Dead Island: il machete è il tuo più caro amico

Dead Island: il machete è il tuo più caro amico

Abbiamo giocato per intero il nuovo titolo di Techland dedicato agli zombie e ne siamo rimasti soddisfatti per la profondità RPG, la longevità e la presenza di una divertente modalità cooperativa. Meno felici per un comparto grafico non eccezionale e alcune scelte discutibili, tra cui la caratterizzazione dei personaggi e la strutturazione della trama.

di pubblicato il nel canale Videogames
 

Una trama minimale, che assume senso solo nella seconda parte dell’avventura

All’inizio del gioco è possibile scegliere tra quattro differenti personaggi giocabili, alquanto differenti tra loro sia come aspetto che per quanto riguarda le singole abilità di cui dispongono. L’approccio all’intera campagna potrà infatti essere molto differenziato a seconda dei gusti del giocatore. Logan, un tamarro bianco sulla trentina ricoperto di tatuaggi, è specializzato nell’utilizzo di armi da lancio, contrariamente a Purna e Xian, due ragazze specializzate rispettivamente nel ramo delle armi da fuoco e delle armi affilate. La nostra scelta peraltro è ricaduta su SamB, probabilmente il più aggressivo della ciurma con il suo talento naturale per quelle che vengono definite “armi da contatto”. In altri termini, stiamo parlando di un rapper di colore, grosso e anche abbastanza incazzato, che ama maciullare carne zombie sfruttando unicamente mazze, mannaie, machete e altre amenità di questo genere. La scelta è sembrata fin da subito scontata!

Durante le fasi di selezione ognuno di loro si presenterà rivolgendosi direttamente al giocatore e offrendo una breve autobiografia. Il nostro amicone, evidentemente fan di “Un giorno di Ordinaria Follia”, ci ha raccontato di essere nato in una famiglia molto povera, di aver perso il padre da piccolo e aver sempre desiderato diventare un rapper (chi l’avrebbe mai detto, e io che a prima vista pensavo si trattasse di un broker finanziario…). La sua carriera tuttavia si trova ad un punto morto e ha scelto di recarsi a Banoi per cercare di rilanciare la sua vena creativa e attirare l’attenzione di qualche impresario presente in zona. Ignaro, ovviamente, che in realtà avrebbe trascorso buona parte del suo tempo cercando di portare a casa la pelle.

L’inizio dell’avventura avviene in medias res, ci si sveglia infatti nella propria stanza d’albergo, in un’atmosfera silenziosa e irreale e si comprende immediatamente che gli eventi sono già degenerati, che non ci sarà alcuna escalation di terrore, ma al contrario la tensione è già presente, viva nell’aria. Ulteriore conferma giunge dopo pochi istanti, quando il nostro prode personaggio si affaccia su una terrazza con vista sull’oceano e vede cadere innanzi a sé il corpo di una donna, lanciato con violenza dai piani superiori.

La situazione degenera nel giro di pochi minuti, e alcuni istanti dopo ci si ritrova asserragliati all’interno di una piccola baracca adiacente alla spiaggia, in compagnia di turisti assaliti dal panico e di inservienti fuori dalla grazia di Dio. In preda ad uno slancio di altruismo si dovrà uscire all’esterno e salvare John Sinamoi, responsabile alla sicurezza dei bagnanti (o capo-bagnino, se preferite) e primo personaggio con cui ci si dovrà interfacciare per il completamento delle missioni iniziali.

Ma qual è in definitiva la peculiarità che accomuna questi quattro superstiti? Semplicemente sono immuni alla contaminazione da parte degli infetti, pertanto possono essere morsi senza tuttavia contrarre il virus letale. Questa in linea di principio dovrebbe essere una fortuna, se non fosse che li attende una campagna lunga e a dir poco snervante per cercare di lasciare l’isola.

 
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