Metal Gear Rising Revengeance: quando Kojima incontra Devil May Cry

Metal Gear Rising Revengeance: quando Kojima incontra Devil May Cry

Metal Gear Rising: Revengeance è un capitolo del tutto particolare, nella continuity della grande saga scritta e diretta da Hideo Kojima. Per quanto l’eclettico game designer, negli ultimi anni, abbia inondato il mercato con spin-off più o meno ispirati e più o meno connessi con le vicende di Solid Snake, non si era mai avventurato così lontano dai ‘canoni’ della serie.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Taglia che ti passa

MGR è un gioco piuttosto breve (6-7 ore di gioco effettivo). Ed è un hack’n’slash stiloso e adrenalinico. Si inserisce, quindi, in una nicchia di mercato in cui sono presenti concorrenti illustri (God of War e Devil May Cry, per citare i prossimi/più recenti).

I combattimenti si sviluppano veloci e intensi, improntati sul ‘classico’ schema attacco rapido / attacco forte più salto. Variazioni sul tema sono le armi secondarie (armi da fuoco e granate in puro stile Metal Gear, ma comunque di importanza del tutto marginale) e il fatto che non esista una vera e propria schivata (si potrà comunque sbloccare una sorta di attacco con schivata annessa, spendendo Punti Battaglia). In fase difensiva, infatti, Raiden potrà solo parare con la sua spada gli attacchi principali dei nemici (l’utente dovrà premere il tasto dell’attacco col giusto tempismo e, contemporaneamente dare il corretto input direzionale in base alla provenienza del colpo nemico).

Il tratto distintivo di MGR, comunque, è costituito dalla possibilità di attivare una modalità di taglio in soggettiva (lo zan-datsu) in cui si può affettare a piacimento, su linee di taglio libere, ogni nemico e molti elementi dello scenario. Lo zan-datsu, che attiva anche una sorta di bullet time, è ‘caricabile’ attraverso l’azione di lotta ed è molto utile per concludere i combattimenti in modo redditizio (contro i nemici ‘normali’ consente a Raiden di strappar loro la spina dorsale con cui ricaricare l’energia del proprio esoscheletro) e definitivo (funzione come una specie di finisher, inevitabile contro i boss). Il sistema lotta offerto da Platinum Games, insomma, ha il proprio carisma e le sue unicità.

Però non funziona fino in fondo. E non diverte al 100%. Per prima cosa, la telecamera libera non aiuta per nulla. C’è la possibilità di un locking sul nemico – contestuale alla corsa ninja – ma non fa davvero la differenza, soprattutto quando i nemici in campo sono molti.

Lo stesso sistema di difesa, così articolato e contestuale alle posizioni di Raiden e dei nemici, risente di queste incertezze nella visuale.

Insomma: MGR non è ‘sotto controllo’. E questo risulta essere il principale difetto del gioco di Platinum. La nuova direzione dell’hack’n’slash ‘stiloso’ è proprio quella della precisione spettacolare. Si pensi a Devil May Cry: l’ultimo Dante può realizzare combo infinite e fantasiosissime. Ma, soprattutto, è perfettamente controllabile dall’utente. Che può variare consapevolmente tra combinazioni ben realizzabili, identificabili ed efficaci.

In MGR non è così. La telecamera non consente quasi mai un’azione pianificata e lungimirante. E la varietà studiata dei colpi non è mai di gran livello. C’è casualità nel titolo di Platinum. E c’è la necessità di impratichirsi con un numero limitato di combo. Che tanto saranno più che sufficienti per consentirci di mettere a segno lo zan-datsu.

In effetti, i combattimenti con i nemici ‘normali’ saranno sempre ampiamente gestibili nonostante la confusione di telecamera e combo. Con i boss c’è un po’ di profondità in più, anche se tutto si risolve quasi sempre nell’obbligo di seguire gli script imposti dal gioco. Che saranno anche spettacolari, ma sono sempre un po’ troppo forzosi. In soldoni: non basterà mai il comportamento lineare da combattimento. Sarà sempre necessario sfruttare i pattern d’attacco del boss di turno che, inevitabilmente, finirà col mostrare il fianco. Alla fine, poi, la risoluzione della lotta sarà deputata alla spettacolarità dello zan-datsu.

 
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