Dead Island: il machete è il tuo più caro amico

Dead Island: il machete è il tuo più caro amico

Abbiamo giocato per intero il nuovo titolo di Techland dedicato agli zombie e ne siamo rimasti soddisfatti per la profondità RPG, la longevità e la presenza di una divertente modalità cooperativa. Meno felici per un comparto grafico non eccezionale e alcune scelte discutibili, tra cui la caratterizzazione dei personaggi e la strutturazione della trama.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Estesa struttura RPG

Come dicevamo uno dei punti forti di Dead Island è rappresentato dalla componente spiccatamente ruolistica, che permette di potenziare il proprio personaggio fino al cinquantesimo livello, decidendo anche quali abilità predisporre e in che ordine. Il sistema di incremento delle capacità si suddivide infatti in tre differenti categorie: Furia, Combattimento e Sopravvivenza. Queste tre qualità sono indirizzate a migliorare rispettivamente la potenza del proprio personaggio, la sua dimestichezza con le armi di cui si può servire e il livello della salute. Da questa primaria divaricazione discende poi una struttura a grappolo, formata da singoli blocchi per ciascun potenziamento, che potrà essere singolo o a sua volta suddiviso in tre differenti livelli di efficacia.

La conformazione delle missioni, soprattutto durante il primo atto all’interno dell’area dei villaggi turistici, appare piuttosto superficiale e sbrigativa, tant’è che, causa anche la contestualizzazione praticamente assente, nelle prime ore si ha l’impressione di portare a termine esclusivamente degli incarichi secondari. Questo potrebbe causare problemi nell’utenza media, dal momento che la situazione migliora sensibilmente solo a partire dal secondo atto (e in maniera peraltro discutibile).

Insomma, la narrazione che per tutto il primo atto era stata praticamente assente, con la quasi totale assenza di cut scene, dal secondo atto in avanti (ovvero a partire dalla quinta/sesta ora di gioco) inizia a delinearsi e ad offrire qualche spunto per comprendere le motivazioni per cui l’isola è stata infettata e chi siano gli individui coinvolti nell’intera vicenda. I personaggi continuano a mantenere un sostanziale anonimato e un carisma non particolarmente degno di nota ma, se non altro, si viene a creare un contesto che nella prima parte dell’avventura sembra completamente latitante.

La stessa riflessione si può svolgere anche per gli scenari. La parte dell’isola occupata dai resort sembra ad un primo approccio l’unica all’interno della quale si dipanerà tutta l’avventura. Niente di più sbagliato, in quanto in realtà i protagonisti si troveranno ad attraversare molti altri territori dell’isola, molto differenti tra loro sia per conformazione che per caratterizzazione: alcune aree degradate, nelle quali è insediata la popolazione locale, zone sotterranee, le profondità della giungla. Su questo versante è innegabile che sia stato svolto un buon lavoro e anche la longevità di cui gode il prodotto è degna di nota. Si parla infatti di circa 25 ore di gioco per il completamento della sola campagna principale e di alcune side mission, ma nel caso si intenda completare tutti gli incarichi secondari e grindare fino al cinquantesimo livello, la durata complessiva è indubbiamente maggiore.

 
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