Prevedere i modelli di comportamento dei giocatori attraverso le ricompense

Prevedere i modelli di comportamento dei giocatori attraverso le ricompense

Ricercatori dell'università della North Carolina hanno sviluppato un sistema al fine di prevedere il comportamento dei giocatori in base alle ricompense che hanno ottenuto.

di pubblicata il , alle 08:30 nel canale Videogames
 

Parallelamente alla crescita e all'espansione dell'industria dei videogiochi, gli sviluppatori stanno valutando nuovi metodi per contenere i costi di sviluppo dei loro prodotti, soprattutto considerando i costi sempre crescenti dei progetti di alto profilo. Alcuni ricercatori dell'Università della North Carolina sostengono adesso di essere in grado di prevede i comportamenti dei giocatori basandosi sulle ricompense che hanno ottenuto. In questo modo si può verificare quali sono gli interessi dei giocatori e offrire loro dei contenuti specifici per venire incontro alle loro necessità.

Uno dei co-autori della ricerca è il professor David L. Roberts, appassionato di videogiochi che in gioventù non ha lesinato a dedicare tempo a giochi come King's Quest e Conquests of Camelot, e che adesso spende la maggior parte della sua giornata lavorativa a studiare i videogiochi. "Mi sono interessato al tema vedendo un laureato che stava lavorando sulle narrazioni di tipo interattivo", dice Roberts ad Ars Technica.

"Molti sviluppatori mettono tantissimi contenuti nei loro giochi, ma gran parte di questi contenuti sono generici, pensati per tutti i tipi di giocatori, e in qualche modo forzano questi ultimi nella loro progressione all'interno del gioco. Noi vogliamo arrivare a un punto che i contenuti sbloccati dai giocatori siano assolutamente personalizzati in base all'esperienza del giocatore".

I ricercatori hanno raccolto dati da 14 mila giocatori di World of Warcraft, esaminando il loro modo di giocare e le ricompense ottenute nel corso del gioco. Nella ricerca hanno fatto riferimento al database WoW Armory, che traccia i progressi di ciascun giocatore di World of Warcraft. Nel MMORPG di Blizzard si ottengono ricompense per aver risolto delle quest, ottenuto delle cavalcature, raggiunto specifici livelli di esperienza, esplorato dei dungeon, aver fatto dei raid nei dungeon, e così via. Alcune di queste ricompense si ottengono in maniera relativamente facile, mentre altre richiedono molta dedizione. Secondo Roberts, e il co-autore della ricerca Brent Harrison, se un giocatore ha operato in modo di ottenere una certa ricompensa è interessato a quella particolare azione che gli ha consentito di ottenere quella ricompensa.

I ricercatori hanno quindi prodotto un algoritmo che individua correlazioni tra giocatori casuali e ricompense ottenute. "Ci sono due fasi nel nostro approccio", spiega Roberts. "Nella prima fase guardiamo i dati generati da un ampio numero di giocatori per verificare se hanno ottenuto ricompense simili. Per esempio se 5 mila giocatori hanno completato cinque specifiche ricompense ciò equivale a dire che quelle cinque ricompense sono in qualche modo correlate. Costruiamo il nostro modello associando questo tipo di co-occorrenze".

"Nella seconda fase facciamo delle predizioni: il comportamento di un nuovo giocatore viene confrontato con questi set di co-occorrenze. Se questi ha ottenuto fra tre a cinque ricompense che sono state ottenute dall'insieme dei giocatori dal quale sono stati prelevati i dati, evidentemente possiamo supporre che il nuovo giocatore tenterà di ottenere le altre due ricompense come ha fatto chi lo ha preceduto".

Roberts sostiene di poter prevedere cosa farà un nuovo giocatore di World of Warcraft con l'80% di precisione. Grazie ai risultati di questa ricerca, gli sviluppatori possono realizzare un sistema che guidi il giocatore verso specifiche destinazioni o verso determinati incontri. Inoltre, lo studio può essere sfruttato da generi di giochi diversi dai MMORPG.

"Mi riferisco soprattutto ai giochi di tipo sandbox, che hanno una struttura di base simile ai MMORPG", specifica Roberts. "Gli fps invece sono più lineari, ed è difficile trarre da essi dei dati interessanti per prevedere i modelli di comportamento. Ma ciò non vale per gli FPS di tipo sandbox: ad esempio, in base ai target, alle location visitate e alle armi usate, possiamo prevedere le scelte future dei giocatori in fatto di target, location e armi".

La ricerca è sicuramente suggestiva, e può aprire nuovi scenari di gameplay. D'altronde, è in un certo senso statica, perché realizzata su un database realizzato successivamente all'operato dei giocatori in-game. Sarebbe interessante, dunque, se il software potesse collezionare dinamicamente i dati e metterli subito a disposizione dell'algoritmo. Il documento in cui è dettagliata la ricerca si trova qui.

8 Commenti
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Armin21 Giugno 2011, 09:01 #1
Faccio notare che il paper della ricerca deve essere ancora pubblicato.
Solo dopo la pubblicazione la rilevanza scientifica potrà essere discussa, fino ad allora si tratta solo di pubblicità.
La discussione post pubblicazione potrà mettere in rilievo ad esempio errori metodologici, limiti delle validità e affidabilità della ricerca.
Nel caso più estremo questo significa cestinare la ricerca. Certo potrà anche essere presa in considerazione o ritenuta completamente valida.


Ricordiamoci che questi algoritmi non sono strumenti pensati per i consumatori, ma per incrementare il consumo. Che è una cosa ben diversa.
Questo tipo di studi si basa sull'approccio cognitivista alla psicologia che è vecchio di 60 anni e ormai parzialmente superato (l'assunto di base era l'equiparazione della nostra mente con il computer, in parole povere per i cognitivisti originali siamo tutti delle calcolatrici).
Gli algoritmi non saranno mai efficaci del tutto, e sopratutto forzano il mercato a comportarsi secondo delle linee guida matematiche, senza lasciare libero sforzo alla creatività dei singoli artisti.
Ritengo che questo tipo di scienza, definiamola commerciale, non crea progresso, tutt'altro rende stantio l'estro umano di chi crea e di chi consuma.
Il programmatore o il musicista si potrebbero trasformare in operai specializzati, che producono in serie quello che algoritmi inefficaci suggeriscono loro di fare. Noi consumatori rischiamo di non fare più scelte emotive ma di muoverci lungo un binario stantio e ripetitivo.
BrightSoul21 Giugno 2011, 10:49 #2
Concordo con quello che dice Armin. L'estrema personalizzazione dei contenuti rischia di chiudere l'utente nella "bolla" dei suoi interessi e, alla lunga, affievolire la sua curiosità per altre cose.
Io certe volte mi sloggo da YouTube per vedere cosa stanno guardando gli altri, altrimenti navigherei sempre in un rimpasto degli stessi temi.

Linko uno speech @ Ted che parla proprio di questa "filter bubble".
http://www.ted.com/talks/eli_parise...er_bubbles.html

Per "filtri" non bisogna intendere solo quelli tecnologici, ma anche quelli mentali. Su Ted c'è un'altra sessione in cui lo speaker Ethan Zuckerman spiega come ci sia una certa tendenza da parte degli utenti a frequentare blog/siti che diffondono idee provenienti dallo stesso retaggio culturale. Nonostante Internet consenta all'utente di accedere ai server di tutto il mondo, è difficile che un utente europeo o americano si metta a seguire con costanza un blog africano, o si metta a leggere le news dal China Daily.

"Listening to global voices"
http://www.ted.com/talks/ethan_zuckerman.html

Tutta questa premessa per dire che, almeno nei videogiochi, voglio che "le cose mi capitino" e non voglio essere rinchiuso nelle abitudini dei miei comportameni, come già succede nei siti che offrono risultati di ricerca personalizzati.
IlGranTrebeobia21 Giugno 2011, 11:17 #3

Originariamente inviato da: Armin
Ricordiamoci che questi algoritmi non sono strumenti pensati per i consumatori, ma per incrementare il consumo. Che è una cosa ben diversa.
Questo tipo di studi si basa sull'approccio cognitivista alla psicologia che è vecchio di 60 anni e ormai parzialmente superato (l'assunto di base era l'equiparazione della nostra mente con il computer, in parole povere per i cognitivisti originali siamo tutti delle calcolatrici).
Gli algoritmi non saranno mai efficaci del tutto, e sopratutto forzano il mercato a comportarsi secondo delle linee guida matematiche, senza lasciare libero sforzo alla creatività dei singoli artisti.
Ritengo che questo tipo di scienza, definiamola commerciale, non crea progresso, tutt'altro rende stantio l'estro umano di chi crea e di chi consuma.
Il programmatore o il musicista si potrebbero trasformare in operai specializzati, che producono in serie quello che algoritmi inefficaci suggeriscono loro di fare. Noi consumatori rischiamo di non fare più scelte emotive ma di muoverci lungo un binario stantio e ripetitivo.


Quoto!
uncletoma21 Giugno 2011, 11:41 #4
Non ho conoscenze in scienze socio-comportamentali per dire se l'approccio è valido o meno, però da giocatore mi sembra che il modello cercato sia solo quello dell'end-game PvE, come se fosse l'unico possibile.
Come se non fossero mai esistite le "frontiere" di DAoC (a tutt'oggi considerato uno dei migliori, se non il migliore, MMO di sempre) o le GvG di, per esempio, Guild Wars.
In GW venivano offerti premi in denaro, di solito appannaggio di poche e selezionatissime gilde coreane e nordamericane. Altro che l'armatura, ROTFL, personalizzata. Altrove il gaming significa soldi, e parecchi: in Corea il professionismo videoludico è un dato di fatto, negli States è presente anche se in misura minore.
E questi parlano di poter accedere alla "Spata tel Titano ti Vuoco" in esclusiva? E' anche vero che se fai una ricerca su WoW non puoi pensare di avere risposte logiche e coerenti: avrai una lista della spesa da supermercato e non da gourmet.
mirkonorroz21 Giugno 2011, 16:46 #5
Un'analisi delle "mosse" del giocatore la vedrei molto utile per programmare una AI avanzata (beh.. diciamo normale).
Cosi', invece, penso anche io che dando all'utente *sempre* quello che si pensa si aspetti, alla fine l'effetto potrebbe essere quello di saturarsi e stancarsi prima.
II ARROWS21 Giugno 2011, 18:37 #6
Se analizzi e vedi che i giocatori si comportano in un modo... ecco, quello è la cosa da non fare perché i giocatori non vogliono sempre la stessa cosa.
Resver21 Giugno 2011, 20:50 #7
a me sembra un concetto molto supido ed esremamente ovvia, per quello che ho capito e come dire: se su 14.000 giocatori 5.000 hanno fatto 5 quest che gli permettono di ottenere il miglior set di equipagiamento per un arcere (tanto per dire una classe di un generico mmorpg) sono sicuro che quel giocatore che ha fatto 3 di queste quest ed ha ottenuto quei 3 oggetti all'80% farà le altre 2 quest per ottenere gli altri 2 oggetti... ma và!! e magari anche lui è un'arcere?

uno studio del genere andrebbe fatto con domande riguardanti un prodotto che non è stato messo ancora in produzione e per il quale non si sappia già quali sono i migliori oggetti per una x classe
sintopatataelettronica22 Giugno 2011, 01:25 #8
Secondo me siamo davvero alla frutta.
Un gioco non deve ASSOLUTAMENTE darmi quello che mi aspetto.
Un gioco deve stimolarmi, deve stupirmi, deve invogliarmi a sperimentare.

Ormai, purtroppo, non si fanno più giochi così.
Tutto è prevedibile, scontato, familiare, déjà-vu.
Se i giochi andranno persino incontro alle aspettative del giocatore in base ad algoritmi che analizzano il suo comportamento.. che cavolo di divertimento resterebbe ?

Io QUASI manco guardo i trailer dei film prima di andare al cinema, voglio saperne il meno possibile .. voglio che il film (o il videogioco, o il libro) mi sorprenda, non me ne frega niente che venga incontro ai miei modelli, anzi.. io voglio essere stimolato da cose FUORI da me.

Comunque ritengo che 'sta robaccia qui serva ad aiutare le aziende a vendere DLC o contenuti aggiuntivi, tipo che se ciccio in game fa (A) (B) (C) e poi compra il contenuto aggiuntivo (Z).. possono provare a proporre a pippo e pluto (che fanno pure loro A/B/C) lo stesso contenuto aggiuntivo Z.
E così via.

SAD!

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