Uncharted 3: quando è lo script che comanda

Uncharted 3: quando è lo script che comanda

Con il terzo capitolo della saga, le vicende dell’avventuriero raggiungono livelli di intensità, qualità e divertimento assolutamente di prim’ordine: recensione di uno dei baluardi del mondo dei videogiochi intesi principalmente come cinematograficità. Nei prossimi giorni pubblicheremo anche il videoarticolo.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Scrittura: quando la trama può fare la differenza

Ci voleva. Ci voleva proprio. Dopo una classica estate sottotono, priva di uscite particolarmente carismatiche, come ogni anno, l’arrivo dell’autunno è accompagnato dal rilascio di giochi di prima importanza. Battlefield, Call of Duty, Skyrim, i vari titoli sportivi… In questo ambito ‘congestionato’, si inserisce anche Uncharted 3, l’inganno di Drake. Ma il titolo Naughty Dog ha tutte le carte in regola per ritagliarsi il proprio spazio. Del tutto unico.

Grazie al capolavoro esclusiva Sony, infatti, andremo a giocare un titolo divertente e tecnologicamente di livello assoluto. Ma soprattutto, assisteremo a una storia interessante, ben recitata e ben scritta. E di questo ce ne era davvero bisogno. Anzi: saremo coinvolti in una grande storia. Già, perché Naughty Dog ha trovato una serie di espedienti che questa vicenda ce la faranno vivere e giocare, non solo vedere.

In un panorama abbastanza desolante, come è quello del mercato videoludico del momento, almeno per quanto riguarda le ‘grandi trame’, Uncharted rappresenta una boccata d’aria fresca. Era davvero un bel po’ che un ‘prodotto tripla A’, non riusciva a raccontare una storia così valida, in modo così efficace e coinvolgente. Da subito, ci si rende conto del grande lavoro svolto da Naughty Dog, in termini di trama.

Nathan Drake – per chi (ma chi, poi?) non lo conoscesse – è un novello Indiana Jones, una versione maschile – più ‘truffaldina’ e meno benestante – di Lara Croft. Con una particolare propensione al rimanere invischiato in storie poco pulite. Dove, di solito, c’è la caccia a un tesoro perduto, da ritrovare e trafugare.

L’inizio del gioco ci mette davanti a un ‘classico’ scambio di merce. Come si è visto in tutti i film d’azione: l’avventuriero ha un reperto da consegnare a un facoltoso committente. L’incontro per lo scambio (oggetto per valigetta zeppa di soldi) avviene in un locale di dubbia fama, qualcosa va storto e le due parti si scontrano. Nel nostro caso, visiteremo un pessimo pub dei sobborghi di Londra e, dopo qualche istante, la situazione degenererà. Scoppierà così una furibonda rissa, dall’esito tanto drammatico quanto sconvolgente. Che ci darà lo spunto per un flashback di vent’anni, il quale ci aiuterà a capire i termini della nuova avventura in cui Nathan è incappato. Si tratterà della vera avventura di una vita, in quanto – come capiremo a partire dal flashback – il Nostro sarà alle prese con lo stesso mistero fin da ragazzino. Tutto, infatti, ruota attorno alle vicende di un viaggio di Sir Francis Drake (il celebre corsaro inglese, lontano parente di Nathan) in estremo oriente.

Il richiamo dell’avventura è forte: i misteri che contornano la vicenda di Sir Francis si palesano subito numerosi. Cosa cercava e dove il famoso corsaro britannico? Perché tornò a mani vuote e ‘falsificando’ le date del proprio viaggio? Cosa c’entrano Lawrence D’Arabia e numerose ‘sette segrete’ trasversali alla storia, in tutta la vicenda? Fiction e realtà storica si mescolano, in un mix che Naughty Dog descrive con accortezza, avendo cura di fornire informazioni sempre crescenti, ma senza mai banalizzare la questione. Regalandoci un bel mistero da svelare. Dall’inizio alla fine del gioco. Laddove immaginazione e storia vanno a fondersi – se il tutto viene gestito in modo coerente e gestibile – curiosità e interesse crescono a dismisura. Anche quest’avventura di Drake, quindi, sarà capace di coinvolgere da subito: fare luce su questo mistero, vecchio di secoli, diverrà un’urgenza impellente per ogni giocatore.

Ma non sono solo la storia e l’intrigo a coinvolgere. Quello che maggiormente stupisce, infatti, è la tecnica con cui Naughty Dog ci racconterà gli eventi di Nate e compagni. Essa, infatti, varierà a seconda delle vicende che saranno raccontate, risultando sempre molto azzeccata e soprattutto, immersiva.

I registri narrativi si alternano, in un tripudio di ‘citazioni registiche’, in base alle situazioni: nelle prime – e concitate – fasi londinesi, si scorgono indubbi richiami alle visioni di Guy Ritchie, con frenetiche risse, in cui – grazie al rallenty – vengono evidenziati i passaggi più importanti e spettacolari. Quando arriveremo in zone del mondo maggiormente esotiche, invece, i ritmi saranno più calmi e i piani larghi, uniti ai cambi di scena realizzati con il progressivo annerimento dello schermo, ci riporteranno alle tecniche di Lucas, viste in Guerre Stellari e, soprattutto, Indiana Jones.

Fondamentale, però, come si diceva, l’immersività. Delle situazioni narrate. In tutto Uncharted, infatti, le spettacolari cut-scene di narrazione sviluppo trama – spettacolari perché di qualità grafica e recitativa altissima – sono realizzate con lo stesso engine del gioco e si fondono, senza vera soluzione di continuità, con la parte ‘attiva’ del titolo. Sostanzialmente, la struttura delle parti narrate si sviluppa attraverso un filmato, che diventa un dialogo tra i personaggi mostrato dalle telecamere tipiche del gioco, per completarsi con la conversazione tra gli eroi, mente si comincia a giocare. I primi momenti di ogni fase di gioco, insomma, sono un’immersiva prosecuzione della narrazione. Che regala sensazione di partecipazione e ‘attività’. Certo, serve un minimo di consapevolezza: volendo, mentre i nostri compagni ci parlano, si potrebbe correre lontano, senza ascoltare o dare credibilità ai dialoghi. Anche il giocatore, quindi, è chiamato a ‘recitare’ la propria parte, per far funzionare il gigantesco plot di Uncharted 3.

Si tratta di un toccasana. Un bella storia, che ci vede partecipi fino in fondo. E narrata con maestria e stile. Qualcosa che, di recente, non si è visto poi troppo spesso. La trama scorre su binari abbastanza lineari, ma c’è sempre una curiosità da capire, un mistero da chiarire, un piccolo colpo di scena che ci spingerà ad andare avanti. E’ come quando uno scrittore termina un capitolo lasciando la situazione aperta: anche se sono le 3 di notte, si volta pagina e si prosegue nella lettura!

 
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