The Town of Light, un indie italiano ambientato nel manicomio di Volterra

The Town of Light, un indie italiano ambientato nel manicomio di Volterra

Quest’oggi vi parliamo di un’avventura tutta italiana. The Town of Light è il primo progetto creato dalla compagine toscana LKA e scaturisce dagli studi della realtà manicomiale italiana sviluppatasi tra la fine del XIX secolo e la prima metà del novecento. Ci accingiamo a parlare di un progetto dotato di una forte impronta sperimentale, la cui realizzazione ha richiesto un’attenta e approfondita ricerca di tipo bibliografico. L’opera sfocia in una rappresentazione storica attraverso una prospettiva peculiare e rende l’utente partecipe di un microcosmo molto specifico e circoscritto, nel quale la narrazione ha una netta predominanza sull’azione.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Il tormento interiore di Renée

E’ il 12 marzo 1938. Renée ha soltanto sedici anni quando viene condotta in manicomio, privata di ogni affetto e dei punti di riferimento che racchiudono il suo mondo. La ragazza è stata accusata di costituire un pericolo per sé stessa e per gli altri e di essere fonte di pubblico scandalo. Sarà lei stessa, sotto forma di voce narrante, a ricostruire l’intera esperienza accaduta tra le fredde mura del manicomio di Volterra, come un fantasma ormai legato a doppia mandata a quei corridoi, bloccata in un loop spazio temporale di immagini sopite, aspettative deluse, convinzioni sbriciolate dalla realtà dei fatti. Attraverso le descrizioni di Renée si apprenderanno, pezzo dopo pezzo, i ricordi di tutte le fasi più difficili e dolorose vissute negli anni della prigionia, tra pratiche aberranti come l’elettroshock e la lobotomia, il distacco totale dalla società, il cinismo e la solitudine.

Il messaggio che viene trasmesso è proprio quello dell’abbandono. Una volta varcate le porte del manicomio i pazienti cessavano di essere considerati alla stregua delle altre persone. Vestiti e altri oggetti venivano accatastati negli archivi ed erano presto dimenticati, poichè ben pochi individui avevano modo di lasciare quelle strutture sulle proprie gambe. Andando ad approfondire le vicende del complesso psichiatrico si scopre che i problemi erano anche figli della carenza di personale ed attrezzature, al punto da non consentire una gestione oculata di tutte le persone che venivano ospitate all’interno del complesso nei suoi anni di maggior espansione. La scarsa preparazione condusse a metodi sommari e brutali, supportata dalla convinzione che i problemi di natura psicologica potessero ricevere miracolose soluzioni attraverso trattamenti fisici impropri e traumatizzanti, come ad esempio il coma indotto attraverso la somministrazione di insulina.

Per tutti questi motivi il manicomio di Volterra divenne un autentico luogo di non ritorno, dove i pazienti venivano compromessi ancor più di quanto non fossero già a causa delle loro precarie condizioni psichiche. Attraverso l’esplorazione dei padiglioni Charcot e Ferri, fedelmente riprodotti prendendo come riferimento lo stato in cui versa lo stabile al giorno d’oggi, si riesce a percepire questo senso di solitudine e di totale abbandono psicologico. L’esplorazione avviene in modo semplice e pragmatico, l’interazione è infatti ridotta ai minimi termini, al fruitore viene data la possibilità di recuperare alcuni oggetti e documenti che servono a ricostruire la prospettiva degli eventi accaduti a Renée, ma sono soprattutto immagini e suoni a giocare un ruolo dominante, specialmente nei momenti chiave durante i quali si attivano dei flashback e si fa ritorno al periodo in cui la struttura era ancora operativa.

Proprio in quei momenti si prova l’emarginazione, l’assenza di un seppur minimo rapporto umano tra paziente e personale medico. Non è infatti un caso che tutte queste sequenze offrano il supporto della sola voce narrante, mentre è completamente assente qualsiasi forma di dialogo tra medico, infermieri e malato. Ma The Town of Light pone al centro della narrazione anche la tematica dell’isolamento attraverso la cosiddetta corrispondenza negata. Si intuisce che le lettere inviate dai parenti ai malati non venivano consegnate, e la medesima sorte toccava anche ai testi che gli internati cercavano di far avere ai loro cari al di fuori di quell’inferno. Il culmine dello squallore al quale erano esposte queste persone sfocia persino nella tematica degli abusi sessuali, fondata a sua volta su corrispondenze storiche circostanziate.

Il livello di interazione offerto da The Town of Light è quindi volutamente stato ridotto ai minimi termini e al fruitore viene dato modo di ricomporre il puzzle celato nel passato della protagonista, attraverso una serie di dialoghi che cercano di dare risposte ai molti quesiti avanzati durante il racconto dalla voce narrante stessa. In base a questi riscontri è possibile muoversi verso un’interpretazione degli eventi più aderente alla realtà delle cartelle cliniche, ma si può pure scegliere il percorso opposto, lasciando libera espressione alle elucubrazioni instabili che attanagliano la psicologia della protagonista.

Anche l’interfaccia utente è molto sintetica, dal menù principale è possibile in qualsiasi momento recuperare e rileggere tutte le informazioni in proprio possesso. La sezione Experiences riporta per intero le linee di dialogo inerenti i pensieri esposti da Renée per tutta la durata dell’avventura, mentre entrando in Memories si ottiene accesso a tutte le cut-scene già sbloccate in precedenza. Infine è disponibile la voce Medical Records, dove sono archiviati i dati della documentazione medica recuperata e letta durante l’esplorazione della struttura e per mezzo della quale è possibile ricostruire ciò che è accaduto negli anni in cui il manicomio era ancora funzionante. La presenza di oggetti da individuare o elementi che vanno sbloccati per poter raggiungere il capitolo successivo – tra i quindici complessivamente presenti – passa anche attraverso una serie di deduzioni logiche, sebbene all’occorrenza sia anche stato previsto che si possano richiedere suggerimenti con la pressione di un semplice pulsante, in modo tale da evitare di rimanere bloccati e distogliere l’attenzione dalla narrazione.

 
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