Abzu è una suggestiva esperienza sensoriale del mondo marino

Abzu è una suggestiva esperienza sensoriale del mondo marino

Lo studio emergente Giant Squid ci offre una suggestiva lettura del mondo marino e delle specie che popolano i fondali, attraverso un’esperienza misteriosa e sensoriale. Lo stile ermetico della rappresentazione e la riuscita alternanza tra colori e musica è un dichiarato omaggio a Journey.

di pubblicato il nel canale Videogames
Halifax
 

Misticismo marino

Chi di voi ha avuto modo di apprezzare Journey ricorderà che il titolo di Jenova Chen proponeva un viaggio metaforico ispirato al cerchio della vita e poneva al centro di tutto il singolo individuo. La luce eterea posizionata sulla linea dell’orizzonte simboleggiava un obiettivo superiore: la sete di conoscenza, il continuo protendersi vero la consapevolezza interiore, alla ricerca di risposte che in realtà si rivelavano insite nell’idea stessa del viaggio. Per raggiungere il suo scopo Journey offriva un’esperienza sensoriale molto accentuata, dove i suoni donavano un valzer di emozioni in piena regola.

Sebbene con esiti stilistici e metaforici difformi, l’approccio di ABZU intende essere il medesimo che abbiamo descritto poc’anzi. Nei panni di un’entità che sembra essere umana esclusivamente nell’aspetto esteriore, veniamo proiettati in una toccante avventura esplorativa dagli esiti inaspettati. Il viaggio, apparentemente volto a scoprire i fondali di un affascinante paradiso tropicale, si traduce ben presto in un’esperienza dai profili onirici, proprio mentre una magistrale colonna sonora dai toni corali scandisce la scoperta e si fonde in un unicum con la fauna e la vegetazione nelle quali si viene proiettati.

La parte musicale di ABZU è stata realizzata da Austin Wintory, compositore americano che aveva già prestato il proprio talento per creare le suadenti armonie di Journey. Gli effetti sonori di ABZU sono il pilastro portante dell’intera esperienza, vanno di pari passo con i mille colori di cui sono pervasi gli scenari e donano un rinnovato senso di partecipazione quando capita di essere trasportati altrove dalla brillante fluidità delle correnti. La solennità di quei momenti cede il passo agli arpeggi tranquilli e posati degli istanti in cui vengono premiate l’esplorazione e la scoperta dei segreti.

Tutto avviene molto fluidamente, non a caso Giant Squid ha cercato di focalizzarsi sui problemi che in passato hanno afflitto i livelli sottomarini di molti altri titoli. L’opportunità di ambientare l’opera interamente sott’acqua è stata senza dubbio d’aiuto, dando modo a Nava e compagni di proporre un’interfaccia molto diretta e intuitiva: per merito di un sistema di controllo pulito e di una gestione efficace delle inquadrature, ABZU è prima di tutto un piacere per gli occhi e un toccasana per lo spirito.

L’entità di cui assumiamo i panni è capace di muoversi agilmente grazie a lente o poderose pinneggiate, ma all’occorrenza ci viene dato modo di afferrare la pinna dei pesci più grandi per dirigerci nella direzione voluta. La libertà d’interazione con le creature marine è solo uno dei molti gesti che attestano l’armonia del protagonista nei riguardi dell’ecosistema che lo circonda. Il mare risponde agli input come se fosse un essere vivente, e così al nostro passaggio la vita risplende più rigogliosa di quanto sia mai stata. Eppure gli abissi nascondono una minaccia che sembra essere perduta e dimenticata, ma non per questo meno pericolosa.

I parallelismi tra Journey e ABZU si estendono anche al piano narrativo, l’assenza di dialoghi o di parti scritte premia esclusivamente l’osservazione degli eventi e la loro interpretazione alla ricerca di un significato generale. Rispetto al capolavoro di thatgamecompany manca tuttavia quel fenomeno di condivisione silente, che veniva garantito dall’incontro occasionale con altri giocatori. In ABZU si è soli, o meglio si è in compagnia della natura nella sua essenza più genuina.

I limitati elementi puzzle disseminati per gli scenari si alternano ai singolari momenti di meditazione che sono possibili raggiungendo delle particolari statue a forma di squalo. Basta infatti posarsi sulla sommità di esse per attivare una modalità esplorativa alternativa, del tutto slegata dai movimenti del protagonista. Così facendo si riesce a cogliere da vicino l’armonia dei branchi e si ricevono indicazioni sulle specie d’appartenenza. Muovendo l’inquadratura si ha inoltre modo di trasferire l’attenzione su altri soggetti, sperimentano prospettive in prima persona e scorci molto singolari.

 
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