendo un sistema di gioco ormai destinato solo agli appassionati a una nuova storia e dei nuovi personaggi.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Un'avventura grafica nel 2011

Gray Matter non è tutto sommato l’unico gioco del suo genere a sfidare il corso del tempo e riproporre un modello di gameplay ormai per molti versi antiquato. E’ interessante però che alle spalle di questo prodotto ci sia uno dei rappresentanti più illustri del periodo d’oro delle avventure grafiche, ovvero appunto quella Jane Jensen che ha firmato i tre eccellenti Gabriel Knight (Sins of the Fathers - 1993, The Beast Within -1995 e Blood of the Sacred, Blood of the Damned – 1999) e che ha contribuito ad alcuni capitoli delle saghe storiche di Sierra “Police Quest” e “King’s Quest”. Come vede Jane Jensen un’avventura grafica nel 2011? La risposta, a quanto pare, è che la vede quasi allo stesso modo di come le vedeva quindici anni fa.

Il cuore delle meccaniche di Gray Matter è infatti molto reminiscente dei suoi padri spirituali: come accadeva in Gabriel Knight, nel corso del gioco alterneremo l’uso di due personaggi, Sam Everett e David Styles, vivendo di capitolo in capitolo la storia dal punto di vista di ciascuno di essi. La vicenda è ambientata a Oxford, in Inghilterra, e potremo visitare la città esattamente come abbiamo visitato New Orleans in Gabriel Knight 1, la Baviera in Gabriel Knight 2 e i dintorni di Rennes-le-Chateau in Gabriel Knight 3, ovvero spostandoci da un luogo all’altro cliccando sulla mappa della città. Proprio come i GK ci hanno abituato, anche in Gray Matter c’è un’elevata fedeltà nella ricostruzione visiva e soprattutto storica dei luoghi che visiteremo, con diversi spunti di approfondimento (anche se non si raggiungono mai i livelli di dettaglio e cura presenti in Gabriel Knight 2 e 3).

L’interfaccia scelta per Gray Matter è essenziale e generalmente comoda: spostando il cursore nella parte alta dello schermo di avrà accesso a un inventario ‘a scomparsa’. Cliccando con il tasto sinistro sui vari oggetti nell’inventario avremo una breve descrizione, mentre con il tasto destro potremo selezionarli per usarli insieme ad altri oggetti in nostro possesso, o presenti sullo schermo.

Tutte le azioni con cui potremo interagire con l’ambiente di gioco sono automatizzate dal gioco stesso, nel senso che il cursore del mouse ci indicherà automaticamente cosa possiamo fare con ogni oggetto: esaminarlo, prenderlo, manipolarlo in qualche modo e così via. Questo è un primo fattore che contribuisce a rendere Gray Matter estremamente semplice: rispetto alle avventure grafiche classiche, infatti, non saremo costretti a procedere a forza di tentativi cercando di combinare insieme vari tipi di oggetti per vedere se funziona o se succede qualcosa: sarà l’interfaccia stessa ad “avvisarci” quando dovremo compiere qualche azione minimamente elaborata, e a noi non resterà altro da fare che ragionare per qualche secondo osservando gli oggetti nel nostro inventario, o al massimo i dintorni della schermata.

Ci sono altri elementi che comportano una notevole semplificazione generale del gameplay. Per prima cosa, in Gray Matter è possibile premere un tasto per rendere visibili sullo schermo tutti gli “hotspot” della schermata, ovvero tutti i punti su cui è possibile cliccare. Abilitare o meno questa funziona è una scelta molto personale, che personalmente raccomando, perché le schermate in 2d pur essendo estremamente ben disegnate spesso rendono complicato capire quali sono gli elementi con cui è possibile interagire.

Ispezionare lo schermo pixel per pixel, inoltre, per molti giocatori può risultare più una frustrazione che un elemento di sfida (e questo vale tanto per Gray Matter tanto quanto per le antiche e blasonate avventure grafiche). Più determinante è invece la mappa del gioco, che ci mostra i vari luoghi accessibili, ma li contrassegna anche con un colore per indicare se in ciascun luogo abbiamo fatto tutto ciò che è necessario di volta in volta per proseguire nella storia: seguendo un concept che richiama vagamente i quest log dei giochi di ruolo, insomma, se sulla mappa la biblioteca apparirà con una scritta dorata vorrà dire che nella biblioteca abbiamo qualcosa fondamentale da fare; se apparirà con una scritta d’argento vorrà dire che c’è qualcosa di secondario da fare; in grigio infine, non avremo nessuna ragione per tornare alla biblioteca.

Questo sistema probabilmente farà storcere il naso ai puristi delle avventure grafiche, dato che a differenza del click furioso pixel per pixel su tutto lo schermo, ritrovarsi bloccati in un gioco di questo genere e girovagare da un posto all’altro alla ricerca di idee o indizi era in effetti parte integrante dell’esperienza di gioco e della sfida generale. Considerando che nel corso degli otto capitoli di Gray Matter i luoghi da visitare non sono molti, e sono tutti piuttosto ristretti in quanto a spazio, l’aiutino dato dalla mappa è probabilmente qualcosa di troppo che compromette la difficoltà a discapito della curiosità del giocatore e dell’immedesimazione nella storia.

Come se non bastassero questi accorgimenti, anche senza di essi i puzzle presenti nel gioco sono tutti davvero estremamente facili: i capitoli scorrono velocissimi, senza quei tipici momenti di ‘blocco’ che caratterizzavano le vecchie avventure grafiche, e soprattutto sono del tutto assenti i classici enigmi intricatissimi che erano invece un fiore all’occhiello dei vecchi Gabriel Knight (qualche esempio: i messaggi in codice via tamburo in GK1. L’enigma del registratore in GK2. Il meraviglioso “serpent rouge” in GK3), enigmi che richiedevano attenzione, intelligenza e tanto ragionamento da parte del giocatore.

Anzi, Gray Matter introduce una nuova particolarità che per quanto idealmente piacevole, finisce a sua volta per semplificare ulteriormente il gameplay. Si tratta della magia.

 
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