Cerchi un corso di laurea dedicato ai videogiochi? Ecco la soluzione che fa per te

L'Università degli Studi di Milano e AESVI hanno presentato oggi alla stampa New Game Designer 2014, l'evento che si svolgerà martedì 1° luglio in Statale dedicato al mondo dei videogames.
di Rosario Grasso pubblicata il 23 Giugno 2014, alle 17:31 nel canale Videogames
32 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoChe avevano entrambi, specialmente il primo, ragione nel contesto e dal pulpito sbagliato se non sbagliatissimo, specialmente il primo.
La media dell'eta' di Laurea in Italia e' elevatissima (l'ultima volta che ho guardato almalaurea quasi 28 anni), e ben pochi sono studenti lavoratori (il 30% full time, il 20% part time, il 50% in saltuario o nullo, con l'autodichiarazione in cui si esagera sempre un pochino per effetto Dunning-Kruger) quindi basta con questa gran balla e scusa.
I giovani italiani sono decisamente "sfigati" per questo, e riflettono la declinazione malata della mentalita' di cui ho parlato sopra, dove "e' comunque meglio avere il pezzo di carta" anche a costo di buttare anni su anni, come se ci fosse qualcosa di disonorevole a riconoscere i propri limiti e le proprie inclinazioni e andare a fare qualcosa per cui si e' piu' portati...
Non ho detto che un corso di ing. del software non serve a nulla in generale. Ho detto che un corso di ing. del software per lo sviluppo dei videogiochi non è utile in quanto un videogioco ha processi di progettazione completamente differenti. Se non ci credi ti consiglio di leggerti questa recente pubblicazione della microsoft:
Cowboys, Ankle Sprains, and Keepers of Quality: How Is Video Game Development Different from Software Development?
by: Emerson Murphy-Hill, Thomas Zimmermann, Nachiappan Nagappan
In Proceedings of the International Conference on Software Engineering (2014)
Ti riporto giusto una frase delle conclusioni "Our results suggest that games have significant differences from “traditional” software development, and this paper contributes an empirical foundation on which to understand those differences."
La mia passione è sempre stata la grafica, in tutte le sue forme. Mi sono specializzato in personal, come dici te, dato che l'Università non mi ha fornito niente di utile (se non il corso sulle reti neurali e poco altro). La triennale l'ho passata addirittura ad occhi chiusi con nozioni che possedevo già ed il primo libro l'ho comprato perché costretto all'ultimo anno della specialistica.
Ho cercato in tutti i modi di specializzarmi nella programmazione dei VG e sono arrivato anche a fare un colloquio con la Milestone a Milano ma, ahimé, non l'ho superato. Chiedevano cose estremamente specifiche che o le hai studiate espressamente o hai avuto esperienza lavorativa in quello specifico settore. Se avessi avuto un corso di laurea tipo quello di Milano che ora stanno pubblicizzando probabilmente ora sarei in Inghilterra o negli USA a lavorare su grossi titoli.
Tutto sommato ho un bel lavoro adesso, non mi lamento, ma se avessi avuto altre opportunità sarei potuto crescere molto di più.
PS: ingegneria del software è un corso molto più utile di quello che possa sembrare.. poi dipende da cosa ti interessa. Io non l'ho scelto perché più interessato alla programmazione nuda e cruda, OpenGL e quant'altro..
Guarda che hai semplicemente espanso la mia analisi entrando nei dettagli ma la sostanza non cambia. Se la tua passione è stata la grafica sai bene che l'università non ti ha dato quasi nulla durante i 5 anni di studi e sostanzialmente hai dovuto fare tutto da solo (ne so qualcosa perchè ci sono passato pure io). Per poter diventare uno sviluppatore di videogiochi e fare carriera in questo ambito devi compiere da solo un ulteriore passo in avanti ovvero crearti un portfolio di titoli da poter mostrare ai colloqui (le aziende più grosse vogliono anche vedere il codice non solo gli eseguibili). Quindi indipendentemente dall'università che hai frequentato o non frequentato se questo portfolio non lo crei nessuno ti assumerà anche se esci laureato da un corso di sviluppatore di videogiochi. In buona sostanza prima di qualunque titolo ci vuole tantissima passione e capacità.
La media dell'eta' di Laurea in Italia e' elevatissima (l'ultima volta che ho guardato almalaurea quasi 28 anni), e ben pochi sono studenti lavoratori (il 30% full time, il 20% part time, il 50% in saltuario o nullo, con l'autodichiarazione in cui si esagera sempre un pochino per effetto Dunning-Kruger) quindi basta con questa gran balla e scusa.
I giovani italiani sono decisamente "sfigati" per questo, e riflettono la declinazione malata della mentalita' di cui ho parlato sopra, dove "e' comunque meglio avere il pezzo di carta" anche a costo di buttare anni su anni, come se ci fosse qualcosa di disonorevole a riconoscere i propri limiti e le proprie inclinazioni e andare a fare qualcosa per cui si e' piu' portati...
Non è una questione di aver torto o ragione. La questione è di altra natura:
- chi parla è in una posizione privilegiata grazie anche a questioni di censo. Per questa ragione, che sia proprio certa gente a voler dare "pane al pane e vino al vino", parlando da "homo novus", come se fosse figlio di nessuno, è profondamente ipocrita.
- sparare ad alzo zero su chiunque per qualsivoglia ragione in maniera indiscriminata è comunque sbagliato, visto che ogni situazione familiare è un contesto a sé, e specie se chi lo fa dovrebbe rappresentare, ed è pagato anche con le tasse di, chi viene insultato.
- l'ambiente universitario italiano, in molte circostanze, non è che sia inappuntabile, con professori che non sanno spiegare, dispense preparate ad minkiam e quant'altro, per cui se il fenomeno è endemico in italia ma non in altri paesi, forse, la colpa non è solo degli studenti. Il fatto che l'ambiente universitario non insegni la moderazione e la cautela nell'esprimere giudizi, credo ne sia indice.
Se pure è vero che molti laureati non capiscono una mazza degli argomenti che si presume abbiano studiato, è anche vero che in generale il pezzo di carta ad oggi è comunque ben visto nel mondo del lavoro. Senza di quello molte opportunità di lavoro qualificato sono precluse a prescindere, purtroppo.
Posso anche accettare che per 3 anni il corso sia abbastanza generico e ti dia una panoramica dell'informatica (ma seria, no cagate matematiche che nel 99% dei casi non utilizzero' piu). Pero nella specialistica devo concentrarmi su un singolo argomento (programmazione, reti, grafica, etc) e che sia rilevante in ambito lavorativo.
Perche devo, dopo 5 anni pagare di tasca mia un corso professionale per essere utile alle aziende????
Posso anche accettare che per 3 anni il corso sia abbastanza generico e ti dia una panoramica dell'informatica (ma seria, no cagate matematiche che nel 99% dei casi non utilizzero' piu). Pero nella specialistica devo concentrarmi su un singolo argomento (programmazione, reti, grafica, etc) e che sia rilevante in ambito lavorativo.
Perche devo, dopo 5 anni pagare di tasca mia un corso professionale per essere utile alle aziende????
Ecco, nessuno ti obbliga, semplicemente non fare l'università se il tuo obiettivo è avere una "panoramica seria, mica cagate matematiche che nel 99% dei casi non utilizzerò più".
Non è il ruolo, almeno non quello primario, dell'università fornirti roba da "utilizzare". Tutto qua.
- chi parla è in una posizione privilegiata grazie anche a questioni di censo. Per questa ragione, che sia proprio certa gente a voler dare "pane al pane e vino al vino", parlando da "homo novus", come se fosse figlio di nessuno, è profondamente ipocrita..
come ho detto: pulpito sbagliato.
Meglio dire se c'è un problema, piuttosto che nascondersi dietro alle solite bugie bianche di circostanza e al buonismo che non fa bene a nessuno.
Chi viene pagato con le tasse viene pagato anche con quelle di chi vorrebbe sentirsi dire pane al pane e vino al vino, non i rebus Vendoliani per dire Immobile non ha capito il fuorigioco.
Scuse.
Sembrerebbe abbastanza il contrario, disoccupazione giovanile alle stelle e forum di counseling in cui si chiede se è il caso di depennare titoli di studio.
chi ha mai detto che ho fatto 5 anni? per fortuna mi son fermato a 3.
Il non sapere una cippa lo intendo come l'universita' non ti insegna niente di utile e sensato che poi ti portera' benefici lavorativi.
Il lavoro che ho non e' di certo perche sono laureato.
non è solo una questione di pulpito. non è solo il ruolo istituzionale di chi parla, ma le origini di chi parla.
fosse stato un povero cristo, o il figlio di un povero cristo, non sarebbe stato bello comunque, ma avrebbe dato, forse, meno fastidio.
Chi viene pagato con le tasse viene pagato anche con quelle di chi vorrebbe sentirsi dire pane al pane e vino al vino, non i rebus Vendoliani per dire Immobile non ha capito il fuorigioco.
Dare dello sfigato, del bamboccione, o similari, non è dire se c'è un problema. È insultare.
Se i laureati sono troppi si mette il numero chiuso. Non si insulta gratuitamente sparando nel mucchio.
Se la gente non si applica o non può applicarsi come vorrebbe, per qualsivoglia ragione, è sfigata, se il professore è incapace, o si prende più incarichi di quelli che riesce portare avanti è giustificato. Ma per piacere...
se tutte le ditte chiudono mi sai dire chi è che assume?
A me la questione appare abbastanza chiara:
Se il lavoro non qualificato è così allettante, com'è che fai il ricercatore? Forse il lavoro non qualificato non è allettante come lasci intendere.
Se il lavoro non qualificato non è allettante, uno sarà libero o meno di decidere dove fermare il proprio corso di studi, senza che sia chi è andato avanti, magari con "l'aiutino" a dirglielo.
Come detto, se il problema è il numero eccessivo di laureati rispetto a quanti il mercato del lavoro può assorbirne, è sufficiente mettere il numero chiuso, ed eliminare i corsi di laurea creati col preciso scopo di dare una cattedra ai professori in esubero.
Tutto questo senza la necessità di fare propaganda a suon di insulti per convincere la gente chi non è privilegiato, è stupido, e quindi tanto vale che torni a zappare la terra, e a lustrare le scarpe al padrone come facevano i suoi avi.
Per inciso, almeno che io sappia, l'università lavora, o dovrebbe lavorare, in simbiosi con il mondo del lavoro, la famosa terza missione. Quindi è vero che l'università dovrebbe formare, anche quando si limita ad istruire, ma è pur vero che debba fornire le capacità, per poter affrontare il mondo del lavoro, altrimenti tanto vale mantenere lo sole materie umanistiche come si faceva una volta, ed eliminare tout court quelle scientifiche, comprese le scienze fondamentali...
E il pulpito comprende anche quello.
Se i laureati sono troppi si mette il numero chiuso. Non si insulta gratuitamente sparando nel mucchio.
Se esistono sfigati e bamboccioni è un problema. Il fatto che esistino è un problema. Se qualcuno si sente insultato è un problema suo e magari è stato punto nel vivo.
Esistono sfigati, esistono i bamboccioni. Sono tanti. Non sono tutti quelli che hanno 28 anni e vivono a casa di mamma ancora iscritti a un corso di laurea, ma sono molti fra quelli.
Questo è un dato di fatto.
Questo non significa che i laureati siano troppi, e tantomeno che la soluzione sia il numero chiuso.
Significa che ci vorrebbe più serietà da parte dei giovani Italiani nell'affrontare la vita. E questo, date le statistiche, è un altro dato di fatto.
Se la gente non riesce a superare un esame in anni, esame che altre persone superano (se ci sono percentuali troppo basse di promossi ti fanno il culo, e questo è un problema fra l'altro), forse non è il suo mestiere e forse è davvero uno sfigato.
Ma no, è tutto colpa della società e dei poteri forti...
Questa fa molto, molto ridere.
Fra tutte le professioni allettanti che potevo scegliere, comprese quelle non o mediamente classificate, ho scelto proprio il ricercatore che è decisamente la meno soddisfacente dai punti di vista che guardano le persone medie: soldi e tempo libero.
L'ho scelta per motivi miei, ovvero perché vedo questo lavoro come una missione, non certo perché è professionalmente allettante dato che, lavorando meno, guadagnavo di più a 18 anni che con un futuro brillante ipotetico posto di ricercatore confermato in Italia.
E questo lo dico da un pulpito un tantino diverso da quello di Martone...
Sull'eliminare CdL mi trovi d'accordissimo.
Contemporaneamente aprirei una seconda via di istruzione superiore, dove tutti i professori per modo di dire in esubero possano essere riallocati e valutati, e dove gli studenti che "vogliono imparare cose utili per davvero,mica la matematica" possano trovare il luogo adatto per impararle.
Nessuno ha detto cheil problema sia il numero eccessivo di laureati, ma è il numero eccessivo di scansafatiche che si fingono laureandi, oppure di quelli che non ci sono portati ma ci insistono.
E questo chi l'avrebbe mai sostenuto?
Io non sono stato privilegiato, mi sono persino pagato l'uni da solo, non mi reputo neanche un genio, eppure a 28 anni non sto per prendere la laurea, ma il numero di pubblicazioni e citazioni superiore alla media dei professori associati e ordinari del mio ambito disciplinare.
O magari a smettere di frequentare informatica quando la passione per l'informatica nasce dall'essere un vlogger e avere imparato a montare con Premiere, e andare a lavorare in un luogo consono dove puoi usare la tua passione per premiere senza dare l'esame di Base di Dati. E così via.
Non è che serve una laurea per fare il 95% dei lavori belli che esistono in giro, e non è che senza laurea sei un cafone che altro che zappare non può fare.
Perché le materie scientifiche andrebbero eliminate è mistero. L'università deve fornire una cultura, e quindi la possibilità di applicarsi a diversi lavori in un secondo momento imparando le caratteristiche generali di un ambito.
La cultura, senza esse per forza applicata e applicabile, è sia scientifica che umanista. L'applicazione poi viene dallo studente, che se ha capito cosa sta facendo, potrà tramutare la cultura nei più efficienti pattern di azione possibili, adattandoli a diversi scenari nuovi e mutevoli.
Se invece insegni pattern di azione non hai un laureato, hai un perito. Che va benissimo, non è inferiore antropologicamente o lavorativamente, specialmente se decide di specializzarsi quel minimo, come la situazione lavorativa italiana conferma ha alla fine prospettive d'impiego più rosee di un laureato.
La famosa terza missione intesa come preparare gente pronta al lavoro al day one, facendo fiorire specialistiche e corsi inutili portando l'istituzione a una eccessiva specializzazione, è figlia di una politica ignorante e clientelare che appunto ne ha travisato l'intento implicito per farne i suoi interessi, e corsi come questo ne sono l'emblema.
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