Vessel of Hatred e lo stato di Diablo IV oggi
Ad ormai diverse settimane dall'uscita, qual è lo stato di salute di Diablo IV e quanto è riuscita a centrare l'obiettivo la sua prima espansione Vessel of Hatred? E cosa ci aspetta nel prossimo futuro? Scopriamolo insieme in questa disamina condotta col nostro consueto stile, cercando di capire punti di forza e aspetti critici del primo add-on, e se la giostra di Diablo IV arricchita con la nuova classe e i nuovi contenuti vale il prezzo del biglietto
di Antonio Rauccio pubblicato il 10 Dicembre 2024 nel canale VideogamesBlizzardDiablo
È passato ormai quasi un anno e mezzo dall'uscita di Diablo IV, ultima iterazione della storica saga che ha definito i canoni del genere Action RPG, un lungo periodo in cui è successo di tutto e il titolo di Blizzard ha praticamente fatto un giro sulle montagne russe, passando da momenti di crisi e di sfiducia da parte del pubblico, a picchi di entusiasmo della community e di successi oggettivi. Ci eravamo lasciati su queste stesse pagine con la nostra recensione di Diablo IV, che vi invitiamo a recuperare in quanto Vessel of Hatred non stravolge l'opera originale e non cambia la sostanza delle meccaniche di gioco, dunque sorvoleremo alcune delle analisi già effettuate per il titolo base, concentrandoci sulle novità introdotte dall'espansione, non prima di aver brevemente ricapitolato quanto accaduto dall'uscita del titolo fino ad oggi.
Change of Seasons
La nostra recensione si chiudeva con l'interrogativo su come Blizzard avrebbe gestito il live service del gioco, e se sarebbe riuscita a colmare subito alcune pericolose lacune, che in quel momento storico rappresentavano criticità importanti in un titolo di questo genere.
Spoiler: no, Blizzard non ha posto rimedio a questi aspetti, non subito almeno. La loro idea è stata invece quella di partire, dopo soli due mesi dall'uscita, con le Stagioni, ossia (per quei pochi a digiuno di queste dinamiche videoludiche) degli eventi in-game trimestrali, con nuovi contenuti e attività di gioco, mini campagne e nuove meccaniche. Perché avventurarsi nel rilascio di nuovi contenuti, quando il titolo base aveva evidenti lacune da colmare? Forse ciò si spiega con l'organizzazione interna di Blizzard dei team di sviluppo. Diablo IV, infatti, è seguito da quattro team differenti: un team cura il gioco base e il live service, uno sviluppa le espansioni, e gli altri due team si occupano delle stagioni, uno delle dispari e uno di quelle pari. Nell'impossibilità di implementare soluzioni immediate alle problematiche che gran parte della critica più attenta aveva indicato, è stato ritenuto fosse più opportuno, anche in termini di immagine, prolungare la luna di miele iniziale con il pubblico, proponendo nuovi contenuti (probabilmente già pronti, in quanto sviluppati da un team differente e dedicato), mentre in parallelo si sarebbero studiate le contromisure da prendere sugli aspetti critici.
Siamo dunque partiti con la prima Stagione degli Abietti, che dopo un iniziale interesse si è rivelata in verità assai scarna: la meccanica dei cuori abietti (in sostanza delle gemme con abilità potenziate, da piazzare nei castoni del nostro equipaggiamento) e poco altro hanno in breve deluso le aspettative. Inoltre la prima corposa patch del gioco, la famigerata 1.1.0, ha introdotto dei nerf molto pesanti, che hanno tirato giù potenza offensiva delle classi e morale dei giocatori, che si vedevano castrare alcune delle più forti build che stavano costruendo con pazienza fin dal day one, uccidendo quella che nel gergo videoludico è definita come "power fantasy". Insomma, non un grande inizio.
Con la seconda Stagione del Sangue la situazione è stata ribaltata: i poteri Vampirici hanno rappresentato una boccata d'aria fresca rispetto alla stagione precedente, accompagnati da una mini campagna molto più convincente e da una meccanica decisamente indovinata, che incentivava la ricerca di loot con i sigilli richiesti per l'attivazione dei buff vampirici, alcuni dei quali davvero originali e potenti, in grado di cambiare la percezione del gioco per l'intera stagione. Inoltre, gli aggiornamenti della seconda stagione hanno iniziato a introdurre le prime migliorie alle problematiche in-game, mettendo mano all'allora ripidissima scalata verso il level cap, consentendo quindi ai giocatori di maxare il proprio personaggio, di sperimentare con le paragon board, insomma di vivere con maggior soddisfazione l'end game. Per larga parte della community, uno dei migliori momenti di Diablo IV.
E' arrivata poi la Stagione dei Costrutti, che sulla carta sembrava molto intrigante: estendere lo skill set del giocatore con companion robotico, una sorta di ragno meccanico da skillare ed equipaggiare con potenziamenti da trovare nel corso della stagione. Nella pratica, il fatto di aver previsto potenziamenti solo per il robottino e non per il nostro personaggio, la curva di potenziamento dei poteri del nostro ragno meccanico molto ripida (ad inizio stagione, poi è stata corretta), ma soprattutto i dungeon con le trappole, percepiti come poco divertenti, noiosi e puntivi, visto che andavano a spezzare il ritmo di crescita del nostro personaggio, hanno seppellito la stagione ed il suo concept in brevissimo tempo, e nonostante Blizzard abbia via via corretto gran parte delle caratteristiche della season nel corso delle settimane, il danno ormai era fatto. Quella dei costrutti resta una delle peggiori stagioni di Diablo IV, che molti membri della community si vantano addirittura di non aver mai giocato.
Blizzard doveva necessariamente sfoggiare qualcosa di veramente brillante, per catturare di nuovo l'interesse dei giocatori e invitarli a tornare al gioco con la successiva stagione. E in questo senso, il titolo della quarta Stagione del Bottino Rinnovato (Loot Reborn) era, più che un tema, una dichiarazione di intenti: di fatto gli sviluppatori hanno salvato la reputazione di Diablo IV, finalmente mettendo mano all'itemizzazione del gioco (uno degli aspetti cruciali per ogni titolo di questo genere) e risolvendo problematiche che erano lì ad incancrenire fin dalla sua uscita.
La “loot journey” è stata ottimizzata in maniera saggia (non perfetta, ma saggia), il numero di affissi è stato adeguato e mirato ad una visione d'insieme più chiara ed efficace, e tutti quegli affissi inutili presenti nella versione vanilla del gioco sono spariti per sempre. Rivisto completamente anche il crafting: gli affissi maggiori hanno ridato senso al Tempering e alla ricerca dell'oggetto leggendario migliore, il sistema di Mastering ha aperto la possibilità di potenziare gli affissi dei leggendari, la Fossa ha assunto un senso nuovo per ottenimento del materiale di crafting e il rischio di rottura degli oggetti rappresenta il vincolo entro cui ottimizzare il proprio pezzo di loot. Insomma, un sistema coerente, capace di ingaggiare il giocatore nel miglioramento del proprio equipaggiamento, intuitivo nell'interfaccia e nell'approccio. E tutto questo è arrivato ad un anno dall'uscita del gioco. Meglio tardi(ssimo) che mai.
La quinta Stagione delle Orde Infernali ha introdotto una nuova versione della maree infernali, decisamente più gustosa e divertente, in cui il tasso di nemici si è impennato vertiginosamente, rendendo l'azione di gioco molto più frenetica e consentendo di affrontare orde molto più numerose di nemici, con conseguente maggiore probabilità di loot. Inoltre il sistema delle ceneri raccolte nel corso dell'evento e spendibili nei forzieri infernali, che danno un boost notevole alla crescita del nostro alter ego, sono stati recepiti molto bene dalla community, che ha sancito con la partecipazione costante il successo della stagione.
Per quella successiva, coincisa con l'uscita dell'espansione ed attualmente in corso, il team di sviluppo ha messo mano al sistema di progressione e di difficoltà di gioco: il level cap è stato portato da 100 a 50, e il sistema dei 300 livelli di eccellenza viene abilitato dopo il raggiungimento del level cap. I livelli di difficoltà sono ora 8, sostituendo i precedenti livelli del mondo, e non prevedono spedizioni specifiche da completare per essere sbloccati, ma sono legati a traguardi successivi dell'esperienza di gioco.
In questa Stagione dell'Odio Crescente le meccaniche stagionali sono state ridotte al minimo sindacale: caccia al Pellegrino dei Regni (vecchia conoscenza dai tempi di Diablo III) per accedere al portale e ottenere gli opali di boost, utilizzo continuo degli opali per mantenere corposi buff attivi di esperienza e loot, accumulo di fama per accedere ai premi stagionali. E può anche starci, Blizzard ha voluto concentrare l'attenzione sulla prima espansione, con la nuova campagna, i nuovi contenuti e la nuova classe di gioco. Passiamo allora ad analizzare quanto proposto da Blizzard a chi acquista la sua espansione.
Vessel of Hatred
La storia di Diablo IV continua esattamente da dove si era interrotta, ossia dal finale aperto successivo alla sconfitta di Lilith, con Neyrelle in fuga solitaria per tentare di neutralizzare la minaccia di Mephisto, signore dell'Odio. Fin dal primo reveal trailer di questa nuova espansione, era chiaro che ci saremmo avventurati nuovamente nel Kehjistan, con le sue foreste pluviali fitte ed oscure, già luogo di scontro nel secondo capitolo della saga, dunque le mie aspettative (da vecchio veterano di Diablo II) erano altissime. Volendo esprimere un giudizio sintetico sulla qualità della storia in questa prima espansione di Diablo IV, potremmo senza tema di smentita definire Vessel of Hatred l'arco narrativo più brutto e pigro dell'intera saga, dai suoi albori ad oggi. Volendo invece argomentare meglio, la storyline è deludente in quanto non altera significativamente lo status quo degli eventi e non ci porta ad affrontare nessun antagonista principale, né Mephisto in persona (nonostante quanto sembrassero promettere i trailer), né alcun primo maligno o demone minore. Questo aspetto, ad oggi, è un "unicum" all'interno della serie: fin dai suoi albori, ogni capitolo o espansione di gioco aveva per antagonista almeno uno dei primi maligni, demoni minori o figure principali del Pantheon mitologico della lore di gioco. Lo stesso quarto capitolo principale, oltre a metterci per la prima volta di fronte ad un personaggio chiave come Lilith, ci aveva piacevolmente sorpreso gettando nella mischia due pezzi da novanta come Andariel e Duriel. Avevamo terminato la prima main quest di Lilith pensando "OK, la prossima grande minaccia da affrontare sarà Mephisto", e pregustavamo già lo scontro non solo con il Signore dell'Odio, ma magari anche con qualche altro demone minore: ed invece, al termine della storyline principale di Vessel of Hatred, ti ritrovi a pensare di nuovo la stessa identica cosa "OK, la prossima grande minaccia da affrontare sarà Mephisto". Badate bene, non è questione di essere nostalgici e voler ritrovare riferimenti della saga nel gioco, perché su questo gli sviluppatori hanno lavorato, la questione è che la saga stessa prende il nome dal signore del Terrore, e senza una minaccia di quella portata, la storia si svuota dell'epicità e del senso di oscurità che hanno reso questa serie il capolavoro indiscusso che è ancora oggi.
Inoltre, la storia che si dipana tra le location di Nahantu, ci impegnerà principalmente in rituali ed aperture di portali/passaggi, in continuo movimento all'interno della mappa, ma la sensazione complessiva è di girare un po' a vuoto, senza sentirsi protagonisti che possono incidere sulla storia del gioco, senza quelle tinte nere di efferatezza che Lilith aveva riportato nella serie (dopo il cambio di stile di Diablo III), senza antagonisti degni di questo nome (per favore, non fatemi parlare di Urivar…). Quindi non salviamo nulla della campagna? Qualche momento interessante c'è: l'intreccio con Akarat (una sorta di figura messianica nel credo della Cattedrale della Luce) e la sua rappresentazione mistica li ho trovati molto suggestivi, la campagna (a prescindere dalla storia) è ben strutturata e riesce ad integrare sapientemente molte delle nuove componenti di gioco, giustificandole dal punto di vista narrativo. Un esempio lampante è l'introduzione dei mercenari, che incontreremo nel corso della storia e che andremo a sbloccare ciascuno con la propria mini quest e relativa narrativa (quella di Varyana, da sola, è più efferata e gore della main quest).
Aggiungiamo pure che, a parte l'atmosfera meno cupa e angosciante e i limiti espressi sulla storia, la campagna si gioca tutta d'un fiato e scorre molto bene, complice anche il grosso quantitativo di esperienza che fornisce, garantendo al giocatore un'esperienza appagante in termini di gameplay: una scelta dettata anche dalla possibilità (anche questa, prima volta nella serie) di affrontare la storia dell'espansione con un nuovo personaggio senza dover rigiocare la storia di Lilith (ovviamente a patto che la si abbia completata almeno una volta in precedenza), con l'evidente intenzione di Blizzard di consentire a tutti di iniziare un nuovo personaggio stagionale (magari scegliendo la nuova classe dello Spiritista) e giocare direttamente la storia dell'espansione.
Dicevamo dell'ambientazione di gioco familiare: il lavoro svolto dal team di design di Blizzard è anche in questo caso di altissimo livello, la giungla e le costruzioni di "sapore Maya" che avevamo esplorato in Diablo II, qui sfavillano nella nuova veste grafica, ricca di dettagli e dalla resa visiva eccellente. L'ambientazione di Nahantu, naturalmente, è popolata di numerose creature da combattere, gran parte delle quali pescano a piene mani dal bestiario di Diablo II, anche in questo caso attualizzandole dal punto di vista delle fattezze grafiche e delle animazioni. A Kurast (e non solo) troveremo sia vecchie conoscenze, che sembrano aver gestito bene il passare del tempo, sia alcuni riferimenti alle gesta che abbiamo compiuto nel secondo capitolo (non facciamo esempi per consentirvi di apprezzarli in prima persona), elementi inseriti intenzionalmente per innescare il deja-vu e, diciamocelo, fare un po' di fan service.
The Spirit Carries On
Come ogni espansione che si rispetti, Vessel of Hatred arricchisce il gioco di una nuova classe, ovvero lo Spiritista. Appena annunciato, nelle community è serpeggiato un po' di malcontento, in quanto in molti avrebbero voluto vedere volentieri il ritorno del Paladino, una classe molto amata dai fan della saga. Blizzard ha invece optato per affiancare una nuova opzione a quelle già note e classiche, realizzando una sorta di incrocio tra il Monaco (per lo stile di lotta corpo a corpo) e lo Sciamano (per il tema degli spiriti e la lore della giungla). La lunga distanza dall'uscita dell'espansione ci consente di affermare che la scelta è stata indovinata, visto il grande successo riscosso da questa nuova classe, complici anche alcune scelte di Blizzard che andiamo ad approfondire.
La realizzazione concreta della classe dello Spiritista eredita probabilmente molto del lavoro di tuning operato sulle altre classi di gioco in un anno e mezzo dagli sviluppatori, in quanto è sicuramente la classe meglio progettata di Diablo IV, divertente da giocare, resa versatile dalle combinazioni dei diversi Spiriti guida della giungla. Ne esistono quattro: il gorilla, forza bruta e capacità di tanking, l'aquila, potere del vento e piume usate come arma, il giaguaro, velocità e attacchi di fuoco e infine il millepiedi, che sfrutta il veleno per sopraffare i nemici. Dalle combinazioni e le sinergie tra le skill ispirate a questi quattro spiriti, nascono differenti build, che si traducono in differenti stili di gioco. La progressione della classe non presenta ad esempio i difetti riscontrati col Druido dopo il lancio, tutto sembra studiato e ottimizzato per ingaggiare il giocatore in ogni fase della crescita del personaggio. La percezione della classe, tuttavia, è viziata dalla stagione in corso: lo Spiritista domina indiscusso l'attuale meta di gioco, e le sue build più potenti sono in grado di provocare quantitativi di danno fuori dalla grazia di Dio, distanti dai record delle altre classi di diversi ordini di grandezza. Dopo settimane di meme e discussioni tra la community, Blizzard ha dichiarato che si tratta di interazioni e sinergie non previste a causare questo sovraccarico di potenza offensiva, precisando che lo Spiritista non sarà nerfato (non vuole evidentemente ripetere l'errore fatto nel corso della prima stagione) e che interverrà nel corso di questa stagione solo nel caso tali interazioni causassero bug o disservizi (come avvenuto per la Evade build). A nostro parere, l'attuale stato dello Spiritista non riteniamo possa considerarsi un vero e proprio imprevisto: è naturale immaginare che si sia voluto dare un aiutino in termini di sinergie alla nuova classe, pompando le sue possibilità in modo da farlo emergere ed apprezzare (provate ad immaginare il contrario, una classe con danni ben sotto la media, l'espansione sarebbe stata etichettata come la pietra tombale del titolo), e complice un theorycrafting spinto, sono emerse le build fuori di testa del gioco. Questo per dire che il vero bilanciamento tra le classi lo apprezzeremo con la stagione 7, ma per ora Blizzard ha preferito non toccare lo Spiritista e dare qualche buff alle altre classi, assecondando la community che lo ha chiesto anche tramite un sondaggio effettuato dalla stessa casa di Irvine e lasciando divertire gli utenti, che possono ambire a domare ogni modalità di gioco, almeno fino alla prossima stagione.
Nuovi contenuti
Fin dalle prime battute della nuova campagna, verremo a contatto con i Mercenari, una feature presente quasi da sempre all'interno della serie, oggi riproposta in una chiave riveduta e aggiornata. In Diablo IV avremo la possibilità di equipaggiare fino a due mercenari contemporaneamente. Il primo slot è quello tradizionale, il mercenario scelto combatterà al nostro fianco e ci seguirà nel corso della nostra avventura, guadagnerà esperienza partecipando alle nostre gesta, salendo di livello e sbloccando il proprio albero di abilità personalizzabile in base alle nostre esigenze. Il secondo slot è invece quello di rinforzo, il mercenario selezionato interverrà con una delle sue skill solo in momenti specifici (avremo diverse condizioni selezionabili), ed anche questo secondo tipo di mercenario crescerà di livello e sbloccherà nuove abilità. Entrambe le tipologie di mercenari, ad ogni avanzamento di livello, ci faranno guadagnare doni interessanti e una valuta specifica (che verrà accumulata anche oltre il level cap di 10), spendibile all'interno del covo dei mercenari, che potrà aiutarci molto a raffinare la nostra build, consentendoci di acquistare materie e oggetti rari. Per questo quarto capitolo, Blizzard ha voluto caratterizzare maggiormente i mercenari, andando oltre le varie tipologie di guerriero basico disponibili nei precedenti capitoli, puntando piuttosto su quattro personaggi molto differenti tra loro, ciascuno con un plot narrativo perfettamente integrato nella campagna, e con caratteristiche peculiari assai diverse. Raheir è il tank con lo scudo, certezza solida in difesa, Varyana è una barbara violenta e potente, Subo è invece un mercenario che ci copre dalla distanza grazie al suo arco e infine Aldkin è un giovane demone che ricorre a poteri magici basati sugli elementi e può tramutarsi in un demone per infliggere danni maggiori al nemico.
Come funzionano i mercenari all'interno di Diablo IV? A nostro parere meglio di ogni altro ARPG che ad oggi li prevede. Il limite dei mercenari è sempre stato lo stesso: se nell'arco iniziale dello sviluppo del nostro personaggio sono molto utili e offrono al giocatore un aiuto oggettivamente tangibile, in end-game, diventano inevitabilmente un inutile orpello, che nulla aggiunge alla nostra efficacia sul campo di battaglia. E se ci pensiamo è un limite intrinseco difficilmente superabile, l'obiettivo dei giochi di questo genere è far crescere il nostro alter ego fino a diventare un dominatore di tutte le modalità di gioco che ci vengono offerte. Però Blizzard è riuscita a fare un buon lavoro, in quanto ha dotato ogni mercenario di caratteristiche uniche, che possono farci comodo a seconda della modalità e dello stile di gioco: ad esempio portarci dietro Subo ci consentirà di sfruttare il suo occhio di falco, e sulla mappa vedremo evidenziati i nemici presenti, funzione utile in-end game per individuare velocemente i gruppi più corposi di nemici. Quindi una feature sicuramente studiata meglio che in passato, ben integrata nel gioco, con caratteristiche utili anche in end-game, speriamo sia in futuro estesa e resa magari più complessa, arricchendo le abilità dei mercenari, aumentandone il level cap e la capacità di incidere all'interno del gioco.
Non mancano inoltre nuove modalità di gioco. La Città sotterranea di Kurast è una revisione molto più riuscita della Fossa (ora destinata al potenziamento dei glifi), nuova modalità a tempo, in cui occorre uccidere i nemici nel minor tempo possibile, incrementando un indicatore che condizionerà quantità e qualità del loot finale. La modalità si dipana tipicamente su tre dungeon successivi, i nemici uccisi forniscono tempo aggiuntivo alla nostra prova, e il giocatore è dunque sfidato ad ottimizzare il percorso e il raggiungimento del boss finale al fine di massimizzare il loot ottenibile.
La Cittadella oscura è invece il primo contenuto pensato e progettato per il gioco in multiplayer, e se ci riflettiamo è singolare. Blizzard ha fin dalle premesse di Diablo IV dichiarato la sua intenzione di voler caratterizzarlo con una forte componente MMO, e il gioco stesso ha rinunciato ad una delle feature più caratteristiche e apprezzate di Diablo II (la generazione procedurale delle mappe di gioco, fattore che innesca il senso di esplorazione e di scoperta) optando per una mappa fissa e comune per tutti i giocatori, proprio per favorire il gioco di gruppo. Un'intenzione che però è rimasta monca, vista la totale mancanza di strumenti social per la comunicazione e aggregazione, e di modalità dedicate esclusivamente al gioco multiplayer. Di fatto Diablo IV è stata fin qui un'esperienza tranquillamente godibile in solitaria nella sua interezza, incrociando qualche altro giocatore di tanto in tanto sulla mappa, o unendosi ad altri giocatori casuali solo per eventi o Boss mondiali. Vessel of Hatred apporta il primo contributo significativo nella direzione MMO, ovvero introduce finalmente un'interfaccia e un sistema di ricerca di gruppi di gioco, filtrabile per modalità e altri parametri, ma soprattutto ci consente di affrontare una modalità che non è possibile giocare in solitaria.
La Cittadella oscura, infatti, richiede team da due a 4 giocatori, che dovranno affrontare dungeon disseminati di nemici e di rompicapi risolvibili solo giocando in cooperativa: ciascun raid comprenderà Boss specifici, disegnati esclusivamente per questa modalità, che andranno sconfitti secondo una logica ben precisa, ma che sapranno ricompensare il team con loot e cosmetici esclusivi a reset settimanale. I raid di Diablo IV (perché, diciamocelo, sono i raid) sono probabilmente uno dei contenuti meglio concepiti e realizzati dell'intero pacchetto, la modalità è divertente e gratificante, e dà veramente senso al gioco in cooperativa: in alcuni frangenti saremo separati dalle logiche del raid, e ciascun giocatore dovrà fare affidamento e sperare nella riuscita dell'evento da parte degli altri giocatori, impegnandosi a giocare al meglio il proprio ruolo. Certo, i refrattari al gioco in multiplayer si vedranno preclusa questa modalità e le sue ricompense peculiari, e i raid, in modalità hardcore, sono caldamente sconsigliati se non affrontati con amici di fiducia (se uno fallisce, o per capacità, o per problemi tecnici, o per trolling, tutti i membri del raid vengono uccisi dagli effetti del dungeon), ma noi abbiamo apprezzato molto questa modalità, che rappresenta una delle componenti di valore di questo titolo.
L'espansione introduce inoltre le Rune, ma cambia sensibilmente il loro ruolo rispetto a quanto visto in Diablo II. Se nel secondo capitolo avevano il merito prodigioso di dare senso anche agli oggetti rari, che venivano trasformati grazie alle parole runiche in oggetti unici, andando quindi a cesellare un'itemizzazione perfetta (ancora oggi nessuno è riuscito a fare qualcosa di simile), in Diablo IV le rune hanno un valore meno cruciale e più blando: possono essere composte in coppia per formare parole incastonabili al posto di una coppia di gemme, generando effetti e poteri a volte molto peculiari e riusciti (diventati subito fondamentali nelle build più potenti), ma in alcuni casi gli effetti sono molto situazionali e poco ispirati, dunque speriamo gli sviluppatori riescano a rivedere ed arricchire questo sistema.
Naturalmente, accanto a queste novità più evidenti, il nuovo capitolo come è lecito aspettarsi in questi casi, espande l’esperienza di gioco con nuove fortezze, spedizioni, cantine, eventi. Certo, avremmo apprezzato qualche nuovo boss mondiale, o qualche nuovo boss unico in end-game. Inoltre, mancano ancora all’appello alcune delle feature ormai classiche del genere, come i set unici, e ci attendiamo altre migliorie alla quality of life del gioco (ad esempio la possibilità di resettare con un solo click le Paragon Board, o di salvarne le configurazioni), ma siamo certi che sono nella roadmap del live service e verranno integrati in future stagioni od espansioni.
Considerazioni finali
Blizzard ha sfruttato l'occasione dell'espansione per ritarare l'intera esperienza di gioco, che ora è più coerente e graduale: ogni feature del gioco viene sbloccata in base alla progressione della nostra esperienza, fornendoci man mano nuove attività da fare all'interno del gioco. Il perfezionamento della build passerà quindi dal leveling, dal ritrovamento del loot, dal completamento delle spedizioni da incubo per ottenere il materiale per il tempering, dalla Fossa che ora potenzia i glifi, dal farming dei sussurri e delle maree infernali, dal perfezionamento di gemme e rune. Oltre agli aggiornamenti macroscopici, gli sviluppatori hanno raffinato anche molti altri aspetti di gioco, migliorando ad esempio la generazione dei dungeon, che ora non prevedono più percorsi obbligati o task noiosi, oppure le Paragon Board che ora hanno un limite massimo di cinque, una trovata sapiente che punta i giocatori a sfruttare a pieno ogni singola board, senza rincorrere come prima soltanto il numero maggiore di glifi possibile. Dopo un anno e mezzo, Diablo IV è in uno stato consistente e coerente, un'offerta di gioco non perfetta, ma sulle cui solide basi di può ora costruire ed espandere un’esperienza diversa da quella di Diablo II, ma in grado di impegnare e divertire i giocatori.
Uno dei punti dubbi che restava da confermare era sul modello economico del gioco: molti si chiedevano se Blizzard sarebbe rimasta fedele alla promessa di mettere in vendita soltanto oggetti cosmetici e season pass onesti, e molti altri erano pronti a scommettere sul fatto che l'avida Blizzard avrebbe trasformato Diablo IV in un pay-to-win esattamente come Diablo Immortal. Noi non eravamo di questo avviso, anzi eravamo convinti che la saga originale di Diablo sarebbe stata tutelata e così è stato. Non solo la promessa è stata mantenuta, ma stando alle indiscrezioni trapelate sui guadagni di Blizzard con le microtransazioni (oltre 150 milioni di dollari!), possiamo dire senza tema di smentita che il modello economico di Diablo IV si è dimostrato non solo sostenibile, ma largamente remunerativo, pur rimanendo non invasivo. E si tratta di un traguardo non da poco, che speriamo parli anche ad altre software house, mostrando che è possibile mettere in piedi modelli economici sostenibili, senza ricorrere al pay-to-win.
In definitiva, Vessel of Hatred è un prodotto riuscito e merita l'acquisto? La risposta è articolata, ed è legata al vostro grado di apprezzamento di Diablo IV e della direzione intrapresa dagli sviluppatori. Infatti questa prima espansione conferma la formula di gioco senza stravolgerla, arricchendo l'offerta con nuovi contenuti e nuove modalità: abbiamo apprezzato molto i raid, che rappresentano il primo vero contenuto pensato e strutturato per il multiplayer, la nuova classe dello Spiritista è ispirata, ben concepita e divertente da giocare, la nuova location ha un design riuscito ed è corredata di una colonna sonora a tratti più ispirata di quella del capitolo principale, i mercenari sono un'aggiunta ben realizzata (nei limiti che abbiamo espresso). Non è un'espansione perfetta, lo abbiamo sottolineato in più punti, in particolare la storyline è la più deludente dell'intera saga, e mancano all'appello diversi contenuti che era essere lecito aspettarsi.
Relativamente alla direzione intrapresa dal team di sviluppo, Diablo IV aveva inizialmente fatto intendere di voler continuare nel solco di Diablo II, sia in termini di atmosfera (oscura, violenta), sia in termini di meccaniche di gioco (ritmo più lento), una sorta di riconoscimento degli errori fatti con il terzo capitolo, con l'intento di recuperare i fan hardcore del genere delusi da Diablo III. Una sfida oggettivamente persa, soprattutto considerando che l'esperienza di gioco, nel corso delle prime sei stagioni che vi abbiamo ricapitolato in apertura, si è man mano radicalizzata sulle orme di Diablo III, arrivando ad incarnare pedissequamente alcuni aspetti (ritmo frenetico, numeri di danno senza senso…) che lo rendono una sorta di Diablo III rivisto e corretto./p>
Dunque, se avete apprezzato Diablo IV e se siete tra quelli che si sono divertiti e non guardano con delusione al terzo capitolo della saga, questa espansione è d'obbligo. Se, viceversa, ricordate Diablo III come una cocente delusione e Diablo IV non vi aveva convinto, non sarà Vessel of Hatred a farvi cambiare idea.
Ma parliamo anche dell'elefante nella stanza. Mentre siamo in procinto di chiudere l'articolo, abbiamo avuto modo di apprezzare il reveal e la successiva onda lunga di entusiasmo della community relativamente a Path of Exile II. I ragazzi di Grinding Gear Games hanno snocciolato con molto entusiasmo una quantità di informazioni e contenuti, da conferire alla loro nuova opera di prossima uscita (quando leggerete questo articolo, sarà iniziato l’Early Access) proporzioni colossali da diversi punti di vista. Le reazioni del pubblico sono entusiastiche e molti si sono affrettati a dichiarare la morte di Diablo IV, ancor prima di aver provato il gioco.
Anche noi siamo molto colpiti da quanto mostrato in questo mastodontico reveal e non vediamo l'ora di mettere le mani sul nuovo capitolo di Path of Exile, soprattutto in considerazione dell’evidente intenzione degli sviluppatori di uscire dalla nicchia hardcore, e di come stiano lavorando per migliorare l'accessibilità del sequel di POE1, semplificando alcuni aspetti (come le gemme, nel primo capitolo oltremodo complicate) e puntando all'audience più ampia possibile, senza rinunciare alla complessità e alla profondità amata dai fan più hardcore del genere. Vedremo se questo manipolo di appassionati, che nacque a seguito della delusione di Diablo III proprio con lo scopo di creare l'erede spirituale di Diablo II, riuscirà a fare suo il motto "easy to learn, hard to master", tanto caro alla Blizzard di un tempo, tenendosi stretti i fan hardcore fin qui raccolti con POE1, ma allargando il proprio bacino di utenti anche a coloro che non erano disposti a smanettare con programmi esterni e fogli Excel per gestire una build.
E vedremo anche quali contromosse metterà in campo Blizzard, che dovrà darsi parecchio da fare per evitare una cannibalizzazione di parte della propria utenza. Le anticipazioni della settima stagione non sembrano al momento rivoluzionarie, piuttosto il concept per quanto emerso dal server di test sembra un ibrido delle due prime stagioni: un esercizio un po' pigro e un po' misero per farsi trovare pronti alla competizione con Path of Exile II. Ma siamo certi che una multinazionale come Blizzard non resterà a guardare e farà leva sulle proprie possibilità per migliorare ulteriormente la propria offerta di gioco e difendere il suo territorio.
Qualunque cosa succederà, consentitemi di rilevare, da grande appassionato del genere, uno scenario frizzante come mai prima d'ora. Il genere degli action RPG qualche anno fa ha vissuto un momento di stanca, in cui mancavano i grandi nomi e la scelta era limitata e di scarsa qualità. Oggi la situazione è ben diversa, e oltre a Diablo e Path of Exile, numerosi altri titoli hanno cercato e cercheranno di imporsi sulla scena, ciascuno cercando di proporre la propria visione e caratteristiche peculiari: da questo tipo di competizione tra software house possono nascere solo vantaggi per il genere e per i giocatori, che potranno scegliere, si spera, tra molte opzioni sempre più valide.
4 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoIo completamente l'opposto invece.. Ne ero CERTO.
La competizione esiste perche' Blizzard ha cambiato strada. Poe e Poe2 sono quello che la fanbase si aspettava come naturale continuazione di Diablo2.
Blizzard ha preso una fanbase sfegatata e molto niche di appassionati di arpg a tema cupo e sanguinolento, e gli ha schiaffato un d3 sbiadito e cartoonesco, un gioco mobile e poi ha dato un'abbondante spruzzata di microtransazioni, dinamiche gamble-like e gatcha.
Il confronto esiste perche' i due giochi derivano da una radice comune e le persone si sentono ancora tradite da come la Blizzard si e' comportata e continua a comportarsi. Nessuno confronta Diablo a Genshin impact anche se in fin dei conti sono piuttosto simili.
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