Splinter Cell Blacklist: è vero ritorno alle origini?
Vi proponiamo la nostra recensione dell'ultimo capitolo di Splinter Cell. Si è discusso molto in questi giorni se Blacklist può essere considerato un ritorno alle origini per la serie, dopo il fin troppo aggressivo e cinematografico Conviction. Ecco la nostra visione sull'argomento, in attesa di un approfondimento tecnico sulle caratteristiche grafiche della versione PC di Blacklist che pubblicheremo nei prossimi giorni.
di Stefano Carnevali pubblicato il 16 Settembre 2013 nel canale VideogamesLibertà d’azione
La principale caratteristica positiva che va riconosciuta a Blacklist è la grande libertà d’azione concessa a tutti i livelli. Detto delle molteplici variabili a livello di personalizzazione, è giunto il momento di parlare dell’approccio diretto al gioco, con le numerose possibilità che Blacklist offre.
Da molte parti si è sentito dire che Blacklist rappresenterebbe un manifesto ritorno alle origini della saga di Splinter Cell. Questo vorrebbe dire una ‘rispolverata’ di una modalità di gioco estremamente rigorosa, dove il passare inosservati – oltre a essere tutt’altro che semplice – è l’unica via per il successo. In Blacklist non è proprio così.
Certo, rispetto a Conviction si è abbandonata la grande (ed esagerata) aggressività di Sam Fisher, ma fortunatamente Blacklist non è solo un ‘gioco di ombre’.
Intendiamoci: nel nuovo capitolo di SC, il buio torna a recitare una parte preponderante. Fisher deve e può passare inosservato per compiere le proprie missioni nel modo più efficace possibile. Ma questa non è mai l’unica vera soluzione lasciata al giocatore.
Il gioco non prova nemmeno a nascondere le diverse possibilità d’approccio che offre all’utente: da subito, ogni missione, viene valutata in base all’atteggiamento che il giocatore vorrà mantenere. Una condotta silenziosa, invisibile e non letale ci darà punti nella categoria ‘Ghost’. Una missione completata nell’ombra, ma uccidendo le guardie nemiche, darà frutti come ‘Panther’. Un attacco frontale, un approccio votato all’azione e alla violenza, fornirà ricompense come ‘Assalto’. Naturalmente, ‘Ghost’ rappresenta la modalità più ‘remunerativa’ e, in certe situazioni, obbligata. ‘Panther’, almeno per quanto mi riguarda, è l’opzione più gratificante, perché dispensare morte dall’ombra ha sempre un fascino unico. Dimenticatevi ‘Assault’: giustamente, essendo SC un action-stealth, affrontarlo a testa bassa sarebbe poco gratificante e decisamente poco efficace.
Anche una volta ‘sul campo’, la varietà di situazioni e di possibilità di condotta resta elevatissima. E, mi ripeto, si tratta del fiore all’occhiello di Blacklist.
I livelli, di sovente, presentano molteplici percorsi sfruttabili e, praticamente sempre, consentono di scegliere l’atteggiamento preferito per attraversarli. Lo scenario, in questo senso aiuta, dando al giocatore la possibilità di eludere i nemici o di ucciderli in modo silenzioso, per poi occultarne i cadaveri. Ma non solo: spesso, infatti, queste opzioni possono essere eseguite attraverso modalità svariate. Anche perché – graditissima – è tornata la ‘verticalità’ di SC: Fisher potrà, di frequente, girovagare in posizione elevata rispetto al nemico, piombando sulle ignare guardie come un vero e proprio angelo della morte. Ad arricchire il pacchetto, arriva una pletora di gadget e armi che potrà fare la differenza: disturbatori di ricezione, generatori di rumori, diversi tipi di granate, pistole silenziate, mitragliette silenziate, fucili d’assalto e a pompa. Questo arsenale non solo permette di variare in corso d’opera: è anche un ulteriore stimolo alla rigiocabilità. Menzione di merito per la possibilità di chiamare le guardie ‘a voce’, facendole insospettire e avvicinare, e per le uccisioni con il coltello, realizzate con sopraffine animazioni che – contestualmente all’uccisione stessa – presenteranno una prima manovra di occultamento del cadavere.
Buona anche la varietà di base nell’impostazione dei livelli, con numerosi ‘cambi di prospettiva’ (ad esempio: l’uso di droni) atti a spezzare il ritmo. Utile, di nuovo in termini di rigiocabilità, la possibilità, attraverso Paladin, di tenere sempre sott’occhio i punteggi realizzati dai nostri amici nelle varie missioni. Il senso di sfida sarà così acuito.
Al solito, è necessario sottolineare il buon lavoro svolto con il sistema di coperture (e con la corsa automatica da un riapro all’altro): ogni tanto qualche imprecisione ‘scappa’, ma, agendo con la dovuta precisione, risulterete imprendibili.